giovedì 11 luglio 2013

La differenza cristiana


Fabrizio Cicchitto


Contentezza capovolta
di Ferdinando Camon
in “Avvenire” del 11 luglio 2013
«Sono contento quando un barcone affonda », dichiara un politico italiano a una trasmissione radio,
e sentendo le sue parole la mia mente vola a quand’ero studente di liceo e leggevo per la prima
volta i terribili versi di Lucrezio: « Suave, mari magno turbantibus aequora ventis, / e terra
magnum alterius spectare laborem », «È dolce, quando nel grande mare i venti sconvolgono acque
tranquille, guardare da terra il grande affanno degli altri». Dunque, nel guardare le sofferenze degli
altri, sentendo che non sono e non saranno le nostre, c’è un piacere. Non ci era facile tradurre quei
versi, e specialmente la prima parola, suave: vedendo poi che si trattava di un naufragio, noi giovani
studenti italiani (che vuol dire cattolici) pensavamo che ci fosse un errore, o era sbagliato suave o
era sbagliato spectare laborem. E invece no, Lucrezio vuol dire proprio questo: gli altri sono
travagliati nello sforzo di salvarsi, e non ce la fanno, e noi facciamo da spettatori, e lo spettacolo è
per noi suave. Tradurre ci era difficile perché non si trattava di portare da una lingua a un’altra, ma
da una morale a un’altra, da una civiltà a un’altra: nella nostra morale, la dolcezza di vedere le
disgrazie altrui non ci sta più.
Leggo le risposte del politico italiano e non ci credo, ci dev’essere un errore. Qualche fonte dice che
lui afferma 'sono contento se affonda un barcone', qualche altra 'godo se affonda'. Ma c’è ancora
l’audio in internet, lo ascolto: gli stanno facendo la domanda, «allora, tu sei contento quando
affonda un barcone carico di emigranti? », e lui risponde: «Sì». «Sono contento » è l’esatto
equivalente di suave: lo spettacolo che osservo è soave, e osservarlo mi dà contentezza, che è un
piacere interiore.
La contentezza non sta nel vedere il barcone che affonda, ma nel vedere che quel barcone è pieno
d’immigranti: gli uomini, affogando, scalciano e gridano, e vederli suscita contentezza. Così, in
Lucrezio, la soavità non sta nel vedere la nave che va giù in verticale, ma nel vedere che la nave è
piena di uomini: è la morte degli altri che fa il pieno della nostra vita. Lucrezio arzigogola poi, per
spiegare il suo sentimento, dice che non è tanto il male degli altri che ci piace guardare, quanto il
nostro bene, ma nel ragionamento introduce un altro paragone atroce, di chi osserva le stragi di una
guerra non essendone coinvolto: « Suave etiam belli certamina magna tueri / per campos instructa
tua sine parte pericli», «Anche guardare grandi battaglie che si svolgono nella pianura, / senza che
tu sia in pericolo: lí c’è piacere». E così il politico italiano: che stiano a casa loro, non vengano qui,
voi giornalisti siete ipocriti, tutti agitati perché il Papa è andato in vacanza al mare. Ricordo la
feroce discussione che si fece, in classe, il giorno in cui portammo la traduzione di quel passo di
Lucrezio, finché il professore tagliò corto: voi non capite la contentezza di Lucrezio, quando vede
morire gli altri ma lui sta bene, perché non tenete conto di un fatto: tra Lucrezio e noi c’è il
Cristianesimo. L’indifferenza o la contentezza verso il dolore altrui finisce col Cristianesimo. Da
allora la sofferenza altrui diventa la nostra. Noi non possiamo più essere felici se vediamo che il
nostro vicino sta male. Non possiamo stare a guardare un naufragio, e magari filmarlo: guardarlo
per goderne adesso, filmarlo per goderne dopo. Vedere dei naufraghi può diventare un ricordo
gradevole se riusciamo a salvarli tutti.
Se disprezziamo la vita altrui, disprezziamo anche la nostra: della vita di Lucrezio non abbiamo
quasi nessuna notizia, uno dei pochissimi che ne parla è San Girolamo, e le poche righe che gli
dedica le imparammo a memoria nel liceo e sono ancora nel cervello, perché sono misteriose. Dice
San Girolamo: « Amatorio poculo in furorem versus (impazzito per un beveraggio amoroso),
propria se manu interfecit (si ammazzò) anno aetatis quadragesimo quarto (all’età di 44 anni)». È
impazzito per un filtro amoroso? Si drogava? La vita normale non gli bastava? Non amando gli altri, non amava neanche se stesso, ed è morto malamente.

