domenica 23 marzo 2014

Nella penitenza ci guida la nostalgia di Dio



Corso sul Foro interno. Il card. Piacenza: i sacerdoti sappiano "abitare il confessionale" con cuore paterno



È giunto al 25.mo appuntamento il Corso che, annualmente, la Penitenzieria Apostolica organizza in Vaticano sul Foro interno. Da domani pomeriggio a venerdì 28 marzo, circa 500 tra sacerdoti e seminaristi vicini all’ordinazione parteciperanno a giornate di approfondimento inerenti al Sacramento della Riconciliazione. Ad aprire i lavori sarà il penitenziere maggiore, il cardinale Mauro Piacenza.

D. - La Chiesa parla di conversione e di misericordia. È questo il tema privilegiato della predicazione quaresimale. Come attua tutto ciò?

R. - La Chiesa non solo annuncia la conversione e il perdono ma, allo stesso tempo, è segno di tutto questo, segno che porta riconciliazione con Dio e con i fratelli. Quindi è certamente un segno di pace efficace nel mondo. La celebrazione del Sacramento della Riconciliazione si inserisce nel contesto dell’intera vita ecclesiale, soprattutto in rapporto al mistero pasquale celebrato nell’Eucarestia e - direi certamente - facendo riferimento al Battesimo vissuto, alla Confermazione e alle esigenze del comandamento della carità, dell’amore. E’ sempre una celebrazione gioiosa dell’amore di Dio che dona se stesso, distruggendo il nostro peccato quando siamo disposti a riconoscerlo con umiltà.

D. - Che incidenza ha nella vita sociale il Sacramento della Penitenza?

R. - Si tende alla riconciliazione piena secondo la logica del “Padre nostro”, le Beatitudini e il comandamento dell’amore. E’ una via di purificazione dai peccati ed anche un itinerario verso l’identificazione con Cristo. Questo cammino penitenziale è oggi, come sempre, di estrema importanza, come fondamento per costruire una società che viva la comunione. Anche - ed ecco l’incidenza - nel modo di leggere le vicende di questo mondo così come ci sbalzano anche dalle cronache quotidiane e dalle situazioni sociali credo si debba sempre tenere presente la realtà del peccato originale. Il non voler tenere presente che l’uomo ha una natura ferita, incline anche al male, provoca ben gravi errori in campo educativo, in campo politico, ecc.

D. - Si devono confessare anche i peccati veniali?

R. - Quando si entra nella dinamica evangelica del perdono diventa facile comprendere l’importanza di confessare anche i peccati lievi e le imperfezioni. Perché questo? Perché viene fuori una decisione di progredire nella imitazione di Cristo, nel percorrere la via dello Spirito e con il desiderio di trasformare davvero la propria vita in espressione della misericordia divina verso gli altri. In questo modo si entra in sintonia con i sentimenti di Cristo “che solo - come dice San Paolo alla Lettera ai Romani e nella prima Lettera di San Giovanni - ha espiato per i nostri peccati” (cf Rom 3,25; 1 Gv 2,1-2). Quindi, certo, i peccati gravi devono essere confessati; le imperfezioni e tutto il resto è bene confessarlo.

D. - Come deve essere la confessione?

R. - La confessione dovrebbe essere chiara, semplice, integra dei propri peccati. La “conversione”, come ritorno ai progetti del Padre, implica - e questa è quindi un’altra caratteristica - il pentimento sincero e pertanto l’accusa chiara e la disposizione a riparare alla propria condotta. Così si torna ad orientare la propria esistenza sul cammino dell’amore verso Dio e verso il prossimo. Il penitente, davanti a Cristo risorto presente nel Sacramento (ma anche in qualche modo anche nel ministro), confessa i propri peccati, esprime il proprio pentimento e si impegna a corrispondere alla grazia di Dio per potersi emendare. La grazia del Sacramento della Riconciliazione è grazia di perdono che arriva fino alla radice del peccato commesso dopo il Battesimo e guarisce le imperfezioni e le deviazioni, dando al credente la forza per la “conversione” vera.

