mercoledì 8 ottobre 2014

L'idea di Francesco e l'esecuzione

Vescovi al Sinodo

“Con la benedizione del matrimonio, si riceve la forza per amarsi ed essere fedeli l'uno all'altra e in quanto sacramento, la grazia di portare su di sé i limiti e gli errori dell'altro come fossero i propri.”
Gilbert Keith Chesterton (1874 - 1936)

*L'idea di Francesco e l'esecuzione
L'Indice del Sinodo - il Regno
 

(Luigi Accattoli) Il Sinodo è partito bene: le relazioni d’apertura [cardinali Baldisseri ed Erdő] sono state più concrete rispetto agli altri Sinodi, grazie alle regole che sono state introdotte il dibattito è più spedito e mirato. Tra ieri pomeriggio e questa mattina hanno parlato in 70 e non c’è stata la tradizionale dispersione su ogni argomento. (...)

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Sinodo, comandano gli «amici del mondo»
di Matteo Matzuzzi

Il cardinale Peter Erdo, nella sua Relatio ante disceptationem (relazione d'apertura), aveva aperto sì a modifiche della prassi pastorale circa l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia, ma mettendo uno di fila all’altro dei paletti oltre i quali sarebbe stato meglio non andare: Humanae Vitae, approfondimento serio della prassi ortodossa, negazione che giustizia e misericordia possano essere scisse. Dire che «anche i divorziati fanno parte della Chiesa» non è una novità, visto che – lo ricordava anche il cardinale Velasio De Paolis al Corriere della Sera – nessuno mai l’aveva messo in dubbio.

Poi, con il dibattito che è entrato nel vivo, il fronte dei favorevoli all’aggiornamento ha fatto subito la parte del leone. Dei settanta interventi che si sono susseguiti tra il pomeriggio di lunedì e la mattinata di ieri – ieri hanno parlato, tra gli altri, i cardinali Sarah, Versaldi, Piacenza, Filoni - la grande maggioranza ha abbracciato le tesi esposte nel Concistoro dello scorso febbraio dal cardinale Walter Kasper. 
Un po’ a sorpresa, almeno nella portata numerica che ha sopravanzato di molto l'altro fronte (punte di diamante sono state Burke e Sebastian Aguilar, già autore della prefazione al libro-intervista del cardinale Gerhard Ludwig Müller sulla famiglia). E dal briefing plurilingue tenuto in Sala stampa s’è capito che di dottrina s’è discusso, dal momento che molti interventi hanno puntato a chiedere che “la dottrina sia in grado di farsi capire meglio” ai fedeli disorientati. Questione di stile, dunque. I padri sinodali, a ogni modo, hanno ribadito che la famiglia è da considerarsi la cellula fondamentale della società. 
Tra i primi a intervenire si contano il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, che ha proposto una sorta di catecumenato per chi intende sposarsi (più un percorso catechistico che un corso prematrimoniale) e il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca che come promesso ha portato in assemblea il documento recante le firme di tutti i vescovi di Germania che appoggiano le proposte del cardinale Kasper. E non sono pochi.

Che la strada, da questi primi scambi di battute, si stia indirizzando verso un cambiamento della prassi lo dimostrano anche le parole del Preposito Generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolas, intervistato da Vatican Insider: “La discussione, libera e franca, si sta indirizzando verso il cambiamento, l’adeguamento pastorale alla mutata realtà dei tempi odierni. È un segno epocale perché invece in questi anni ci sono state forze che hanno tentato di riportare indietro la Chiesa rispetto alla grande stagione conciliare”. 
A conferma delle parole di Nicolas c’è anche quanto detto durante il briefing, e cioè che molti padri sinodali hanno chiesto che la Chiesa adegui il suo linguaggio “e si faccia amica del mondo”. E questo perché “se la Chiesa non ascolta il mondo, il mondo non ascolterà la Chiesa”. Benché non si sia ancora entrati nel vivo della discussione (i temi più controversi, come la questione della riammissione alla comunione dei divorziati risposati, non sono stati ancora toccati), s’è già compreso che la posta sul tavolo è ben più corposa, e non è un caso che già nelle prime due giornate si sia discusso ampiamente della situazione delle coppie omosessuali: prima con l’intervento dei coniugi australiani uditori e poi con un padre sinodale che ha osservato come definire comportamento “intrinsecamente disordinato” l’omosessualità, non fa altro che allontanare le persone da Cristo. 
I vescovi africani si sono invece focalizzati sulla questione della poligamia, da loro maggiormente avvertita rispetto a tante altre che più spazio hanno avuto sotto i riflettori della discussione pubblica in questi mesi.