*
Cicchitto predica, i cattolici tacciono
di Riccardo Cascioli
“Un conto è la predicazione religiosa, altro conto è però la gestione da parte dello Stato di un fenomeno così difficile (…). Di conseguenza, anche in questa circostanza, va affermata una ragionevole, non oltranzista, ma seria e reale autonomia dello Stato dalla Chiesa”. Queste parole dell’esponente del Pdl Fabrizio Cicchitto, riferite al viaggio di papa Francesco a Lampedusa e al fenomeno dell’immigrazione, sono in questi giorni al centro delle polemiche, anche da parte di chi ha osannato il Papa in maniera ipocrita.

In effetti Cicchitto, così come tanti esponenti dei diversi schieramenti, si è mostrato più preoccupato di difendere una scelta politica piuttosto che sforzarsi di capire cosa abbia detto e fatto il Papa, il quale peraltro non ha parlato di politiche migratorie né si è riferito all’Italia. Ma i nostri esponenti politici come sempre brillano per il loro provincialismo, che li porta a ridurre qualsiasi cosa accada nel mondo a meri interessi di bottega. Cicchitto, ovviamente, non fa eccezione. 

Però quelle parole meritano un’attenzione particolare perché esprimono una posizione culturale – inaccettabile – ma molto diffusa anche in campo cattolico. Non è forse la stessa posizione di chi dice “io vivo la mia fede, ma in quanto rappresentante dello Stato devo pensare a tutti”, vale a dire la posizione classica del “cattolico adulto”? Ovvero, la religione ridotta a fatto privato, “Dio se c’è, non c’entra”: non c’entra con le scelte concrete della vita, da quelle personali fino alla politica. Così la necessaria distinzione tra Stato e Chiesa diventa una separazione netta, due mondi paralleli che neanche comunicano tra di loro.

Questa è però la negazione dell’Incarnazione, del cristianesimo come avvenimento che prende tutta la vita. L’incontro con Cristo, la fede, non offre soluzioni politiche precise, ma dona uno sguardo nuovo con cui guardare tutte le cose. E’ giudicare tutti i fatti della vita mettendosi nella prospettiva di Dio, come li guarda Dio. Tutti i fatti, non solo le inclinazioni “spirituali”. Nella fattispecie, a Lampedusa, il papa ci ha mostrato proprio questo sguardo di Dio, ovvero l’attenzione al bisogno dell’uomo, l’ascolto “del povero che lo invoca”, dove la povertà non è riducibile a una condizione economica. Per venire incontro a queste sofferenze, per limitarle, ci possono essere anche diverse e legittime soluzioni politiche e giuridiche, ma qualsiasi strada si tenti è l’uomo e il suo bisogno che va messo al centro dell’iniziativa. E questa centralità dell’uomo è frutto della civiltà cristiana. Basta guardare fuori dall’Occidente cristiano il (non) valore che si dà all’uomo per capire questa affermazione. Non a caso la disumanità del nostro mondo cresce con il progredire della secolarizzazione.

La posizione di Cicchitto è perciò antistorica e irragionevole, frutto di un laicismo che sta portando l’Europa, non solo l’Italia, verso il suicidio. Ma, come dicevamo, questa è anche la posizione di tanti cattolici, soprattutto in politica, per cui il cristianesimo è al massimo una spolverata di etica su scelte e iniziative che però prescindono totalmente dall’esperienza cristiana. E’ il motivo per cui i diversi cattolici in Parlamento e al governo non hanno nulla da dire su quanto sta avvenendo per leggi contro l’omofobia e a favore delle unioni gay (e su questo ci torneremo). E nemmeno hanno nulla da dire sulle affermazioni di Cicchitto. 

Non si tratta semplicemente di difendere il Papa da accuse gratuite, ma di difendere la propria posizione in politica. Se non si reagisce neanche quando si mette in discussione la propria identità, vuol dire che quella identità o non c’è o si è smarrita.

E qui c’è un’ultima questione che lascia perplessi: dalle fila del Pdl non una sola voce si è alzata almeno per “correggere” Cicchitto. Né il segretario Angelino Alfano né altri leader né i cattolici che si sono candidati nel Pdl perché qui c’era spazio per una proposta politica in linea con la Dottrina sociale della Chiesa. A questo punto le cose sono due: o questo spazio non c’è più o in fondo della Dottrina sociale della Chiesa interessa poco. O magari tutte e due le cose insieme.
Si attende risposta.