martedì 30 luglio 2013

Gridare a Dio


preghiera-intercessione
ho letto il tuo post sulla bacheca di Costanza Miriano e già mi pento di avertelo detto perché penserai di sapere già dove andrò a parare – e forse hai ragione, però vorrei raccontarti lo stesso la mia storia, che è molto molto simile alla tua. Non sono omosessuale ma sono nata con una grave e complessa malformazione che, oltre a darmi considerevoli problemi di salute, mi fa convivere con quello che io ho sempre considerato il mio terribile segreto: sono incontinente.
E ti sto parlando dell’incontinenza fecale, quella che puzza, che ti imbratta i vestiti, che suscita la repulsione e le risa delle persone. Mi parli del tuo inferno a scuola, lo conosco benissimo: non mi avranno chiamato “frocio”, ma ricordo tutti i “cacona” e “cacasotto”, i commenti maligni e le risatine. Alle medie tenevo una borsa per il ricambio nell’armadio dei bidelli; un bel giorno la professoressa di lettere ha pensato bene di dirlo a tutta la classe (e in mia presenza, poi). Anche io, come te, sapevo che le gite scolastiche erano un momento difficilissimo, tanto è vero che quella di terza media l’ho saltata in pieno, grazie alla saggezza di mia madre che sapeva benissimo come sarebbe andata a finire. Un anno si era anche creato una specie di comitato di genitori che sono andati a protestare con gli insegnanti perché puzzavo. Vogliamo parlare dell’amore? Conosco molto bene lo stato di sofferenza che attraversavi quando ti capitava di innamorarti di qualcuno: chi avrebbe mai baciato una “cacona”? La paura della derisione e del rifiuto è un terrore che ti divora l’anima, che ti paralizza e ti costringere a vivere una vita falsa, una facciata che devi mantenere con quasi tutti.
Al culmine della sofferenza, ho cominciato a gridare a Dio, e non solo metaforicamente nella preghiera. L’ho fatto per sette lunghi anni, perché con Lui è così, ti risponde quando Gli pare… ma lo fa, sempre. Te la faccio breve: dopo tanto piangere e gridare, finalmente è arrivato nella mia vita un ragazzone che, nel pieno delle sue facoltà, si è innamorato di me e mi ha sposata. Ho avuto la certezza che il Signore lo aveva creato e pensato per me quando, il quarto giorno nel nostro viaggio di nozze, è andato alla lavanderia a gettoni e ha fatto il mio bucato. Il bucato delle mie mutande sporche, capisci?
Con tutto questo lungo discorso, non voglio dirti “prega e vedrai che tutto si sistema”, perché non so qual è il disegno di Dio Padre su di te, però ti invito a fare come me, a gridare, tanto e forte, perché solo così, alla fine, Lo “conoscerai”. Solo così inizierai a parlare a un Dio vivo, una persona e non uno di cui hai solo sentito parlare. E questa relazione vera con Lui è un regalo enorme, gigantesco, che io non cambierei con niente al mondo, neanche con un sedere che funziona, perché è grazie al mio sedere che io sono la persona che sono (lo so, fa ridere ma è proprio così), che sto qui a testimoniarti che Lui fa bene tutte le cose, anche i “caconi” e chi, come te, soffre per la propria sessualità. Perché noi siamo un dono.  Nel grandissimo mistero che sono le nostre sofferenze, noi siamo un dono, per noi stessi e per gli altri. Mio marito me lo dice in continuazione (altro segno che Lui lo ha pensato per me, perché io ho bisogno di sentirmi ripetere le cose cento e più volte): “Non so dove sarei adesso senza di te”.
Non cadere nell’inganno di credere che tu sia “diverso”, che per te sia “più difficile”: la maggioranza delle persone si porta dentro delle sofferenze atroci, solo che alcuni sono più bravi a nasconderle. Cammina a testa alta, come un figlio di Dio, un Padre che ti ha pensato e voluto esattamente come sei: un grande dono. E se vorrai chiedergli qual è il Suo disegno su di te, lascia stare la bacheca di Fb e grida direttamente a Lui. Ma fallo a lungo e fallo forte, è un po’ duro d’orecchi.