mercoledì 3 luglio 2013

Per una solidarietà senza confini


La visita del Santo Padre a Lampedusa segno forte per la comunità internazionale.

*

(Cardinale Maria vegliò) Persone che cercano disperatamente di raggiungere un altro Paese, in fuga da persecuzioni, da violazioni dei diritti umani, da una guerra civile, o che semplicemente sono alla ricerca di migliori opportunità economiche per sostenere la propria famiglia. Lampedusa è un’isola italiana a 110 chilometri dalla Tunisia, ove la migrazione irregolare o le migrazioni miste sono una realtà. Questo fenomeno riguarda esseri umani con dei volti, che sognano un nuovo inizio e guardano a noi aspettando la nostra risposta.
Lampedusa è solo uno dei tanti punti focali in tutto il globo, dove si incontrano mondi diversi. Infatti, l’itinerario vasto e composito dei rifugiati si estende a quanti in barca si dirigono verso l’Australia, lo Yemen, l’Italia o Malta; in camion attraversano il deserto del Sahara a Nord; a piedi passano il deserto dal Messico agli Stati Uniti; superano fiumi per entrare in Sud Africa dallo Zimbabwe o lasciano l’Afghanistan attraverso la Turchia, verso la Grecia. Queste forme di flussi migratori misti sono un fenomeno mondiale.
La presenza di Papa Francesco a Lampedusa sarà un segno forte per richiamare l’attenzione di tutti e certamente per rendere noto che la buona novella di Gesù è rivolta a ogni vita e per ogni situazione. Proprio come il Papa stesso aveva detto: «Non dimenticate la carne di Cristo che è nella carne dei rifugiati: la loro carne è la carne di Cristo» (Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, 24 maggio 2013). Cristo è presente sull’isola in coloro che sono arrivati, ma anche nella popolazione locale che li accoglie. A Lampedusa, come ovunque nel mondo, le sfide vengono affrontate dalla popolazione locale, che a volte ne viene sopraffatta e che deve accogliere grandi numeri di nuovi arrivati inaspettati. «Nel corso degli anni ci sono stati innumerevoli esempi di altruismo e azioni eroiche da parte di membri delle Chiese locali, che hanno ricevuto persone forzatamente sradicate, alcuni anche a costo della propria vita e dei propri beni. Offrire ospitalità significa ripensare e riformulare ripetutamente le priorità» (Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, documento Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate. Orientamenti pastorali, n. 84, anno 2013).
Questo fenomeno richiama anche l’attenzione su coloro che si prodigano in loro aiuto. Il soccorso in mare è un evento abituale. Molte volte sono i pescatori e i marinai i primi che, mettendo a rischio la loro stessa vita, vanno a soccorrere quanti sono in pericolo su imbarcazioni sovraffollate e fatiscenti. Anni fa, il Premio Nansen per i rifugiati è stato conferito all’armatore, al capitano e all’equipaggio della nave portacontainer norvegese MV Tampa, che aveva salvato 438 richiedenti asilo nell’Oceano Indiano. I pescatori italiani sentono l’obbligo morale di aiutare le persone in balia delle onde, qualunque cosa dicano le autorità. Ecco perché è significativo che a Lampedusa i pescatori con le loro barche accompagneranno il Santo Padre al porto. Questa solidarietà in mare può essere d’incoraggiamento per migliorare il benessere dei richiedenti asilo e degli sfollati, nonostante i costi elevati per le persone coinvolte.
Tuttavia, ci si deve interrogare sui comportamenti dei Governi, specialmente in relazione alle condizioni e ai luoghi all’interno dei Paesi riservati a queste persone sfollate. Si tratta dei confini estremi di una nazione, di campi profughi nel deserto o in un’isola sperduta lontano dalla terraferma. Ci si chiede se non sarebbe più adatto accoglierle in altre zone. Tali domande certamente non possono essere evitate dai Governi locali.
Ai rifugiati e ai richiedenti asilo dovrebbero essere assicurati i rispettivi diritti. Se hanno il diritto di fuggire per salvare la loro vita, dovrebbe essere dato loro anche il diritto di accedere all’asilo nel Paese di arrivo. Inoltre, dovrebbero essere applicati tutti gli altri diritti di protezione. Il diritto di libera circolazione e il diritto al lavoro devono essere applicati e ulteriormente estesi. I Governi dovrebbero proteggere quanti fuggono da violenze, persecuzioni e discriminazioni. Nel corso degli anni, gli Stati hanno ampliato il concetto di rifugiato al fine di rispondere alla sfida attuale, ed è anche cambiata la legislazione internazionale che assicura maggior protezione alle persone costrette a fuggire. Purtroppo, l’attuale atteggiamento di molti Governi appare contrario a tali decisioni, fermo restando che gli Stati comunque hanno l’obbligo di assicurare protezione alle persone in fuga.
Salvare vite umane, restituendo dignità, offrendo speranza e dando risposte sociali e comunitarie, è strettamente connesso con i valori morali e la visione cristiana. Questo coinvolgimento con la presenza dei rifugiati, dei richiedenti asilo e delle persone forzatamente sradicate potrebbe portare a un ulteriore rinnovamento della Chiesa che ci spingerà fuori dal nostro universo familiare, verso l’ignoto, in missione, per rendere testimonianza del Signore. «Ciascuno di noi deve perciò avere il coraggio di non distogliere lo sguardo dai rifugiati e dalle persone forzatamente sradicate, ma dobbiamo permettere ai loro volti di penetrare nei nostri cuori, accogliendoli nel nostro mondo. Se ascolteremo le loro speranze e la loro disperazione capiremo i loro sentimenti» (op. cit., n. 120). La visita del Santo Padre potrebbe essere un nuovo inizio per tutti noi.
L'Osservatore Romano

