venerdì 21 marzo 2014

Sant'Egidio, giornata di studio cattolici-ortodossi


Si è svolta oggi a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio, una giornata di studio e riflessione per approfondire la collaborazione fra ortodossi e cattolici sulla via della carità. Presenti anche alcuni vescovi del Patriarcato di Mosca e Kiev. L’incontro si è svolto mentre le Chiese ortodosse sono impegnate nella preparazione del Concilio panortodosso, convocato entro il 2016 a Costantinopoli, sotto la presidenza del Patriarca ecumenico, Bartolomeo I. 

Ortodossi e cattolici uniti sulla via della carità perché, ha sottolineato il metropolita Juvenalij del Patriarcato di Mosca, "le opere della carità sono legate all’adempimento liturgico”. E la carità, in un mondo globalizzato, nell’economia come nella società, diventa valore e servizio necessario per le periferie umane ed esistenziali cui fa riferimento spesso Papa Francesco. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio:

R. – Io credo che il tema delle periferie sia un tema decisivo, perché nel mondo globale le città, le mega-città, prevalgono ed è un mondo fatto di periferie umane e di periferie urbane. In queste realtà, vivono uomini e donne che sono spaesati, che non hanno punti di riferimento. Il grande problema per il cristianesimo, per le Chiese cristiane, è riprendere a parlare con loro, riprendere a incontrarli. Io vengo da Città del Messico e sono rimasto impressionato da questa grande città di 35 milioni di abitanti, in cui gli uomini e le donne si sentono periferici. Come possono tornare al centro della storia? Questa è la sfida di questo Convegno, che riunisce cattolici e ortodossi su questa problematica: costruire, realizzare dei centri di vita in periferia e riscattare l’uomo dall’anonimato.

D. – C’è una collaborazione più che trentennale tra la Comunità di Sant’Egidio e la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, che in questo particolare momento di crisi dell’Ucraina assume un valore ancora più importante e soprattutto nell’esercizio della carità...

R. – La solidarietà con i poveri costruisce la pace. In questo momento, il tessuto umano dell’Ucraina è molto lacerato, conflittuale, e i cristiani hanno un grande ruolo nel ricostruire la pace, nel ricostruire l’unità e la comprensione tra gli ucraini con i russi e con i Paesi vicini. 

Tanti sono i riferimenti alle periferie esistenziali anche nelle Sacre Scritture, come ricordato da mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone:

R. – Nell’Antico e nel Nuovo Testamento, i poveri sono i privilegiati di Dio e quindi anche nell’Antico Testamento la loro presenza è richiamata con forza, soprattutto quando sono trattati ingiustamente e il loro grido è sempre ascoltato da Dio. Quindi, i Profeti, ma anche i testi legislativi, il Deuteronomio, hanno uno sguardo particolare verso i poveri e affermano sempre come Dio sia il loro grande protettore e il loro grande difensore. Nella Bibbia, noi vediamo, sia nell’Antico Testamento e poi soprattutto a partire da Gesù, come la Chiesa, come il Vangelo includano i poveri nella comunità. Non solo, dunque, c’è un’attenzione, non solo c’è una preoccupazione per loro, non solo Dio li difende, ma Dio vuole anche che siano parte della comunità. Mi viene in mente quel bellissimo testo del profeta Sofonia, quando parla di un popolo di umili e di poveri. Ho sempre pensato che gli umili dovremmo essere noi, cioè i discepoli, e i poveri sono i poveri. Questo popolo è anche il popolo della Chiesa, è il popolo dei cristiani, e attraverso i poveri incontra Gesù e si converte alla misericordia e all’amore che Lui ha per noi e per tutti.

Sul fondamento spirituale della misericordia nella Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, è intervenuto il vescovo di Orechovo, Pantalejmon:
R. – (parole russe)
La misericordia ha bisogno di un fondamento spirituale. E’ una qualità naturale dell’uomo, ma le qualità naturali senza un fondamento spirituale si perdono, si smarriscono e diventano qualcos’altro. Il mondo va via da Cristo perché non lo conosce e il nostro compito è riportare Cristo al mondo. Si dice che questa sia un’epoca post-cristiana, ma Cristo è sempre lo stesso e quindi noi dobbiamo fare questo.
Radio Vaticana 

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La Domenica di precetto e la Divina liturgia ortodossa

