giovedì 18 luglio 2013

Bellezza sopra di me, bellezza sotto di me, bellezza in me


Dedicato ai popoli autoctoni il sussidio della prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’ecumenismo che dà voce agli aborigeni canadesi

(Donatella Maria Coalova) «Possa esserci bellezza sopra di me, possa esserci bellezza sotto di me, possa esserci bellezza in me. Chiedo che questo mondo sia pieno di pace, d’amore e di bellezza». Le parole sommesse e fascinose di questa antica preghiera dei nativi d’America tornano alla memoria mentre si sfoglia il testo della prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il testo della preghiera è stato preparato in Canada con una scelta significativa: dare spazio alla voce e alla cultura degli autoctoni, le First Nations (Prime nazioni), come essi si definiscono, appunto per sottolineare che erano già presenti sul territorio prima dell’arrivo degli europei. La cultura tipica delle Prime nazioni insegna da sempre un profondo rispetto per la vita e per il creato; un delicato senso di fraternità esteso agli animali, alle piante, ai fiumi; una grande generosità nell’accogliere gli ospiti. Fanno riflettere queste parole dette nel Settecento da un capotribù a un colono: «Nella vostra città vidi una grande casa. Mi dissero che era una banca dove gli uomini tenevano i loro soldi che aumentavano di valore. Da noi non ci sono banche e quando abbiamo molto, lo diamo via ad altri. Così il nostro cuore diventa la nostra banca che è rappresentata dal dare». Nel sussidio si raccomanda che, al momento di scambiarsi il segno di pace, i presenti si salutino dicendo: «don de Dieu» (dono di Dio), pensando al significato che questa espressione ha per i canadesi. «Quando i francesi giunsero in questo luogo — si ricorda nel testo — trovarono una terra ricca di risorse, e furono aiutati dalle Prime nazioni. Le parole don de Dieu hanno oggi una fresca vitalità nella comunità cristiana e nella cultura popolare. Richiamano un senso di gratitudine per la liberalità di Dio, che ci raggiunge dal periodo in cui i nostri antenati condivisero il rendimento di grazie insieme alle Prime nazioni».
In tutto il sussidio si ribadisce a più riprese, con l’insistenza dolce di un leitmotiv, l’importanza di riconoscere con gioia i talenti altrui e di saperli condividere. Soprattutto va praticato «lo scambio ecumenico di doni spirituali» e, a tal fine, vengono dati preziosi suggerimenti. «Non possiamo vivere nelle solitudini delle nostre singole comunità cristiane — è scritto nell’introduzione — ma dobbiamo imparare a guardare con considerazione gli altri e a vedere in loro i carismi che arricchiscono l’intero corpo di Cristo». Il senso profondo di comunione e fraternità con i nativi è anche espresso dalla scelta di iniziare la liturgia con un rituale tratto dalla loro antica tradizione di pregare volgendosi in quattro direzioni: verso est, verso sud, verso ovest e verso nord.
Gli appartenenti alle First Nations sono attualmente 704.851, dei quali 13.184 risiedono fuori dal Canada. I capi si riuniscono ogni anno nell’assemblea generale in cui vengono discussi tutti gli aspetti della vita delle comunità, per affrontare insieme i problemi e trovare delle soluzioni. Dal 16 al 18 luglio, a Whitehorse nello Yukon si è svolta l’assemblea sul tema «Le nostre Nazioni, i nostri diritti, il nostro futuro: mettiamo i nostri cittadini in grado di guidare il cambiamento». La riunione è stata preceduta da due giorni dedicati ai giovani, il 13 e il 14 luglio. Il 24 maggio 2012 è stato rieletto come “capo nazionale” per un triennio Shawn A-in-chut Atleo. Per lo più gli aborigeni canadesi (ossia gli appartenenti alle First Nations, ma anche i meticci e gli inuit delle zone artiche) si trovano confinati in situazioni di estrema miseria. A causa delle grandi sofferenze alcuni diventano anche vittime della depressione e dell’alcolismo. Purtroppo in certe frange della società canadese non sono affatto scomparsi pregiudizi e razzismo. Le donne delle First Nations patiscono cinque volte più delle altre episodi di violenza. Più di seicento nell’ultimo periodo sono scomparse o sono state uccise. 
