venerdì 17 ottobre 2014

Cercare cammini di misericordia per i divorziati risposati

Card. Danneels


Il cardinale belga: per curare le fragilità della famiglia non si può fare a meno della grazia efficace dei sacramenti

GIANNI VALENTEROMA
Il Sinodo straordinario sta per concludersi, ma il cammino di discernimento sinodale sui problemi della famiglia sembra essere solo entrato nel vivo. Il cardinale Godfried Danneels, arcivescovo emerito di Mechelen-Brussel, guarda avanti. Le sue parole sono senza enfasi e, come sempre, non scontate.

Lei è un “veterano” delle Assemblee sinodali. Qualcuno insinua che questa sia stata “pilotata”...

Non ci posso credere… Il mio “primo” sinodo è stato quello del 1980. Da allora ne avrò vissuti dall'interno una decina. Questo Sinodo è stato aperto come non mai. Con una libertà di movimento e di confronto reale che non abbiamo mai sperimentato. E' stato il Papa stesso a spingerci a questo, il primo giorno. Please, ci ha detto, parlate di tutto con libertà. Ha usato l'inglese, per farsi capire da tutti.

Lei, nel suo intervento, cosa ha detto?

Ho detto che Dio è giusto e misericordioso, e non può contraddire se stesso. E noi poveri ministri siamo chiamati cercare cammini di misericordia, senza contraddire la giustizia. Cammini come quelli che stiamo cercando per coloro che sono legati in un secondo matrimonio, non sacramentale e non valido per la Chiesa. Quelli che vorrebbero, che il loro matrimonio fosse nella Chiesa, e vedono che non è possibile. Sono tanti, e tanti  di loro soffrono nel cuore.

Secondo Lei qual è la strada da seguire?

Dei giorni penso che per loro occorrerebbe riprendere nella Chiesa qualcosa di simile al catecumenato o all’ordo poenitentium, quei percorsi con cui la Chiesa di un tempo curava con una cura materna particolare di alcuni gruppi di persone. Non dico qualcosa di troppo istituzionalizzato, ma riservare una sollecitudine pastorale appropriata per i divorziati risposati. Coinvolgere vescovi, preti e laici in questa pastorale speciale, come un tempo si faceva per i catecumeni o per quelli che erano in un cammino per ottenere la remissione di peccati.

I sacramenti per i divorziati risposati sono stati un argomento-chiave del Sinodo. Quale è secondo Lei il criterio che si deve seguire nell’affrontare questo tema controverso?

Il criterio decisivo che la Chiesa ha sempre seguito per essere fedele alla sua natura. Il Concilio di Trento, prendendo spunto dalle dispute con Lutero, aveva ripetuto che i sacramenti non sono meri “contrassegni” della fede cristiana. E che la grazia efficace dei sacramenti validamente amministrati non è prodotta dalla santità di chi li amministra né dalle disposizioni di chi li riceve, perché è opus operatum a Deo, operazione di Dio stesso. Nelle posizioni di chi si oppone a cammini per riammettere singolarmente divorziati risposati ai sacramenti, a volte sembra mancare questo criterio. Dicono di difendere la dottrina, ma sembrano aver perso di vista quanto è urgente affidarsi alla forza stessa dei sacramenti che operano nelle vite concrete delle persone e, nel tempo, possono produrre cambiamenti reali e curare quella fragilità che si esprime anche nella crisi della famiglia. E nella situazione in cui viviamo, se non si favorisce in tutti i modi possibili che la gente si avvicini ai sacramenti, si aiuta di fatto la decristianizzazione, già così grave soprattutto in tante società occidentali. In situazioni molto diverse, ciò in passato è già avvenuto.

A cosa si riferisce?

in epoca tardoantica, proprio il prevalere di una concezione rigida del catecumenato aveva reso difficile l’accesso ai sacramenti. Anche per questo ci fu una grande scristianizzazione nell’Europa di allora, che poi fu rovesciata solo per l’azione di senso opposto sostenuta anche da tanti monaci d’origine “barbara”.

Come è la situazione dell’istituto familiare in Belgio?

