martedì 4 marzo 2014

L'effetto Francesco sulle comunità cattoliche anti-droga

Don Ciotti

Parlano Ciotti, Mazzi, Rigoldi, Squillaci, Fiorentini: "Eravamo ai margini della Chiesa, papa Bergoglio ci ha rimessi al centro"

GIACOMO GALEAZZIROMA


Nella Chiesa che il Papa concepisce come "un ospedale da campo dopo una battaglia" le comunità terapeutiche sono in prima linea. A un anno dall'elezione di Bergoglio "Vatican Insider" documenta l'effetto Francesco sul terzo settore attraverso le testimonianze dirette dei leader del "non profit" cattolico che lottano contro la dipendenza dei giovani dalla droga.

"Il Pontefice sollecita la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli attraverso la vicinanza, la prossimità - spiega don Luigi Ciotti, fondatore dell'associazione Libera e del Gruppo Abele - A guidarci è il suo desiderio di una Chiesa con le porte sempre aperte e in grado, non a parole ma nella concretezza dei comportamenti, di riconoscere che gli altri non sono attorno a noi ma dentro di noi. Nelle nostre comunità migliaia di giovani sentono di aver trovato un fratello: adesso la Chiesa non aspetta ma va incontro al prossimo, abbatte i recinti".

Inoltre, aggiunge don Ciotti, "Francesco ci sfida ad accogliere le novità di Dio, a metterci sempre in gioco senza accontentarci delle comodità e dei sentieri già battuti ed è lui stesso con lo stile personale della sobrietà a indicarci una Chiesa povera e credibile le cui parole e i cui gesti hanno una rinnovata forza di penetrazione".

Luciano Squillaci è il presidente del Centro di Solidarietà di Reggio Calabria e il vicepresidente della Federazione italiana delle Comunità terapeutiche. "Nella nostra azione quotidiana Francesco offre un messaggio di speranza reale - osserva Squillaci - Per tanto tempo ci siamo sentiti ai margini anche della Chiesa, ora invece papa Bergoglio ha messo al centro del suo magistero il nostro essere periferici perciò lo seguiamo nelle periferie esistenziali. Nelle nostre strutture assistenziali e di recupero in tanti ascoltano Bergoglio e chiedono di lui anche quei ragazzi che non avevano mai partecipato a una messa: lo sentono come un simbolo di riscatto e avvertono nella sua missione di padre il totale rispetto per la loro dignità di persone".

Don Gino Rigoldi, presidente della "Comunità Nuova", racconta come "in un anno sia radicalmente mutata la percezione della Chiesa". Nei giovani che prima erano "distanti e ostili", sottolinea don Rigoldi, "molti sono interessati alla figura e alla predicazione di Francesco e alcuni mi hanno chiesto di essere battezzati". Precisa don Rigoldi: "La centralità della misericordia ha cambiato il modo di vedere e vivere la testimonianza del Papa al servizio del messaggio evangelico".

Per il fondatore della comunità Oikos, don Giuliano Fiorentini l'esortazione di Francesco a "non avere paura della tenerezza" contenuta nell'intervista a "La Stampa" è la chiave di lettura dello stile di Bergoglio. "I nostri ragazzi sentono di essere amati e non giudicati, si informano sui gesti e le parole del Pontefice, sentono di averlo dalla loro parte nel cammino di ricostruzione delle loro vite provate dal dolore e dalla dipendenza".

Don Antonio Mazzi, fondatore della comunità di recupero Exodus, ricorda "la scelta umile e coraggiosa con cui Benedetto XVI ha aperto la Chiesa alla straordinaria stagione di Francesco", poi puntualizza come "il Papa, tornando uomo e pastore, abbia smontato il tempio artificiale, il pantheon del Vaticano attraverso l'amore per la povertà e per la gente". I suoi "ragazzi", chiarisce don Mazzi, "si sentono affascinati e incuriositi dalla figura del Pontefice e per la prima volta chiedono di conoscere le sue omelie e i suoi discorsi" e ciò " è un primo passo per arrivare a credere". Come prete di frontiera, specifica don Mazzi, "mi sono sempre sentito al centro della Chiesa anche quando i papi e i cardinali la pensavano diversamente sul nostro apostolato, ma ora che è proprio il Pontefice a dircelo provo nel cuore una gioia indescrivibile". Perciò "lasciamo lavorare Francesco senza provare a ingessare e imbrigliare la sua ventata di aria fresca e salutare".

Alla Comunità Papa Giovanni XXIII hanno deciso di celebrare il primo anno di pontificato di Francesco con un'iniziativa senza precedenti. Una "via crucis" al centro di Roma il 21 marzo (assieme alla pastorale giovanile del Vicariato) nella quale a succedersi nelle stazioni saranno le schiave del XXI secolo, cioè le donne sottratte ai negrieri del sesso. "Ne abbiamo informato il Pontefice in quanto è lui ad ispirarci - afferma  don Aldo Buonaiuto - Il suo insegnamento ci rimanda al medesimo carisma della condivisione diretta con gli ultimi che ci ha trasmesso don Oreste Benzi. La presenza di Francesco è grande sostegno nella carità evangelica al servizio del prossimo".

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