martedì 23 luglio 2013

Lettera ad un amico omosessuale


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di Costanza Miriano
Caro Fabio,
avrei voluto scrivere caro amico omosessuale, ma perché dovresti essere definito dal tuo orientamento? Io non mi definisco mai eterosessuale, e mi offenderei se qualcuno lo considerasse il mio tratto distintivo. Quindi non vorrei offenderti, chiamandoti omosessuale. Tanto meno userò la parola gay, che vuol dire contento, e mi sembra un modo un po’ disonesto di definirsi, come se gli altri lo fossero di meno. Quanto ad altri sinonimi più all’antica, apprezzo il coraggio di alcuni, per esempio di quelli del Foglio, nell’usarli, ma tu sai quanto ti voglio bene, e quanto rispetto la tua sensibilità, quindi li censurerò.
Comunque, dicevamo, caro Fabio, e fin qui ci siamo. Perché tu davvero mi sei caro. Capisco che tu abbia sofferto per arrivare a definirti omosessuale. Capisco la sofferenza che hai letto negli occhi dei tuoi, e a volte nella curiosità o nel disprezzo di alcune persone. Ma chi di noi non ha sofferto per diventare grande? Per scegliere cosa tenere di quello che aveva ricevuto e cosa buttare via? Per fare i conti con gli errori e le mancanze degli altri? Per la non accettazione, per le cattiverie, gli sgarbi, il cinismo, le falsità? Credi di essere stato solo, ad avere avuto questi privilegi?
L’essere umano è una cosa complicatissima, è un mistero, noi siamo un mistero a noi stessi, ed è una pia illusione piallare asperità e oscurità degli uomini, illuminarne lati oscuri, imbrigliarne imprevisti a colpi di legge.
Ti chiedo scusa se a volte ti sei sentito giudicato da me, è qualcosa di cui dovrò rendere conto, ma d’altra parte sappi che io giudico spesso, e non solo te. Devo correggermi, e non lo farò perché c’è una legge, ma perché ci sto lavorando.
A questo punto però vorrei che anche tu fossi onesto con me. Perché credi che ci sia bisogno di una legge contro l’omofobia? L’Italia è oggettivamente uno dei paesi più tolleranti al mondo. Quello che fai in camera da letto non è reato – e ci mancherebbe. La coppietta di uomini che voleva sposarsi è salita sul palco di Sanremo, lo spettacolo più nazionalpopolare che ci sia, guardato da nonnette e bambini. In ogni fiction c’è sempre l’amico omosessuale intelligente e simpatico, mai cattivo, perfido, disonesto. Se vuoi comprarti una casa con un tuo amico vai da un notaio e ve la cointestate. Se venissi picchiato per strada, e grazie al cielo non ti è mai successo, gli aggressori verrebbero puniti, qualunque sia il motivo che li muove. Qualunque fosse la discriminazione, la violenza, l’offesa alla tua dignità, il nostro codice già ti fornisce abbondanti strumenti di difesa (con in più la già esistente aggravante per motivi abietti) .
Sai bene, te l’ho raccontato, che a scuola, lo posso testimoniare da mamma e da rappresentante di classe, si fanno delle vere e proprie catechesi contro le discriminazioni, per la diffusione delle teorie di genere. Le vogliono i ministeri per le pari opportunità e quello per l’educazione.
Mi resta ancora da capire in cosa tu venga discriminato. Io, come anche molti pensatori dentro e fuori la Chiesa, rifiuto le gender theories, e in questo caso sono io, o meglio, i miei figli che vengono discriminati.
Non capisco davvero a cosa serva questa legge, cosa davvero ti manca.
Ho una paura. Tra i tanti rischi che comporta l’affermazione delle teorie di genere, e sono davvero tanti, ma non riguardano te, Fabio, ce ne è uno che mi sta particolarmente a cuore. Non vorrei che un giorno io potessi essere fuori legge se mi trovassi a dire che i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre, di un maschio e di una femmina. Non vorrei che questa legge fosse propedeutica a una proposta sui matrimoni omosessuali, e soprattutto sulle adozioni.
Questo no, non puoi chiedermelo. Puoi anzi devi pretendere rispetto, tutela, astensione dal giudizio. Ma non puoi pretendere che neghiamo la realtà, e cioè che  non difendiamo i bambini da questo rischio: essere cresciuti da due genitori dello stesso sesso, essere privati del confronto con uno dei due sessi, che non sono orientamenti culturali, né caratteristiche accessorie, ma i due cardini profondissimi della struttura dell’essere umano. Tutti noi ci siamo formati in parte somigliando in parte negando la somiglianza al genitore del nostro sesso, e confrontandoci con quello dell’altro sesso, pietra di paragone. Tutti noi abbiamo ricevuto accudimento materno ed educazione paterna. Tutti noi, infine, veniamo da un padre e una madre, e questo nessuna legge potrà mai cancellarlo.
