sabato 6 luglio 2013

«Mi fido di te»!



Date il vostro contributo per una “Chiesa fedele alla strada indicata da Gesù”; “siate contemplativi e missionari”: così Papa Francesco ai tanti giovani in cammino vocazionale che questo pomeriggio hanno partecipato all’incontro che si è tenuto in Aula Paolo VI; un’iniziativa che rientra nell’Anno della Fede. 

E’ un racconto, un dialogo da padre, un colloquio ricco di spunti quello che Papa Francesco regala ai seminaristi, ai novizi e novizie, ai giovani in cammino vocazionale, riuniti in una calorosa Aula Paolo VI mentre fuori il cielo si riempie di nubi e dona un inatteso acquazzone estivo. Nella sua riflessione, Papa Francesco offre ai giovani presenti i doni del sì, del per sempre, mettendoli in guardia da un pericolo costante ovvero la cultura del provvisorio: 

"Io non vi rimprovero, rimprovero questa cultura del provvisorio, che ci bastona tutti, perché non ci fa bene: perché una scelta definitiva oggi è molto difficile. Ai miei tempi era più facile, perché la cultura favoriva una scelta definitiva sia per la vita matrimoniale, sia per la vita consacrata o la vita sacerdotale. Ma in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio".
La chiamata – aggiunge il Papa - è prima di tutto una gioia che nasce non dal possedere l’ultimo smartphone, lo scooter più in veloce, l’auto all’ultima moda: 

"Ma io vi dico, davvero, a me fa male quando vedo un prete o una suora con la macchina ultimo modello: ma non si può! Non si può! Io credo che la macchina sia necessaria perché si deve fare tanto lavoro e per spostarsi di qua… ma prendete una più umile, eh? E se ti piace quella bella, pensate a quanti bambini muoiono di fame. Soltanto quello!"
La gioia dunque nasce da qualcosa di diverso da queste realtà “con cui – sottolinea Papa Francesco – vi trovate in contatto e che non potete ignorare”: 

"E’ il sentirsi dire: “Tu sei importante per me”, non necessariamente a parole. Ed è proprio questo che Dio ci fa capire. Nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi non siamo numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama. Diventare sacerdote, religioso, religiosa non è primariamente una scelta nostra, ma la risposta ad una chiamata e ad una chiamata di amore".
Gioia che è soprattutto contagiosa perché “non può esserci santità nella tristezza” e poi l’indicazione forte ai giovani sul voto di castità, “una strada che matura nella paternità e nella maternità pastorale”: 

"Voi, seminaristi, suore, consacrate il vostro amore a Gesù, un amore grande; il cuore è per Gesù e questo ci porta a fare il voto di castità, il voto di celibato. Ma il voto di castità e il voto di celibato non finisce nel momento del voto, va avanti…Un prete non è padre della sua comunità, quando una suora non è madre di tutti quelli con i quali lavora, diventa triste. Quello è il problema. Perché questo io dico voi: la radice proprio della tristezza nella vita pastorale è nella mancanza di paternità e maternità che viene dal vivere male questa consacrazione, che ci deve portare alla fecondità. Non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi: questo non è cattolico! Questo non è cattolico! Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…"
A questo iter tracciato, il Papa aggiunge un’altra parola chiave: l’autenticità che è naturale soprattutto per i giovani:

"... E a tutti voi vi fa schifo, quando trovate in noi preti che non sono autentici o suore che non sono autentiche!" 
Nella vita di un consacrato c’è prima di tutto la testimonianza del Vangelo e poi – come evidenziava san Francesco d’Assisi – anche le parole. Autenticità e trasparenza soprattutto nel colloquio con il proprio confessore, ricordarsi sempre di non aver paura di dirsi peccatori”, “dal proprio peccato – aggiunge - sovrabbonda la grazia”: 

"Nella formazione vostra ci sono i quattro pilastri fondamentali: formazione spirituale, ossia la vita spirituale; la vita intellettuale, questo studiare per dar ragione; la vita apostolica, incominciare ad andare ad annunciare il Vangelo; e, quarto, la vita comunitaria. Quattro! Su questi quattro dovete edificare la vostra vocazione."
Ma attenzione – ribadisce Papa Francesco – a volte nelle comunità si diffonde l’abitudine di parlar mare, di chiacchierare alle spalle per gelosia, ambizioni o invidia. E’ comune – aggiunge il Papa – è un classico dire cose non positive sui propri superiori: 

"Anche io sono caduto in quello. Tante volte l’ho fatto, tante volte! E mi vergogno! Mi vergogno di questo! Non sta bene farlo: andare a fare chiacchiere. “Hai sentito… Hai sentito… “.Se io ho qualcosa con una sorella o con un fratello, lo dico in faccia o lo dico a quello o a quella che può aiutare, ma non lo dico agli altri per “sporcarlo”. E le chiacchiere, è terribile!" 

Infine i due suggerimenti forti: l’uscire da se stessi per incontrare Gesù nella preghiera e l’uscire per incontrare gli altri. “Io vorrei una Chiesa missionaria” soggiunge il Papa “non tanto tranquilla, quella bella Chiesa che va avanti”: 

"Date il contributo per una Chiesa così: fedele alla strada che Gesù vuole. Non imparate da noi – da noi, eh – che non siamo più giovanissimi; non imparate da noi quello sport che noi, i vecchi, abbiamo spesso: lo sport del lamento! Non imparate da noi il culto della dea lamentela. E’ una dea quella… Sempre col lamento…. Ma siate positivi, coltivate la vita spirituale e, nello stesso tempo, andate, siate capaci di incontrare le persone, specialmente quelle più disprezzate e svantaggiate. Non abbiate paura di uscire e andare controcorrente. Siate contemplativi e missionari. Tenete sempre la Madonna con voi, ma pregate il Rosario, per favore… Non lasciatelo! Tenete sempre la Madonna con voi nella vostra casa, come la teneva l’apostolo Giovanni. Lei sempre vi accompagni e vi protegga. Anche pregate per me, perché anche io ho bisogno di preghiere, perché sono un povero peccatore." 