A ogni modo, la linea prevalente è che si debba rivedere radicalmente il percorso che accompagna le coppie al matrimonio, destinato a divenire “lungo e personalizzato”. Non è esclusa “severità” in proposito, in modo da accertare che la promessa sia reale, e non solo mossa dalla volontà di sposarsi in chiesa con fiori e fotografi. Non ci deve essere alcun timore di veder diminuire le celebrazioni in chiesa, ha chiarito il cardinale Vincent Nichols durante la conferenza stampa ufficiale. L’arcivescovo di Westminster ha comunque definito “amabile” la discussione in corso, nonostante i punti di vista diversi emersi già nei primi interventi circa il Vangelo della famiglia e la famiglia naturale.

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Appunti per il Sinodo: il metodo della "via stretta"
di Enrico Cattaneo
«Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14). Gesù nei suoi insegnamenti indica sempre “la via stretta”, al punto che spesso suscita lo stupore dei suoi stessi discepoli.

Interrogato, ad esempio, sulla questione del divorzio, ammesso dalla legge giudaica, Gesù indica la via stretta dell’indissolubilità del matrimonio, senza eccezioni (Mt 19,3-9). Il suo insegnamento è così chiaro e così netto che i suoi discepoli obiettano con un ragionamento tutto umano (e maschilista): «Se è questa la condizione dell’uomo rispetto alla donna [cioè se l’uomo non può cambiare donna quando gli conviene], allora non conviene sposarsi!» (Mt 19,10).
Anche rispetto alle ricchezze Gesù indica la via stretta: «Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). E parlando più in generale afferma solennemente: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (Mt 19,23-24). Il che significa che è praticamente impossibile. Anche qui i discepoli cercano di addolcire l’insegnamento, considerato troppo esigente: «A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”» (Mt 19,25-26). Cioè se un ricco si converte a Dio, allora lascia l’idolo delle ricchezze e potrà salvarsi.
Parimenti, a proposito dell’eucaristia, Gesù usa un linguaggio giudicato troppo duro e difficile da accettare. Aveva detto infatti: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). E come reagirono «molti dei suoi discepoli»? Obiettando: «Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?» (Gv 6,60). Anche qui Gesù prende la “via stretta”, al punto che «da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66).

