sabato 6 settembre 2014

Fiducia reciproca e dialogo con i musulmani




Ai vescovi del Camerun il Papa chiede di favorire la coabitazione pacifica per scoraggiare la violenza contro i cristiani. 

Alimentare «il dialogo della vita» con i musulmani, in uno spirito di fiducia reciproca, è oggi indispensabile per favorire la coabitazione pacifica e contrastare la violenza di cui i cristiani sono vittime in certe regioni dell’Africa. La ha affermato Papa Francesco rivolgendosi ai vescovi del Camerun, ricevuti in udienza nella mattina di sabato 6 settembre, in occasione della visita «ad limina Apostolorum». Di seguito una nostra traduzione italiana del discorso in francese e in inglese.
Cari fratelli nell’episcopato,
vi do il benvenuto. Sono molto lieto d’incontrarvi in occasione della vostra visita ad limina! Ringrazio Monsignor Samuel Kleda, Presidente della vostra Conferenza episcopale, per le parole che mi ha appena rivolto a nome vostro. Vi chiedo di trasmettere i miei cordiali saluti a tutti i vostri diocesani, in particolare ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici impegnati nel servizio pastorale, come pure a tutti gli abitanti del Camerun. Rivolgo anche un saluto fraterno al Cardinale Christian Tumi. Che la vostra preghiera sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo VI rafforzi nella fede e nella perseveranza per l’esercizio del vostro incarico pastorale, al servizio del popolo che vi è stato affidato. Sono per noi i modelli che dobbiamo seguire nel dono totale che hanno fatto di se stessi — fino a versare il proprio sangue — a Cristo e al suo Vangelo. 
La vostra visita mi offre l’opportunità di rinnovarvi il mio incoraggiamento e la mia fiducia e di sottolineare lo spirito di comunione che avete a cuore di mantenere con la Sede apostolica. Affinché il Vangelo tocchi e converta i cuori nel profondo, dobbiamo in effetti ricordarci che è solamente stando uniti nell’amore che possiamo rendere testimonianza in modo autentico ed efficace. Unità e diversità sono per voi realtà che vanno tenute saldamente unite per rendere giustizia alla ricchezza umana e spirituale delle vostre diocesi che si esprime in molteplici modi. Inoltre auspico che la buona collaborazione tra la Chiesa, lo Stato e la società camerunense nel suo insieme, mostrata recentemente dalla firma di un Accordo-quadro tra la Santa Sede e la Repubblica del Camerun, rechi frutti abbondanti. Vi invito a mettere concretamente in pratica questo Accordo, poiché il riconoscimento giuridico di molte istituzioni ecclesiali darà loro un maggiore irradiamento, a beneficio non solo della Chiesa, ma anche di tutta la società camerunense. 
A tale proposito, saluto con favore il considerevole impegno delle vostre Chiese locali in numerose opere sociali. Questo impegno negli ambiti educativo, sanitario e caritativo è riconosciuto e apprezzato dalle Autorità civili; esso deve essere l’ambito di una feconda collaborazione tra Stato e Chiesa, nel rispetto della piena libertà di quest’ultima. L’impegno nelle opere sociali è parte integrante dell’evangelizzazione, poiché esiste un nesso intimo tra evangelizzazione e promozione umana. Quest’ultima si deve esprimere e sviluppare in tutta l’azione evangelizzatrice (cfr. Evangelii gaudium, n. 178). Vi incoraggio dunque a perseverare nell’attenzione che rivolgete ai più deboli, sostenendo, materialmente e spiritualmente, tutti coloro che vi si dedicano, in particolare i membri degli Istituti religiosi e i laici associati; li ringrazio di tutto cuore per la loro dedizione e per la testimonianza autentica che rendono all’amore di Cristo per tutti gli uomini. 
La vostra azione evangelizzatrice sarà resa tanto più efficace se il Vangelo verrà realmente vissuto da quanti l’hanno ricevuto e lo professano. È questo il modo per attirare a Cristo quanti non lo conoscono ancora, mostrando loro la potenza del suo amore capace di trasformare e d’illuminare la vita degli uomini. Solo così possiamo far fronte, vigilando ma con serenità, allo sviluppo di molteplici proposte nuove che seducono le menti senza rinnovare profondamente i cuori. Peraltro la presenza importante di musulmani in alcune delle vostre diocesi è un invito pressante a testimoniare coraggiosamente e gioiosamente la fede in Cristo Risorto. Sviluppare il dialogo della vita con i musulmani, in uno spirito di fiducia reciproca, è oggi indispensabile per mantenere un clima di coabitazione pacifica e scoraggiare lo sviluppo della violenza di cui i cristiani sono vittime in certe regioni del continente.