Una piaga ancora ben viva è data inoltre dalle memorie dolorose lasciate dalle Scuole residenziali indiane che risalgono al 1870. In tutto il territorio canadese vennero disseminate 130 strutture di questo tipo in cui vennero condotti più di 150.000 bambini aborigeni, spesso strappati a forza dalle loro famiglie. Solo nel 1996 venne chiuso l’ultimo di questi istituti. Queste scuole erano finanziate dal Governo e gestite anche da persone appartenenti a varie comunità ecclesiali, tra cui quella cattolica. Attualmente sono viventi 80.000 ex studenti che portano nell’anima il ricordo delle durezze subite. 
Nel giugno 2008 il primo ministro Stephen Harper ha chiesto pubblicamente scusa per gli abusi sopportati dai bambini nelle istituzioni finanziate dal Governo. Il 29 aprile 2009 Benedetto XVI volle ricevere in udienza privata Phil Fontaine, allora capo nazionale dell’Assemblea delle Prime Nazioni del Canada, insieme a un gruppo di anziani aborigeni e di sopravvissuti delle Scuole residenziali indiane, per esprimere loro la sua «solidarietà orante» e sofferenza per i patimenti subiti dai bambini. Phil Fontaine, che conobbe personalmente la durezza delle scuole, disse poi che le parole del Pontefice erano state per lui «di grande conforto».
In Canada, tuttavia, continua comunque a essere reale il problema dell’istruzione dei bambini aborigeni, costretti spesso a studiare in strutture fatiscenti e prive di mezzi. L’intero Paese è stato commosso dalla coraggiosa campagna per il diritto allo studio di Shannen Koostachin (1996-2010), una ragazzina vissuta nella poverissima comunità di Attawapiskat. A seguito della sua prematura scomparsa in un terribile incidente, è nato il movimento che porta il titolo di «Il sogno di Shannen», impegnato affinché tutti i bambini in Canada possano avere pari condizioni per accedere all’istruzione. 
Questo è una delle numerose iniziative a sfondo sociale che sono state promosse nel Paese. La città di Vancouver, per esempio, ha proclamato «Anno della riconciliazione» il periodo dal 21 giugno 2013 al 20 giugno 2014, perché fra le diverse culture «si sviluppino nuove relazioni, si guarisca dalle ferite del passato, e si vada avanti con reciproco rispetto». Varie attività di promozione umana sono portate avanti dalle diverse comunità ecclesiali, spesso in collaborazione tra loro. L’ecumenismo in Canada ha una lunga storia — sia pure con un andamento intermittente — in cui periodi di collaborazione e rispetto reciproco si sono alternati a fasi di intolleranza. La maggior parte dei francesi che arrivarono sul territorio erano cattolici, ma c’erano anche molti mercanti ugonotti. Inizialmente le tensioni religiose della madrepatria non giunsero nella Nuova Francia, e i gesuiti ebbero rapporti fraterni con i protestanti. Quando la Nuova Francia fu ceduta alla Gran Bretagna, per un buon periodo i franco-canadesi di religione cattolica videro riconosciute la loro libertà religiosa, anche se nello stesso periodo sul suolo inglese i cattolici venivano discriminati.
In tempi a noi più vicini, è famosa la passione ecumenica contenuta nel testo Cristiani divisi, la lettera pastorale scritta nel 1962 dal cardinale Paul-Émile Léger, arcivescovo di Montreal. Nel 1963 un gesuita, padre Irénée Beaubien, ha fondato a Montreal il Centro canadese per l’ecumenismo, che offre molte risorse a livello nazionale e cura una rivista ecumenica ampiamente diffusa. Nel 1984 padre Bernard de Margerie fa nascere a Saskatoon il Centre des Prairies pour l’oecuménisme. 
Il sussidio per il 2014 è stato preparato da un gruppo di rappresentanti delle diverse Chiese presenti in Canada, riunitisi su invito del Centro canadese per l’ecumenismo e del Centre des Prairies pour l’oecuménisme. Il loro lavoro è stato poi riveduto nella sua redazione finale dalla Commissione internazionale nominata dalla Commissione Fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il testo così elaborato è stato dedicato alla memoria di due grandi ecumenisti recentemente scomparsi, il teologo Ralph Del Colle (1954-2012) e la professoressa Margaret O’Gara (1947–2012). Fanno parte del materiale diffuso alcuni inni e canti, appositamente preparati da scrittori e compositori canadesi per la prossima Settimana di preghiera. Il repertorio racchiude versi intensi come questi: «Tutte le razze, lingue e culture santificate dallo Spirito diventano una sola voce nel testimoniare Gesù Crocifisso. Uniti dallo Spirito: una luce per il genere umano. Il sacrificio di Gesù è sufficiente per quest’ora e per sempre».
L'Osservatore Romano