D. - Papa Francesco esorta i sacerdoti ad essere misericordiosi. Cosa significa in concreto?

R. – E’ quanto mai importante che il confessore sappia accogliere il penitente. E la prima accoglienza è remota ed è costituita dalla preghiera e dalla penitenza che il sacerdote deve fare per quanti si accosteranno alla Confessione. Occorre poi “abitare il confessionale”, ovvero starci con orari che vadano incontro ai fedeli e con un cuore incandescente di paternità. L’aiuto, durante la confessione, tende alla vera conoscenza di sé, alla luce della fede, in vista di un atteggiamento di contrizione e di proposito di conversione permanente, intima per superare l’insufficiente risposta all’infinito amore misericordioso di Dio. La carità pastorale spinge il sacerdote confessore alla massima disponibilità nell’accoglienza delle pecore ferite, anzi ad andare loro incontro per ricondurle all’ovile. Papa Francesco usa spesso un’espressione icastica nel presentare la Chiesa quando dice: “É come un Ospedale da campo”. Questa espressione così chiara ha fatto fortuna. Ebbene percorrendo la stessa espressività si potrebbe dire che la Confessione è come un reparto di urgenza di tale Ospedale. Il confessore è pastore, padre, maestro, educatore, giudice misericordioso, medico che deve aiutare a riprendere il pieno vigore.

D. - Quale formazione per un Confessore?

R. - Si richiede un’accurata formazione per esercitare proficuamente il ministero del confessore. Occorre una delicata sensibilità spirituale e pastorale, una preparazione teologica, morale e pedagogica veramente seria in modo da riuscire a comprendere il vissuto del penitente. Quindi bisogna saper vedere dove vive il penitente, la società che ha attorno, il contesto familiare … Tutto ciò dovrebbe far parte non solo della formazione iniziale, ma anche di quella permanente del clero. Il Corso sul Foro Interno che faremo in questi giorni è un piccolo contributo per la formazione del buon confessore.

D. - Si parla anche di gioia. In che senso?

R. - Sì, il Sacramento della Riconciliazione è un grandissimo dono, un dono anche per noi sacerdoti che, pur chiamati ad esercitare questo ministero, abbiamo le nostre mancanze da farci rimettere; quindi siamo penitenti e confessori nello stesso tempo. La gioia di perdonare e la gioia di essere perdonati vanno insieme. Quindi in questa sede auguro a tutti: confessori e penitenti di poter sperimentare questa gioia cristallina. E’ il mio più cordiale augurio pasquale!

D. - Voi organizzate ora un Corso sul foro interno: vuole dirci del suo svolgimento?

R. - La Penitenzieria Apostolica, ormai da 25 anni organizza un Corso sul Foro Interno a servizio dei sacerdoti novelli o di recente ordinazione e dei seminaristi prossimi all'ordinazione presbiterale. Nel corrente anno tale Corso si svolgerà da domani a venerdì 28 marzo presso la sede della Penitenzieria, nel Palazzo dei tribunali, in Piazza della Cancelleria, 1. Gli iscritti sono al momento circa cinquecento appartenenti ai vari continenti. Dopo la lectio magistralis del cardinale penitenziere maggiore sul tema “...rinnovare l’incontro personale con Gesù Cristo” (Evang. Gaudium, n.3) si alterneranno il cardinale prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, monsignor reggente, i prelati della Penitenzieria e i diversi officiali della stessa. Le varie relazioni saranno seguite da dibattito. Il tutto si svolgerà nel pomeriggio dalle 15.30 in poi. Alle ore 12.00 di venerdì 28 avremo il dono dell’udienza con il Santo Padre per la Penitenzieria, per tutti i penitenzieri ordinari e straordinari delle quattro Basiliche papali, ma l’udienza sarà allargata anche a tutti i partecipanti al Corso. Nel pomeriggio dello stesso venerdì, alle ore 16.30, nella Basilica di San Pietro ci sarà una celebrazione penitenziale presieduta dal Santo Padre il quale, fra l’altro, confesserà alcuni dei presenti. Si presteranno ad ascoltare le confessioni anche i superiori e gli officiali della Penitenzieria, unitamente ai penitenzieri ordinari e straordinari, per un numero complessivo di circa 60 confessori. Il rilievo che si vuole riservare alla pratica della confessione verrà poi sottolineato da un’interessante promozione, da parte del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, di “24 ore per il Signore. Il perdono di Dio è più forte del peccato”. A partire dalla celebrazione in San Pietro si svolgerà una giornata per lasciarsi riconciliare con Dio. Alle ore 20.00 le Chiese Sant’Agnese in Agone, Santa Maria in Trastevere, SS.me Stimmate rimarranno aperte con servizio confessioni. Sabato 29 poi altrettanto in Sant’Agnese in Agone dalle 10.00 alle 16.00 e alle ore 17.00 celebrazione conclusiva di ringraziamento presieduta da mons. Rino Fisichella presso la Chiesa di Santo Spirito in Sassia. Tali iniziative hanno coinvolto anche numerose diocesi in Italia e nel mondo che sono state molto entusiaste di questa proposta in ordine alla nuova evangelizzazione.
 Radio Vaticana 