Io non giudico neanche il tuo desiderio di diventare padre, ma purtroppo i figli non sono un diritto, sono loro ad avere diritto a un padre e una madre, e una legge di un paese civile deve necessariamente tutelare loro per primi, la parte debole.
Se tu vorrai un figlio dovrai aggirare l’ostacolo, chiedendo la collaborazione di una donna, e sappiamo cosa questo possa concretamente significare: donne bombardate di ormoni per produrre ovuli, o costrette a portare in grembo un bambino di cui non saranno le madri, e non vedo altro motivo a spingerle che la necessità economica (perché le femministe non protestano contro questa massima forma di schiavitù?). Oppure potrai adottarlo, e come dici tu, sarà sempre meglio di niente, per il bambino, ma io non credo affatto, come Obama, che love is love, e credo che un bambino a cui venga tolto il confronto con la madre e il padre non potrà crescere bene.
Se la legge venisse approvata, queste cose non le potremo più dire? Questo sarà discriminarti? Se così fosse la legge sarebbe inapplicabile, perché se il problema delle carceri è il sovraffollamento, tante persone di buon senso dovrebbero essere pronte a sfidare la legge.
Di certo tra gli altri lo saremo noi cattolici. Se proclamare il Catechismo della Chiesa cattolica diventerà fuori legge, non si troverà un milione di cattolici pronti a leggerlo in pubblico? Se non un milione, centomila? Se non centomila, diecimila? E dove ci metteranno?
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Segnaliamo due iniziative questa settimana per il medesimo obiettivo:
giovedì  sera organizzata da La Manif pour Tous-Italia
giovedi
e venerdì mattina da Uomini Donne Bambini
venerdì

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La legge sull’omofobia: una minaccia alla libertà di espressione


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 Nei paesi dove è stato imposto, lo pseudo-matrimonio omosessuale è generalmente preceduto da due leggi che lo accompagnano: il riconoscimento dei diritti delle coppie gay e l’introduzione del reato di “omofobia”. Non manca, anche tra i cattolici, chi si illude che, concedendo queste leggi, sia possibile placare le rivendicazioni estreme ed evitare che si giunga al “male maggiore” del cosiddetto “matrimonio gay”. In realtà, quando si è concesso il male minore si è già concesso tutto, anche perché, nel caso della legge sull’omofobia, tra questa e lo pseudo-matrimonio gay non è facile stabilire quale sia il male peggiore.
La legge contro l’omofobia, presentata per la prima volta nel 1999 dal presidente del Consiglio D’Alema, e poi riemersa senza successo sotto i governi Prodi e Berlusconi, sarà associata al nome di Enrico Letta e del suo governo delle “larghe intese”? Quel che è certo è che il disegno di legge contro l’omofobia e la transfobia, approvato dalla Commissione Giustizia della Camera e ora in discussione al Parlamento, rappresenta una grave minaccia all’ordine naturale cristiano e alla libertà di espressione, non solo dei cristiani, ma di tutti i cittadini italiani.
L’idea di fondo è quella di punire chiunque si renda colpevole di “discriminazione” in base all’“orientamento sessuale”. I concetti di “discriminazione” e di “orientamento sessuale” sono privi però di valore giuridico e, soprattutto, di senso logico. Discriminare significa trattare una persona in modo meno favorevole di altra. Ma il principio di discriminazione regola i rapporti sociali. La discriminazione in sé infatti può essere una scelta buona o cattiva, a seconda delle categorie di riferimento: nella partecipazione a concorsi pubblici o privati, nella selezione per i corpi militari o per le competizioni sportive, come nella ammissione in un seminario cattolico, cambiano i criteri di scelta, ma una discriminazione è sempre presente. Perché non dovrebbe essere lecito, fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali della persona?
Altrettanto equivoco è il concetto di “orientamento sessuale”, definito dalla legge come «l’attrazione nei confronti di una persona dello stesso sesso, di sesso opposto, o di entrambi i sessi». Questa definizione è talmente ampia e generica da giustificare qualsiasi scelta che nasca dal desiderio del singolo individuo. Lo stesso dicasi dell’ “identità di genere”, definita a sua volta dal testo di legge, come «la percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico». Ma ciò che è più grave è che il legislatore pretende attribuire a questa libertà di orientamento sessuale la qualifica di “status” cioè di una situazione soggettiva portatrice di diritti in quanto tale, prescindendo da qualsiasi riferimento ad un quadro oggettivo di valori.
