venerdì 14 marzo 2014

Sulle spalle di giganti




Iniziano oggi venerdì in Vaticano le prediche di quaresima. 

Alle ore 9, in Vaticano, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, prima predica di Quaresima di p. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. Tema della predicazione “Sulle spalle dei giganti. Le grandi verità della nostra fede contemplate con i Padri della Chiesa Latina”. Oggi meditazione introduttiva. 
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(Nicola Gori) «Sulle spalle dei giganti. Le grandi verità della nostra fede contemplate con i padri della Chiesa latina»: è il tema delle prediche di quaresima 2014 che iniziano venerdì mattina, 14 marzo, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico. Ne parla il predicatore della Casa Pontificia, il cappuccino Raniero Cantalamessa, in questa intervista al nostro giornale.
Come nasce questa immagine dei giganti riferita ai padri della Chiesa?
Molti credono che questa celebre immagine sia di Isaac Newton, al quale è attribuito il detto: «Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle dei giganti». In realtà, essa risale ai teologi medievali. «Noi — diceva uno di essi — siamo come nani che siedono sulle spalle dei giganti, di modo che possiamo vedere più cose e più lontano di loro, non per l’acutezza del nostro sguardo o con l’altezza del corpo, ma perché siamo portati più in alto e siamo sollevati da loro ad altezza gigantesca». È un pensiero che ha trovato espressione artistica in certe statue e vetrate delle cattedrali gotiche del medioevo, tra cui quella di Chartres. In esse si vedono personaggi dalla statura imponente che reggono, seduti sulle loro spalle, dei piccoli uomini, quasi dei nani. I giganti erano per essi, come sono per noi, i padri della Chiesa. 
Sono ancora attuali i padri della Chiesa?
Henri de Lubac ha affermato che non c’è stato mai nella storia della Chiesa un rinnovamento senza un ritorno ai padri. Non fa eccezione il concilio Vaticano II. I suoi documenti sono intessuti di citazioni dei padri e molti dei suoi protagonisti — de Lubac, Congar, von Balthasar, Daniélou, Boyer — erano essi stessi grandi studiosi dei padri. Dopo la Scrittura, i padri costituiscono il secondo “strato” di terreno su cui poggia e da cui trae linfa la teologia, la liturgia, l’esegesi biblica e l’intera spiritualità della Chiesa.
Perché dedicare le prediche ai padri della Chiesa?
L’idea mi venne all’indomani della indizione dell’anno della fede da parte di Benedetto XVI. L’intento era di riscoprire, dietro questi grandi padri, la ricchezza, la bellezza e la felicità del credere, passare, come dice Paolo, «di fede in fede» (Romani, 1, 17), da una fede creduta a una fede sempre più vissuta, convinto che sarà proprio un accresciuto “volume” di fede all’interno della Chiesa a costituire la forza maggiore nell’annuncio di essa al mondo d’oggi. La forza d’urto di un corpo in movimento, oltre che dalla velocità, dipende dalla sua massa. Nella quaresima del 2012 ci mettemmo alla scuola dei quattro grandi dottori della Chiesa orientale — Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno — per vedere cosa ognuno di essi dice a noi oggi, a proposito del dogma di cui fu il campione, e cioè, rispettivamente, la divinità di Cristo, lo Spirito Santo, la Trinità, la conoscenza di Dio. Intendevo dedicare le quattro prediche della quaresima del 2013 ad altrettanti padri della Chiesa latina. Il progetto non poté realizzarsi perché, a causa della rinuncia al pontificato di Benedetto XVI, la predicazione alla Casa Pontificia fu comprensibilmente sospesa. Ho ripreso l’idea in vista di questa quaresima. In passato non c’era la mia solita predica la prima settimana di Quaresima perché il Papa e la Curia facevano gli esercizi spirituali. Quest’anno, pur essendo fuori sede ad Ariccia, per gli esercizi, il Papa ha voluto che si tenesse ugualmente la predica in Vaticano. Sarà perciò una predica di carattere introduttivo e a parte. Nelle rimanenti quattro prediche, con il Santo Padre presente, ci metteremo alla scuola di quattro grandi dottori della Chiesa latina — Agostino, Ambrogio, Leone Magno e Gregorio Magno — per vedere, anche qui, cosa ognuno di essi dice a noi oggi, a proposito della verità di fede di cui è stato particolare assertore e cioè, rispettivamente, la natura della Chiesa, la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, il dogma cristologico di Calcedonia e l’intelligenza spirituale delle Scritture.
Quali temi affronterà?
L’intento principale di queste prediche, come di tutte quelle che ho fatto nei miei 34 anni di predicazione alla Casa Pontificia, non è mai di erudizione, ma di edificazione. La verità biblica e teologica non è fine a se stessa, ma deve servire alla vita della Chiesa e dei credenti di oggi. Quello, per esempio, che Agostino dice della Chiesa ha una rilevanza enorme per il dialogo ecumenico in atto; quello che Ambrogio dice dell’Eucaristia offre lo spunto per mettere in luce la continuità che esiste, anche sul piano liturgico e sacramentale, tra ebraismo e cristianesimo; quello che Leone Magno, grande ispiratore del concilio ecumenico di Calcedonia, dice a proposito della persona di Cristo, costituisce l’occasione per fare piazza pulita di tante pseudo rappresentazioni della figura di Cristo che in anni passati hanno furoreggiato sui media. Infine quello che Gregorio Magno insegna sul modo di leggere la Scrittura aiuta a dare un’anima “spirituale” e mistica alla riscoperta in atto della lectio divina e della Parola di Dio in genere. Sua è la definizione della Bibbia come «una lettera d’amore scritta dal Creatore alle sue creature».
L'Osservatore Romano