Mi pare quindi essenziale, come priorità, proseguire la vostra azione volta a impiantare e a rafforzare la fede nel cuore dei fedeli. La formazione è un elemento essenziale nello sviluppo del Popolo di Dio, specialmente in questi tempi in cui il relativismo e la secolarizzazione stanno iniziando a prendere piede in Africa. Molti laici sono coinvolti nelle loro parrocchie e nei movimenti, e sono di certo fondamentali per la trasmissione della fede. La loro formazione deve essere solida e permanente. Vi chiedo di trasmettere a questi fedeli laici e a tutte le persone coinvolte nel lavoro di formazione il mio apprezzamento e il mio più caloroso incoraggiamento.
Anche le famiglie devono continuare a essere al centro della vostra cura particolare, specialmente oggi mentre sperimentano gravi difficoltà — siano esse la povertà, la dislocazione di popoli, la mancanza di sicurezza, la tentazione di tornare a pratiche ancestrali incompatibili con la fede cristiana o perfino i nuovi stili di vita proposti da un mondo secolarizzato. Vi invito a trarre pieno profitto dalla decima Assemblea Plenaria dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale celebrata in Congo, ai cui lavori avete partecipato e che — non ho alcun dubbio — darà frutti abbondanti. 
È inoltre fondamentale che il clero renda testimonianza di una vita in cui dimora il Signore, coerente con le esigenze e i principi del Vangelo. Tengo a esprimere a tutti i sacerdoti il mio ringraziamento per lo zelo apostolico di cui danno prova, spesso in condizioni difficili e precarie, e li assicuro della mia vicinanza e della mia preghiera. È nondimeno opportuno restare vigili nel discernimento e nell’accompagnamento delle vocazioni sacerdotali — grazie a Dio numerose in Camerun — e sostenere anche la formazione permanente e la vita spirituale dei sacerdoti per i quali voi siete dei padri attenti, mentre le tentazioni del mondo sono tante, in particolare quelle del potere, degli onori e del denaro. Su quest’ultimo punto in particolare, la contro-testimonianza che potrebbe essere data da una cattiva gestione dei beni, dall’arricchimento personale o dallo spreco sarebbe particolarmente scandalosa in una regione dove a molte persone manca il necessario per vivere.
D’altro canto, l’unità del clero è un elemento indispensabile della testimonianza resa a Cristo risorto: «perché tutti siano una sola cosa [...] perché il mondo creda» (Gv 17, 21); che si tratti dell’unità dei Vescovi, i quali devono spesso affrontare le stesse sfide e sono chiamati ad offrire soluzioni comuni e concertate, o dell’unità del presbyterium che il Signore invita a costruire ogni giorno superando i pregiudizi, in particolare quelli etnici. 
Infine, anche la vita consacrata deve essere accompagnata, affinché, radicata in Cristo al servizio del Regno, resti sempre una testimonianza profetica e un modello in materia di riconciliazione, di giustizia e di pace (cfr. Evangelii gaudium, n. 117). Vi invito a offrire il vostro sostegno agli Istituti religiosi nei loro sforzi di formazione umana e spirituale, e ad accogliere e accompagnare, con prudente discernimento, le iniziative nuove.
Cari Fratelli, i coraggiosi sforzi di evangelizzazione che realizzate nel nostro ministero pastorale recano numerosi frutti di conversione. Vi invito a rendere incessantemente grazie per essi e a rinnovare il dono di voi stessi a Cristo e al popolo che vi è stato affidato. Senza temere le difficoltà, andrete coraggiosamente avanti, con uno spirito missionario rinnovato, al fine di portare la Buona Novella a tutti coloro che l’attendono ancora o che ne hanno più bisogno. Affido tutti voi, come pure le vostre diocesi, all’intercessione di san Giovanni Paolo II che, per due volte, ha visitato il vostro Paese, e alla protezione materna della Vergine Maria. Che Dio vi benedica!
L'Osservatore Romano

