giovedì 6 marzo 2014

Sorprendente Francesco. L’altra bellezza



Di seguito un articolo scritto dal cardinale arcivescovo di Perugia - Città della Pieve per il mensile «San Francesco».

(Gualtiero Bassetti) Un aspetto non manca di colpirmi quando contemplo, e paragono all’iconografia recente, l’effigie di san Francesco secondo la raffigurazione che ne fa Cimabue negli splendidi affreschi della basilica di Assisi, o quella di incerta attribuzione dello Speco di Subiaco: immagini del Santo che si ritengono tra le più attendibili. È vero che l’arte medievale ha una sua austera e severa “irregolarità”, che a sua volta esprime un canone. È certa, altresì, la singolare e originale bellezza che deriva dal mancato corrispondere ai canoni estetici classici.
Lui, Francesco, si prendeva in giro. Chi lo vide predicare osservò il contrasto tra un fisico non appariscente e una personalità dirompente, a tutto vantaggio di quest’ultima. Ciò che è davvero “bello” in Francesco erompe dagli schemi consolidati, non solo nei ritratti ma negli scritti di e su di lui, dai più divulgativi ai più formali. A iniziare dalla spoliazione, ma anche molto indietro, dalle prime inquietudini, Francesco non è mai dove te lo aspetteresti, e quasi mai agisce secondo i canoni del tempo. Né del suo, né del nostro, non incasellandosi neppure nel profilo buonista dove a volte lo si vorrebbe ridurre.
Dolce e mansueto, certo, innamorato delle creature e con loro in perenne e paritario dialogo (tanto da parlare la loro stessa lingua, che è pure quella dell’universale poesia, facendosi intendere da lupi e uccelli), ma consapevole e pago anzitutto della creaturalità.
Lui che non diede limiti a se stesso né ai suoi frati nell’agire e nel portare la Buona Notizia per il mondo, amò gli estremi limiti della condizione umana tanto da considerarli «perfetta letizia», in abbandono e in rendimento di grazie a nome di ogni cosa creata, capace di senso e di bellezza solo ed esclusivamente traendo luce dal Creatore.
«Tu non sei bello»: l’ingenuo, costernato grido di frate Masseo, cambiando segno, diventa un complimento che riecheggia nei secoli, al pari e molto più di qualsiasi iconografia. Non sono belli i lebbrosi a cui il Santo rivolge carezze reali. Non è bello Cristo sulla croce, lo dice già Isaia. Ma occorre interrogarsi molto a fondo, perché lo stesso paradosso tende a riproporsi nella vita di ognuno: la scelta fra la via stretta, apparentemente brutta, erta, e le larghe e maestose autostrade che sembrano condurre verso potere e possesso e portano a duecento all’ora verso il nulla.
I santi, indagati a fondo, sono donne e uomini dalla vita spesso asimmetrica o “invisibile, ovvero non riconoscibili dai canoni di una bellezza alla moda, ma dai frutti poco appariscenti che maturano nel tempo, lasciando una scia ineffabile nell’atto di nascondersi nel volto sofferente di Cristo.
Sono le asimmetrie di Dio, che tuttavia disegnano archi perfetti: come quando un Papa sceglie di portare il nome del Poverello che otto secoli prima, senza l’approvazione del suo Predecessore, non aveva osato fregiarsi di nulla, nemmeno della povertà.

L'Osservatore Romano