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale


La domanda a cui risponde oggi padre McNamara è stata posta da un nostro lettore degli Stati Uniti.
Il canone 1248 del codice di diritto canonico di rito latino stabilisce che un giorno di precetto viene soddisfatto assistendo alla Messa celebrata nel "rito cattolico”. O sì può adempiere il precetto anche partecipando alla Divina liturgia ortodossa? Il Direttorio ecumenico del 1970-1971 della Santa Sede lo permetteva espressamente, ma la versione attuale, del 1993, non ne fa menzione. -- C.Y. , Butler , Pennsylvania (USA)
Ecco la risposta.
Il testo integrale del canone dice:
“Can. 1248 - §1. Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente.
§2. Se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera personalmente o in famiglia o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie”.
Dato che il canone in questione afferma esplicitamente che il precetto deve essere adempiuto nel rito cattolico e non fa alcuna eccezione, alcuni canonisti ritengono che questo canone abbia effettivamente abrogato questo privilegio concesso nel Direttorio ecumenicodel 1970, che infatti prevedeva questa eccezione.
Perciò l'assenza di qualsiasi specifico riferimento a questo privilegio nel nuovo Direttorio per l'applicazione dei principi e delle norme sull'ecumenismopuò essere interpretata sia come l’abrogazione definitiva del privilegio o semplicemente come la constatazione di uno stato di fatto dopo la promulgazione del Codice.
Il Codice dei canoni delle Chiese orientali ha una disposizione simile, anche se è organizzato diversamente per adattarsi alla situazione particolare delle Chiese orientali. Il canone 881 §1 dice:
“§1. I fedeli cristiani hanno l’obbligo, nelle domeniche e nelle feste di precetto, di partecipare alla Divina Liturgia oppure, secondo le prescrizioni e la legittima consuetudine della propria Chiesa sui iuris, alla celebrazione delle lodi divine”.
Va osservato che manca qualsiasi riferimento ad una eventuale partecipazione "dovunque nel rito cattolico”. Questo è probabilmente dovuto al fatto che queste Chiese sono fortemente legate alla partecipazione nella propria tradizione liturgica.
Comunque il canone 883 §1 tiene conto del fatto che i fedeli possono incontrare delle difficoltà per adempiere il precetto. Afferma:
“I fedeli cristiani che si trovano fuori dei confini del territorio della propria Chiesa sui iuris, a riguardo dei giorni di festa e di penitenza si possono conformare pienamente alle norme che sono in vigore nel luogo dove vivono”.
In pratica questo significa che un battezzato di rito latino può adempiere il precetto partecipando a qualsiasi messa cattolica celebrata il sabato sera e per l’intera giornata della domenica.
Molti canonisti, ma non tutti, affermano che sabato sera significa dopo le ore 16, altri dicono dopo le ore 12. In alcune diocesi l’ora è stata fissata per decreto dal vescovo locale, una scelta che rientra nella sua potestà giurisdizionale in una zona non determinata dalla Santa Sede.
Inoltre, un cattolico di rito latino soddisfa il precetto domenicale anche se la liturgia alla quale ha partecipato non era quella della corrispondente domenica, ad esempio un matrimonio o un funerale o quando il sabato sera ha partecipata alla Messa di una comunità religiosa che celebra di sera la sua Messa quotidiana.
Il fedele può anche partecipare a qualsiasi Divina liturgia cattolica di rito orientale, facendo ogni sforzo per rispettare le tradizioni di ogni rito per quanto riguarda la postura, il digiuno, la ricezione della Comunione, ecc.
All’interno del territorio della propria Chiesa, è preferibile che il cattolico di rito orientale frequenti sempre il proprio rito. Al di fuori di questo territorio dovrebbe fare tutto quello che è ragionevole per assistere al proprio rito. In caso contrario, dovrebbe partecipare ad un'altra celebrazione cattolica.
Nei luoghi in cui diverse giurisdizioni cattoliche si sovrappongono, come in alcune zone dell'India e del Medio Oriente, i cattolici partecipano occasionalmente alle reciproche celebrazioni come segno di armonia e di fede comune.
Ci sono poi una o due antiche ma piccole famiglie liturgiche di cui c’è sia un ramo cattolico che ortodosso. In luoghi al di fuori della zona d’origine in cui c’è un numero sufficiente di fedeli ma un’acuta carenza di sacerdoti, la Chiesa cattolica ha acconsentito a condividere i sacerdoti con gli ortodossi per assicurare la continua celebrazione di questa tradizione liturgica. In tali casi, cattolici e ortodossi celebrano insieme. Negli altri casi un cattolico non adempie il precetto domenicale partecipando ad una celebrazione ortodossa.
Se un cattolico si trova in una situazione in cui non c'è una messa cattolica a disposizione, il precetto domenicale decade, dal momento che nessuno può essere obbligato a fare l'impossibile. Come abbiamo visto in precedenza nel canone 1248 §2, la Chiesa raccomanda vivamente qualche forma alternativa di santificazione della festa, come una celebrazione della Parola. Questa, tuttavia, è una raccomandazione, non un obbligo.
Se un cattolico si trova in una situazione in cui non c’è alcuna Messa cattolica ma c'è invece una liturgia ortodossa, allora il cattolico potrebbe partecipare ad essa come un mezzo alternativo per santificare la festa, anche se non in adempimento del precetto domenicale.
Se le leggi della Chiesa ortodossa lo consentono, un cattolico potrebbe anche ricevere la Comunione (canone 844 §2; Codice Orientale 671 §2).
Un cattolico dovrebbe però sempre informarsi prima per sapere se questo è possibile. Se non ci riesce, ad esempio a causa di barriere linguistiche, allora è meglio astenersi piuttosto che rischiare di contravvenire alla tradizione spirituale di fratelli cristiani.
[Traduzione dall'inglese a cura di Paul De Maeyer]