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Il Cardinal Piacenza: Nella penitenza ci guida la nostalgia di Dio

Ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia”. Dopo queste parole pronunciate da papa Francesco, che chiudevano l’udienza generale del 19 febbraio scorso, le chiese si sono riempite di persone desiderose, spesso dopo tanti anni, di confessarsi; a renderlo noto è stato il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata. E il prossimo 28 marzo il Santo Padre inaugurerà in San Pietro l’iniziativa quaresimale del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, dedicata al sacramento della riconciliazione. Il papa stesso, in quell’occasione, confesserà alcuni fedeli. C’è una dolcissima pace nella rinascita che troviamo nella Penitenza, e che passa attraverso il liberarci del peso del nostro peccato aprendo il cuore al Signore: già Benedetto XVI insisteva spesso su questo punto, e papa Francesco ha posto l’accento sull’abbraccio di Dio che riceviamo nel farlo. Di Penitenza si parlerà, inoltre, nella settimana di studi che si aprirà lunedì 24 marzo presso la Paenitentiaria Apostolica, con una lectio magistralis del cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore. Il cardinale ha regalato ad Aleteia alcune sue riflessioni.

Eminenza, pensa che oggi, anche grazie alle parole del Santo Padre, si stia riscoprendo il valore della Penitenza? 

Piacenza: Certamente. Credo che il sacramento della Penitenza per molti purtroppo fosse un po’ caduto nel dimenticatoio anche a causa di una certa perdita del senso del peccato, una dimenticanza che ha creato delle anemie spirituali in molte persone. Direi che un momento di ripresa su questo punto c’è stato con l’Anno sacerdotale, che è stato provvido per molte questioni, da una migliore focalizzazione sulla figura e l’identità del sacerdote e sul suo ministero di carità pastorale all’Eucarestia, dal legame del sacerdozio con l’Eucarestia a quello del sacerdozio ministeriale proprio con il sacramento del perdono, della confessione. Di sicuro è stato un momento felice. Certamente, l’aver parlato in modo così convincente, così motivato e così reiterato da parte di papa Francesco sulla misericordia è stato importante: questo è un discorso che è intimamente legato alla Confessione, perché è lì che si va a bere la misericordia a grandi sorsi, è lì che si rigenera la persona, spiritualmente parlando. E poi c’è una ricaduta sul tessuto comunitario dove vive la persona che si confessa, sul suo ambiente sociale, che deriva da una ripresa del senso dell’essere peccatori, ma anche dell’essere amati da Dio. Nella confessione una percezione fomenta il senso dell’umiltà, un’altra fomenta il senso dell’amore di Dio, e questo senso dell’amore di Dio che ricostruisce l’uomo dal di dentro, qualsiasi cosa avesse fatto, se ci sono le condizioni del riconoscimento dell’essere peccatori, dell’aver sbagliato, è un fattore rigenerante che si sente. Piano piano, progressivamente si prende coscienza, e la parola del Santo Padre, l’esempio del Santo Padre, la sua catechesi sminuzzata, anche con frasi simpatiche, tutto questo, che dimostra un grande senso pastorale, indubbiamente è un balsamo per il sacramento della Penitenza. E ci fa consapevoli del fatto che la Penitenza, se interessa direttamente la singola persona, è anche un sacramento che si allarga a macchia d’olio e interessa la società, perché crea dei cuori riconciliati, dei cuori in pace, e una sensibilità maggiore verso tutti i valori della convivenza umana. È chiaro che quando si affina la coscienza, questa si ribalta nella vita familiare, nel luogo di lavoro e nel contesto sociale, anche nella giustizia sociale. Quindi la Penitenza è un sacramento che interessa tutta la società mentre parte dal porsi direttamente di fronte a Dio.