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Quei musulmani che condannano la violenza dell’Is

Il mondo inorridisce davanti alle stragi compiute dai jihadisti. Ma le prese di posizione dell’islam non violento contro gli estremisti non ricevono adeguata eco dai media. La denuncia di tre riviste cattoliche

GEROLAMO FAZZINIROMA


I jihadisti dello Stato Islamico (Isis) seminano violenza e morte. Ancora non s’è placato l’orrore suscitato nel mondo intero dopo l’uccisione dei due reporter statunitensi James Foley e Steven Sotloff, la cui decapitazione è documentata in macabri video. La politica internazionale tenta di reagire, ma ancora si attendono iniziative precise da parte dei Paesi islamici.


Tuttavia, almeno nella società civile «molte voci nell’islam sunnita si sono levate contro l’Is, anche se non sempre messe in risalto dai media, non solo in Occidente, ma anche in Paesi musulmani più conservatori»: lo scrive il sito del mensile “Popoli”, magazine internazionale dei gesuiti italiani.


Tra quanti si sono alzati a condannare la strategia di ferocia dell’Isis – sottolinea “Popoli” – c’è «il Gran muftì dell’Arabia Saudita, lo sceicco Abdulaziz Al ash-Sheikh, che il 19 agosto ha definito sia l’Is sia al Qaeda “nemici numero uno dell’Islam” e non appartenenti in alcun modo alla fede comune. La corrente wahabita che sostiene il regime saudita condivide alcune posizioni dottrinali dei terroristi, ma respinge i metodi violenti e il pericolo di destabilizzazione che rappresentano».

Anche importanti autorità dei principali Paesi dell’area hanno condannato le stragi, continua “Popoli”, a partire dal Gran muftì di al-Azhar, Egitto, Shawqi Allam, che ha denunciato l’Isis come una minaccia per l’islam. La rivista dei gesuiti cita anche il responsabile degli Affari religiosi in Turchia, Mehmet Görmez, che ha affermato: «La dichiarazione fatta contro i cristiani è veramente terribile. Gli studiosi islamici hanno bisogno di concentrarsi su questo perché l’incapacità di sostenere pacificamente altre fedi e culture annuncia il collasso di una civiltà».

Sulla medesima lunghezza d’onda “Missione Oggi”, dei missionari saveriani di Brescia, che scrive: «In Iraq non ci sono solo gli estremisti dell’Isis (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante), ma anche molti musulmani che vogliono la pace. C’è perfino chi si è fatto uccidere in difesa dei cristiani, a Mosul. Si chiamava Mahmoud al ‘Asali ed era un professore del dipartimento di pedagogia dell’Università di Mosul. Si è fatto uccidere perché ha avuto il coraggio di dire agli uomini dell’Isis che non era quello l’islam in cui credeva, pur conoscendo il rischio al quale andava incontro come educatore, si è esposto pubblicamente. Non ha voluto farsi complice della violenza ed ha pagato  questa scelta con la vita». Vatican Insider ha raccontato qui la sua storia.


Anche la rubrica “East east east”, sul numero di settembre di “Jesus”, è dedicata allo stesso tema. “Jesus” parla di «peccato di omissione» a proposito della scarsa eco mediatica dell’uccisione del professor Al ‘Asali. «La sua vicenda, infatti, - spiega il mensile della San Paolo - è emblematica di come esistano musulmani che si schierano dalla parte dei cristiani perseguitati. Spesso vengono chiamati “moderati”, ma l’aggettivo sfiora la banalità, visto che, non di rado, il prezzo che pagano è molto alto».

“Jesus” ricorda che non quello del professore iracheno non è un caso isolato e allarga la riflessione ad altre situazioni, in cui esponenti islamici hanno preso posizione contro l’estremismo violento: «Ha pagato a caro prezzo, anch’egli col sangue, un altro musulmano, il giudice Arif Iqbal Bhatti, assassinato nel 1997 a Lahore, in Pakistan, perché reo di aver assolto tre anni prima due cristiani, Rehmat Masih e Salamat Masih, accusati di blasfemia». Ancora «Nel 2011 – ricorda “Jesus” - un altro musulmano pachistano, Salman Taseer, governatore della regione del Punjab, è stato eliminato perché colpevole di lottare contro l’estremismo islamico e di simpatia, giudicata eccessiva, per le ragioni dei cristiani perseguitati. Salman Taseer si era schierato in difesa di Asia Bibi, la donna 45enne cristiana condannata a morte per blasfemia e tuttora in attesa di appello. Con lui era impegnato nella battaglia Shahbaz Bhatti, ministro (cristiano) per le Minoranze religiose: sono stati uccisi a tre mesi di distanza l’uno dall’altro».