Gesù, secondo i nostri ragionamenti umani, avrebbe potuto dire: “Scusate, avete capito male; io intendevo parlare in modo simbolico...”. Invece rincara la dose, e dice ai Dodici: «Forse volete andarvene anche voi?». Ed è allora che Pietro, a nome di tutti, fa la sua professione di fede: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,67-69). 
In definitiva, Gesù non ha reso i comandamenti più larghi, ma più esigenti, come dimostra tutto il “discorso della montagna” (Mt 5-7). Nell’indicare come devono essere affrontate le situazioni di conflitto, egli mostra senza mezzi termini la via più stretta: «Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,43-44). Se poi andiamo alle condizioni che Gesù pone a chi vuole seguirlo, ci accorgiamo che non solo egli indica una via stretta, ma per di più “in salita”: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24).
La tentazione di “annacquare” gli insegnamenti di Gesù è sempre stata presente tra i cristiani lungo i secoli, ora su un punto, ora su un altro, a secondo delle pressioni della mentalità del “mondo”. Bisogna onestamente riconoscere che solo la Chiesa Cattolica Romana (e qui ci vuole questo aggettivo!), quando si è trovata di fronte a un bivio, ha sempre scelto la via stretta. Solo essa, ad esempio, ha mantenuto l’impegno della continenza e del celibato per i ministri ordinati (vescovi, presbiteri e diaconi), nonostante le reali difficoltà e le numerose defezioni rappresentate dai preti che vivevano in concubinato. 
Con il re d’Inghilterra Enrico VIII sarebbe stato più facile trovare un compromesso circa la validità del suo primo matrimonio, ma sarebbe stato negare la verità del Vangelo, e così il papa Paolo III prese la via stretta, anche se ciò comportò che l’Inghilterra si staccasse da Roma, dando origine alla Comunione Anglicana. Messo di fronte al bivio se dichiarare moralmente lecita la contraccezione oppure no, Paolo VI nel 1968 con la Humanae vitae scelse la via stretta, nonostante che ci fosse un’enorme pressione fuori e dentro la Chiesa perché quella pratica fosse dichiarata lecita.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Eppure Gesù ha detto che il suo “giogo è dolce”, e il suo “carico è leggero”, e seguendo lui le anime si sarebbero trovate appagate (cf. Mt 11,28-30). Nessuno infatti conosce la natura umana più del suo Creatore, così come – per usare un paragone oggi comprensibile a tutti – nessuno conosce meglio un programma per computer del suo programmatore. Il Logos creatore aveva messo nel programma dell’umanità il raggiungimento dell’eterna felicità, ma l’uomo, creato libero, ha preferito dare ascolto ai messaggi di un programmatore Antagonista, rimanendo così infettato dai suoi virus. Per liberare l’uomo da questi virus mortiferi, è dovuto intervenire il Programmatore in persona, che è Gesù. Perciò i suoi insegnamenti, per quanto esigenti, sono “vie che portano alla vita”, trasmessi da uno che “conosce che cosa c’è nell’uomo” (Gv 2,25), uno che è divina Sapienza, infinita Sapienza, eterna Sapienza. 
Solo così si capisce perché Gesù sia stato talmente intransigente sulla questione del divorzio, richiamando ciò che Dio aveva stabilito all’inizio, cioè nel programma originario. In quella intransigenza, infatti, è racchiusa tutta una precisa visione dell’uomo che concerne la sua sessualità, la vera parità dei sessi, il mistero dell’unione sponsale, la stabilità della famiglia, il bene dei figli, e di conseguenza anche il bene di tutta la società. L’indissolubilità del matrimonio non è dunque una questione peregrina, che Gesù ha posto così per capriccio, un giorno nel quale si era svegliato un po’ storto, ma è una questione sulla quale si fonda o cade tutta la società umana. 
Ma, qualcuno potrebbe dirmi, lei non tiene conto dei problemi concreti della gente? Delle coppie che scoppiano? Delle convivenze divenute impossibili? Degli amori falliti? Pensa forse che sia un divertimento divorziare, per rifarsi una vita? 
Rispondo dicendo che è vero, ci sono situazioni difficili, a volte molto ingarbugliate, con dei nodi che sembra impossibile sciogliere. Ma per questo c’è la pastorale, l’arte di curare le anime, cominciando anzitutto con il togliere i virus (che sono i sette vizi capitali). Se i modelli sociali si spostano sempre di più su forme esasperate di individualismo, la fede invece fa scoprire la bellezza del vivere “in comunione”, cominciando dalla famiglia e dalla comunità parrocchiale, anche se è la “via stretta” della croce.

Ma è possibile andare così contro-corrente? Qui vale il detto di Gesù: “Per gli uomini è impossibile, ma per Dio tutto è possibile”. Ciò significa che non si può essere veri uomini senza l’adesione al vero Dio. Non è allargando le maglie della morale che si fa del bene alle persone in difficoltà. Il fatto è che oggi si tende a confondere la misericordia, che è uno degli attributi più belli di Dio, con il permissivismo. Gesù ha detto all’adultera: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11), ma ha condannato l’adulterio. La misericordia suppone la coscienza del peccato, non la sua giustificazione. Se non c’è più il peccato non c’è più neppure il perdono. Il peccato è un brutto tiranno, che cerca di nascondersi dietro false promesse. È un padrone che ti paga, anzi promette di pagarti bene, ma, come dice san Paolo, il suo salario è la morte (Rm 6,23). Per questo noi pastori non possiamo tacere, se amiamo veramente le persone che Dio ci ha affidate.