venerdì 5 luglio 2013

"Lumen Fidei": Commenti

Il commento di Scienza & Vita alla prima enciclica di Papa Francesco

“Affermando la fede come ‘dilatazione della vita’ e sguardo sulla ‘dignità unica della singola persona’, Papa Francesco ci dona con la sua prima enciclica Lumen Fidei la prospettiva affascinante e sempre attuale dell’attenzione di Dio su ciascuno di noi e sul mondo”. Lo affermano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell’Associazione Scienza & Vita.
“Dopo una meditazione profonda sulle radici bibliche ed ecclesiologiche della fede cristiana – prosegue il comunicato stampa - il Papa non manca di guardare alla dimensione pubblica della testimonianza religiosa dentro la città, là dove il Bene comune diventa l’obiettivo primario della prassi sociale e politica, e dove il conflitto, di per sé ineliminabile, deve essere attraversato senza timore, al fine di realizzare l’unità”.
“Il forte riferimento alla famiglia, centro propulsore di formazione e di educazione dei figli al valore della fede, apre anche la prospettiva, ricca di implicazioni sociali, della dimensione della fraternità. Noto e sempre dimenticato principio teorico dell’Illuminismo, che ha dato vita alla modernità, trova secondo il Papa la sua unica radice nel riferimento all’unico Padre, consegnandoci una tematica ricca e complessa.
Il richiamo al senso della sofferenza e della morte, situazioni ineliminabili della condizione umana ma dove la fede è strettamente congiunta alla speranza, interpella nel profondo anche l’Associazione Scienza & Vita. Sulla scia delle indicazioni del Pontefice, continueremo ad approfondire questo mistero oscuro che la luce della fede e le vie della ragione possono rischiarare”, conclude poi la nota di Scienza & Vita.

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Il punto di vista del sociologo Massimo Introvigne sul documento di Papa Francesco pubblicato oggi

«Una grande enciclica contro la fede light, senza contenuti, che è tipica del New Age ma penetra anche nel cristianesimo». Questa la lettura della «Lumen fidei» del sociologo torinese Massimo Introvigne, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR). «Il cuore dell’enciclica – spiega Introvigne – sta nell’interpretazione di un dialogo fra Isaia e il re Acaz. Isaia dice al re che se la fede fosse solo un’emozione, qualche cosa di vago, il re farebbe bene a non fidarsi, a credere solo alla sua prudenza umana. Ma la fede non è affatto solo un’emozione e un sentimento. Comprende un elemento di conoscenza, di verità. Leggiamo che la fede senza la verità “è solo una bella fiaba”».
Secondo Introvigne «non è difficile riconoscere le quattro mani, quelle di Benedetto XVI e quelle di Papa Francesco. Quest’ultimo insiste sulla sua tesi preferita, che la fede ci libera dall’autoreferenzialità per cui parliamo sempre solo a noi stessi anziché “uscire” a parlare con gli altri. E Papa Ratzinger continua la sua polemica con chi vuole separare il cristianesimo dall’eredità greca contrapponendo la conoscenza tramite la ragione dei Greci e la conoscenza tramite l’amore degli Ebrei, la fede come visione greca e la fede come ascolto della Bibbia. In realtà secondo l’enciclica ogni separazione è arbitraria, nel cristianesimo le due prospettive vanno insieme. Si conosce sia con la ragione, sia con il cuore, sia con la visione della luce e della bellezza sia con l’ascolto della parola e della musica del creato, e solo questa conoscenza integrale evita la violenza e costruisce la pace». 
 «Le ricerche sociologiche – conclude Introvigne – permettono di affermare che i due terzi degli italiani sono immersi nella fede light: non si dichiarano atei e agnostici, anzi dicono di credere, ma non hanno le idee chiare sul contenuto del loro credere e non mantengono nessun contatto con la Chiesa. A costoro soprattutto si rivolge l’enciclica di Papa Francesco».


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Il commento di padre Domenico Paoletti, Preside della Pontificia Facoltà Teologica "San Bonaventura", alla prima enciclica di Papa Francesco


La fede, il dono più prezioso che ci è dato e che la prima enciclica di Papa Francesco Lumen fidei ci aiuta a riconsiderare riscoprendola e approfondendola nella sua verità e bellezza. Una enciclica a quattro mani, come lo stesso Papa Francesco afferma nella introduzione: «Egli (Benedetto XVI) aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi» (7).  
Così padre Domenico Paoletti, docente di Teologia fondamentale e Preside della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” commenta il documento del Pontefice pubblicato oggi. A caldo - afferma - quello che maggiormente risalta è la visione “olistica” della fede cristiana come verità della realtà, di tutta la realtà (personale, familiare, sociale, politica, economica, ambientale, storica, …). La fede che illumina, dice e dona senso al nascere, al vivere, all’amare, al soffrire e al morire. La fede viene presentata nei suoi nessi intrinseci e inscindibile con la verità, l’amore e la gioia.  
"Molto profondo e ricco di fecondità - prosegue - ho trovato il secondo capitolo dove l’Enciclica mostra il legame stretto tra fede e verità: «La fede, senza verità, non salva, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci. Oppure si riduce a un bel sentimento, che consola e riscalda, ma resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla variabilità dei tempi, incapace di sorreggere un cammino costante nella vita» (24). In questo capitolo si può cogliere in estrema sintesi che la fede cristiana è in verità amore".
Una fede che, nascendo dall’ascolto umile, si fa dialogo rispettoso con ogni persona e con ogni religione, nella consapevolezza dell’ “inquietum cor nostrum …” di Agostino.Per il nostro impegno in Facoltà, asserisce il Preside, "ho trovato una conferma e un forte incoraggiamento a proseguire nella ricerca del “fare teologia insieme”. La teologia, come fides quaerens intellectum, ha Dio come «Soggetto che si fa conoscere e si manifesta nel rapporto da persona a persona»(36). La teologia, condividendo la forma ecclesiale della fede, non può non farsi insieme, in comunità". 
Un’altra suggestione da segnalare fra le tante, secondo padre Paoletti, è "la chiara ed argomentata affermazione che la fede è un bene per tutti, e pertanto la fede ha un impatto con la storia e con la città degli uomini". "Proprio per la sua intrinseca connessione con l’amore, la fede si pone al servizio concreto dell’uomo, specie del più bisognoso". «La luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo» (57). E Papa Francesco, conclude, qui richiama l’esperienza di Francesco di Assisi per il quale il lebbroso è stato 'mediatore di luce', riconoscendo il mistero presente nell’ultimo della 'periferia' della società".