Quando era cardinale, Ratzinger rilevava una confusione creatasi tra dimensione pubblica e dimensione personale del sacramento. È così?

Piacenza: Qui c’è l’equilibrio da ritrovare. Il rapporto è personalissimo perché nella confessione uno mette la propria coscienza sotto i raggi della santità di Dio e quindi si conosce anche meglio. E poi c’è questo rapporto diretto per cui il Signore si china sulla singola anima: il Signore non ama mai in modo massificato, ma in modo personalizzato. Che poi raggiunga tutti è un conto, ma il Suo è un amore irripetibile per ciascuno. E questo essere rigenerati personalmente nella confessione interessa e poi si allarga, come a cerchi concentrici, a tutta la società. Ora, teologicamente noi diciamo interessa tutta la comunione dei santi, perché è linfa sana che entra nel corpo mistico di Cristo, e quindi tutta la comunità credente prega sempre per la conversione dei peccatori, se è davvero una comunità credente: e quindi mi interessa, mi raggiunge. È già dunque un aspetto comunitario, anche se è un aspetto più intraecclesiale. Poi c’è l’aspetto comunitario del “riflesso”, quella pacificazione che ho ottenuto, è anche una gioia interiore che mi porta ad essere più “sensibile”. È chiaro che dovrò, ad esempio sul lavoro, essere onesto, perché se mi confesso devo fare un esame di coscienza e devo poi volerlo. Con il mio vicino di casa dovrò essere gentile anche se mi è antipatico, e dovrò incominciare a vederlo sotto un’altra luce: questi sono solo piccoli esempi, che si possono moltiplicare all’infinito.

Che rapporto c’è tra le due dimensioni della penitenza, la vergogna, che l’uomo sta riscoprendo come valore, e la gioia?

Piacenza: Per quello che riguarda la vergogna, si è sempre parlato di erubescenza nella confessione: cioè, alle volte si ha vergogna di confessare certe miserie, certe piccolezze, certe cadute. Però questo fa già parte del ritorno, è già un aspetto penitenziale. Ed è già un po’, potremmo dire, come la purificazione delle anime del Purgatorio come la vede la mistica del Purgatorio e Santa Caterina da Genova. Cioè, l’anima purgante ha dentro di sé un dolore, una sofferenza, perché è lontana dalla visione di Dio per la quale noi siamo fatti. Ma nello stesso tempo questa sofferenza è come una nostalgia, come quando una persona estremamente amata è lontana e la ricorda con una struggente nostalgia. In qualche modo questa struggente nostalgia è già il motivo della purificazione, per poi poter vedere Dio faccia a faccia ed essere ammessi ad una beatitudine che non avrà mai fine. L’erubescenza è questo: mi dà fastidio, mi vergogno di dire certe miserie, ma nello stesso tempo sento che mi sto purificando, le sto detestando di più, sto vedendo, più che mai, che avevo sbagliato, e devo fare un’inversione sotto la grazia di Dio. E mentre c’è questo, aumenta l’amore per Cristo, e quindi l’amore per i fratelli, e per questo amore sto dando qualche cosa anche io, in qualche modo. La sofferenza, la vergogna si mescolano già con la gioia: perché il sacramento della riconciliazione è già un grandissimo dono che dà gioia. È un dono anche per noi sacerdoti, che più chiamati ad esercitare questo ministero, abbiamo le nostre mancanze da farci rimettere. Quindi siamo confessori e penitenti nel contempo, e la gioia di perdonare, e la gioia di essere perdonati vanno insieme. Per questo mi sento di fare un augurio ai confessori e ai penitenti di poter sperimentare questa gioia cristallina. È un po’ un augurio pasquale, che faccio cordialmente a me stesso e a tutti gli altri. 
 aleteia