Se si afferma il valore illimitato della libertà di scelta, negando una legge naturale e morale che ne costituisca il limite, cade con ciò il concetto di devianza e di trasgressione. Una volta negata la legge naturale e ammesso il principio della assoluta libertà di orientamento sessuale, la via alla pedofilia, all’incesto e a ogni altra manifestazione di vita sessuale, oggi considerata come devianza, è aperta. Ciò che oggi è anormale, sarà la normalità del domani. E viceversa, ciò che oggi appare normale, domani sarà condannato come anormalità. Tutto è permesso perché tutto nasce dalla libera scelta dell’uomo, che non può essere limitata da norme assolute esterne alla sua volontà. Le norme esterne alla volontà dell’uomo sono quelle che chiamiamo leggi morali. Il fondamento della morale è la distinzione tra l’idea di bene e di male da cui scaturiscono le norme che indicano il bene da seguire e il male da evitare. Se non esiste un ordine morale, non esistono crimini assolutamente parlando, perché la nozione di crimine ha una dimensione morale che viene dissolta dal relativismo assoluto fondato sul primato della assoluta libertà dell’uomo di esprimere e realizzare i propri desideri.
Nelle leggi sull’omofobia, come quella in discussione in Italia, l’assoluto libertinismo viene inevitabilmente a coincidere con il massimo totalitarismo. In assenza di una morale e di un diritto oggettivo, la società si riduce infatti ad un luogo di conflitti, in cui i diritti del più debole vengono sacrificati all’egoismo del più forte. Non è necessariamente la forza di un individuo rispetto a un altro, come è il caso della madre e del bambino nell’aborto. Può essere la forza di gruppi organizzati, di poteri mediatici, di interessi finanziari. Gli omosessuali non sono cittadini inermi e indifesi di fronte alla legge come i bambini vittima dell’aborto, ma costituiscono un gruppo di potere: una lobby.
Questa lobby oggi impone il delitto di omofobia, domani potrà imporre di eliminare il reato di pedofilia in nome del libero orientamento sessuale dell’individuo che voglia scegliere di appagare il proprio desiderio sessuale con un bambino.Dall’articolo 1 della legge contro l’omofobia si evince che il bene giuridico inventato e tutelato non è solo l’omosessualità, ma la libertà di scelta di sesso illimitato, quanto a forme e compartecipi. Perché escluderne i minori come possibile oggetto? Se il bambino non-nato può essere soppresso in nome delle esigenze di realizzazione psicologica della madre, perché il bambino vivente non potrebbe essere fatto oggetto del desiderio di appagamento sessuale di un adulto, o di un gruppo di adulti, che democraticamente lo stabiliscano a maggioranza? Il nucleo del totalitarismo non sta nell’idea di limite e neppure nell’uso della forza, ma in quell’uso disordinato della forza che diventa cieca violenza, perché svincolata da riferimenti morali. In una parola, la radice del totalitarismo è il disordine, la confusione tra il bene e il male, tra ciò che può o non può essere fatto. L’idea dell’esistenza di un ordine assoluto di valori costituisce, al contrario, un oggettivo limite all’ arbitrio e alla violenza totalitaria.
Introducendo il reato di omofobia si sottrae alla famiglia la protezione di cui essa ha sempre goduto nel corso dei secoli e si trasferisce questa tutela giuridica agli omosessuali, riconosciuti come portatori di diritti in quanto tali. Per ottenere questo obiettivo è necessario un salto logico: il passaggio dai diritti umani ai diritti degli omosessuali. Gli omosessuali, come gli eterosessuali, essendo uomini, godono dei diritti di tutti gli uomini, ma non esistono, propriamente parlando, diritti degli omosessuali, come non esistono astratti diritti legati al sesso o all’età delle donne o degli uomini. Non esistono infatti diritti dove non esistono doveri. Esistono diritti delle madri, perché esistono innanzitutto i doveri delle madri (e dei padri), ma non esistono diritti delle donne, perché non esistono, né in astratto, né in concreto, doveri legati allo status femminile, e meno che mai a quello omosessuale. Gli unici diritti possibili si radicano sulla legge naturale e su istituzioni naturali come la famiglia.
Un tempo vigeva un ordine familiare cristiano, in cui l’omosessualità era messa al bando come immorale. La nuova legislazione vuole capovolgere la situazione di un tempo, ponendo ciò che un tempo era considerato devianza, come nuovo modello sociale e isolando come crimine, e quindi come devianza e anormalità, l’affermazione dei principi cristiani. La possibilità di definire anormale o deviante l’omosessualità, è soppressa per legge, perché  qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, sarebbe considerata una forma di ingiusta discriminazione. Pochi se ne rendono conto ma, nel XXI secolo, è iniziata anche in Europa l’età delle persecuzioni contro i difensori dell’ordine naturale e cristiano. (Roberto de Mattei)