C’è una crisi, che va riconosciuta così comè. In molti ambiti della società sembra essersi smarrito il senso minimo della famiglia. Tanti non si sposano più neanche civilmente. Ci sono convivenze segnate dalla provvisorietà. Tanti a fare figli non ci pensano proprio. Le famiglie numerose sono quelle degli immigrati, soprattutto musulmani. E al Sinodo abbiamo preso atto che problemi del genere non ci sono solo in Belgio, o solo in Europa.

E allora – hanno detto molti anche al Sinodo – bisogna riproporre la bellezza della famiglia.

Certo. Ma non si tratta tanto di fare apologie astratte di famiglie ideali. Lo spettacolo di una bella famiglia cristiana è avvincente e disarmante soprattutto perché si percepisce che è sostenuta dalla grazia. Nelle famiglie cristiane che camminano con fiducia, è facile percepire che la gratuità, la pazienza, sopportare i sacrifici e i fallimenti, tuto questo nel nostro mondo così fragile è possibile non per uno sforzo proprio, non per l’ostinata adesione a un “modello” di famiglia, ma solo perché si è sostenuti e abbracciati dalla grazia di Cristo. L’autentica dinamica del matrimonio sacramentale cristiano mostra al mondo questo tesoro, che ha la natura del miracolo.


Alcuni hanno detto: al Sinodo si è parlato solo delle famiglie con problemi. Bisognava esaltare di più la famiglia “riuscita”. Quella che “resiste”, con tutti i requisiti in regola.

Certo, è giusto sostenere e apprezzare tante famiglie che camminano con vigore e anche allegria in questi tempi difficili. Ma credo che chi vive la gioia piena di sorprese di un’avventura familiare felice non senta bisogno di applausi e frasi di circostanza. E poi non mi convince la contrapposizione tra i “riusciti”, i “resistenti”, e quelli che hanno fallito. L’esperienza di una famiglia unita e contenta, che resiste alle difficoltà e supera le malattie è comunque un dono gratuito. Non è il risultato meccanico e garantito raggiunto da chi ha seguito le istruzioni per l’uso, ha montato bene gli ingranaggi e giudica gli altri. Senza l’aiuto della grazia, anche le brave famiglie cattoliche non andrebbero avanti. Fallimenti e ferite di ogni genere ci sono in tutte le famiglie. Perché la natura umana – come a volte dimenticano certi evocatori della Legge naturale – è comunque ferita dal peccato originale. E come dice San Paolo, chi crede di stare in piedi guardi di non cadere.

E adesso, dopo il Sinodo, come si andrà avanti? E seguendo quale stella?

Le questioni da affrontare sono tante, in vista del prossimo Sinodo ordinario,  potrebbe essere utile creare delle commissioni che suggeriscano soluzioni sui singoli problemi.

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Due gruppi su dieci contro la comunione ai divorziati risposati   
Corriere della Sera
 
(Gian Guido Vecchi) «Il cristiano è necessariamente misericordioso; questo è il centro del Vangelo». Francesco ricorda l’essenziale via Twitter mentre i 191 padri producono centinaia di emendamenti al testo provvisorio e una commissione lavora per fare sintesi e scrivere la relazione finale del Sinodo che sarà votata domani. Divisi in dieci gruppi linguistici (tre italiani, tre inglesi, due francesi e due spagnoli), i padri hanno scritto altrettante relazioni . Sulla comunione ai divorziati risposati, la linea di chiusura assoluta è dichiarata da un circolo su dieci, moderato dal cardinale Burke: per il resto c’è un sì «a condizioni precise» approvato a maggioranza dal terzo circolo italiano, un no sul principio generale e gli altri sette parlano di «studio delle eventuali condizioni», «approfondimento» o «commissioni ad hoc» per valutare «circostanze particolari».

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Sinodo. Bagnasco: teoria del genere a scuola, calpestati diritti genitori   
Radio Vaticana
 
Di fronte alle mentalità corrente che tende a banalizzare la sessualità umana e alla teoria del gender che punta a distruggere il concetto di famiglia naturale, la Chiesa è chiamata a promuovere un’educazione all’affettività fondata sul Vangelo. E’ questa una delle sfide affrontate (...)