A chiusura dell’incontro, Papa Francesco ha invitato i presenti a recitare il Padre Nostro ognuno nella propria lingua, un unico respiro nella coralità delle voci della Chiesa universale. 

Prima dell’incontro con il Papa, sul palco dell’Aula Paolo VI i presenti hanno pregato con il card. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, e poi si sono susseguite una serie di testimonianze. Nel salutare Papa Francesco, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, lo ha ringraziato per l’Enciclica sulla fede, “sostegno nel cammino quotidiano di fedeltà a Cristo” e per l’esperienza vissuta in questi giorni. 

Dopo l’incontro con il Papa, la processione mariana dai Giardini Vaticani fino al Sagrato della Basilica di San Pietro dove il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, ha concluso l’iniziativa con una sua riflessione. 
 Radio Vaticana 

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La Giornata dei seminaristi e dei novizi nell’Anno della fede. Giovani che hanno scelto di fidarsi

«Mi fido di te»! È lo slogan che guida in queste ore il festoso pellegrinaggio degli almeno seimila partecipanti alla Giornata dei seminaristi, dei novizi e di quanti sono in cammino vocazionale. Sono giunti a Roma da una settantina di Paesi del mondo per condividere, in occasione dell’Anno della fede, momenti di preghiera, di riflessione, di amicizia e di incontro, tra loro e con Papa Francesco, che ha riservato due appuntamenti: sabato pomeriggio, 6 luglio, nell’aula Paolo VI, e domenica mattina per la messa nella basilica di San Pietro.
Con l’entusiasmo gioioso tipico dei giovani, pur nella diversità di carismi e di percorsi, stanno offrendo una testimonianza del modo in cui percepiscono la vocazione, nonostante le difficoltà.
Arrivano, — ha fato notare l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione anche da terre lontane come Papua Nuova Guinea e Isole Salomone. Quasi una prova generale dell’ormai prossima Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro.
Le celebrazioni si sono aperte giovedì 4 luglio, con il pellegrinaggio alla tomba di san Pietro dove hanno fatto la professione di fede e meditato sulla riflessione proposta dal cardinale arciprete Angelo Comastri. «Nell’Anno della fede la vostra presenza è come un germoglio di primavera perché voi prenderete in mano la lampada della nostra fede e la consegnerete alle generazioni che verranno», ha detto il porporato, invitandoli ad avere «consapevolezza di quanto il Signore ha fiducia in voi e di quanto la Chiesa attende da voi. È bello rispondere alla fiducia di Dio e all’attesa della Chiesa». Quindi ha parlato di Pietro e della sua professione di fede, la prima in assoluto, «che resta intatta dopo duemila anni, attraverso persecuzioni e rinnegamenti, ma anche l’eroismo di tanti martiri e di tanti santi». Per questo, ha aggiunto, noi cristiani «ci stringiamo attorno a Pietro — che oggi si chiama “Francesco” — e consegnamo l’entusiasmo della nostra fede». Del resto, ha concluso, «in quest’epoca, in cui tutto è breve, tutto è a scadenza, vivere e testimoniare la bellezza della fedeltà per tutta la vita è il più grande dono che possiamo fare ai nostri contemporanei».
Venerdì 5 è stata la giornata delle catechesi per gruppi linguistici tenute da vescovi in alcune chiese del centro storico di Roma e delle visite a luoghi sacri che conservano le reliquie di santi particolarmente significativi: Agostino, Francesco d’Assisi, Caterina da Siena, Filippo Neri, Ignazio di Loyola, Luigi Gonzaga, Gaspare del Bufalo e Teresa di Lisieux. In serata al Campidoglio si è svolta una festa, animata dalle testimonianze personali di due seminaristi, uno proveniente dagli Stati Uniti d’America e l’altro dalla Nigeria, e di una novizia italiana.
Stamattina, sabato 6 luglio, è stato il momento delle confessioni e dell’adorazione eucaristica, mentre per gli educatori che accompagnano i giovani, alla Pontificia Università Lateranense si è tenuta una conferenza sulle problematiche formative dei candidati. Nel pomeriggio, nell’Aula Paolo VI, prima dell’atteso appuntamento con Papa Francesco, è stato il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, a offrire una riflessione sul racconto evangelico dei Discepoli di Emmaus. «L’Evangelista esordisce, fornendo le coordinate spazio-temporali del “fatto”, che si appresta a narrare», perché — ha spiegato — «l’esperienza cristiana, l’avvenimento cristiano accade e si rinnova in precise coordinate spazio-temporali, poiché Dio si china su di noi, ci abbraccia e ci raccoglie, sempre a partire da dove noi ci troviamo. Egli fa questo anzitutto facendosi uomo, per amore nostro e poi, come ha fatto, chinandosi sulla nostra personale esistenza e aprendo, così, il nostro cuore alla luce del Suo Volto». Da qui l’invito «a fare memoria di quel giorno, di quell’ora, nei quali tutto è cominciato, quando il Signore ci ha toccati nell’intimo, ha illuminato le tenebre e nel nostro cuore è sorta una luce intramontabile, la luce di quella speranza viva e presente, di quella speranza che è Cristo».
L'Osservatore Romano

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Papa Francesco incontra seminaristi e novizi e chiede gioia e coerenza di vita (Angela Ambrogetti, Korazym)