*

La presenza di Papa Francesco a Lampedusa sarà «un segnale importante di speranza e di particolare attenzione della Chiesa e del Santo Padre verso il problema costituito da queste persone alla ricerca di una vita migliore e spesso in fuga da situazioni di povertà estrema, di miseria o di mancanza di libertà»: così il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), Angelo Bagnasco, ha commentato martedì la visita sull’isola al largo della Sicilia che il Pontefice effettuerà lunedì prossimo. Parlando a margine di una visita al porto di Genova, il porporato ha aggiunto che «sarà sicuramente un segnale di speranza per queste persone e di richiamo all’intera società, all’intero Paese perché diventiamo sempre più una società che sa accogliere nel rispetto, nell’equità e nella giustizia». 
L’annuncio della visita del Papa è stato accolto «con soddisfazione e riconoscenza» anche da parte della Caritas italiana, che in un comunicato richiama anche la riflessione dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro. Per il presule il fenomeno dei flussi migratori «nella complessità e con il carico di sofferenza che manifesta, è l’espressione di un bisogno di giustizia che riguarda milioni di figli di Dio che non può più essere taciuto». La Chiesa agrigentina, ha scritto inoltre in un messaggio monsignor Montenegro, «accoglie con immensa gioia la notizia della visita di Papa Francesco alla comunità di Lampedusa e perciò alla nostra diocesi: è un dono di grazia straordinario». L’arcivescovo osserva ancora che «la scelta dell’isola di Lampedusa, come primo viaggio, da parte del Santo Padre è essa stessa un messaggio forte che ci aiuta a leggere la storia con gli occhi di Dio». Lampedusa — prosegue il presule — «per la sua strategica posizione, ormai da diversi anni, è la terra di approdo di migliaia di profughi provenienti dal vicino continente africano e in cerca di una vita dignitosa in Italia e nel resto dell’Europa. Tale fenomeno immigratorio, nella sua complessità e con il carico di sofferenza che manifesta, è l’espressione di un bisogno di giustizia che riguarda milioni di figli di Dio che non può più essere taciuto». La presenza del Papa, conclude il messaggio, «ci sosterrà nell’impegno affinché il Vangelo doni a tutti forza di libertà, di giustizia e di pace, mentre confermerà la comunità cristiana nell’esercizio della carità e dell’accoglienza». L’arcivescovo invita pertanto la comunità ecclesiale a valorizzare «i pochi giorni che ci separano dall’evento storico», con «un’intensa preparazione spirituale e un forte coinvolgimento ecclesiale per fare tesoro di questa inattesa e meravigliosa sorpresa». 
Nel comunicato della Caritas si ricorda che un appello «per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione», Papa Francesco lo aveva già lanciato nel messaggio in occasione della Pasqua, parlando in particolare della Siria, e che, a più riprese, ha riportato l’attenzione sul dramma dei migranti e dei loro viaggi della speranza. Il presidente di Caritas italiana, monsignor Giuseppe Merisi e il direttore, don Francesco Soddu, sottolineano quindi «con soddisfazione e riconoscenza» la decisione del Pontefice di recarsi sull’isola.
L’impegno delle organizzazioni caritative sul territorio è senza sosta. Sin dall’avvio della cosiddetta “emergenza Nord Africa”, infatti Caritas Italiana si è mobilitata e le Caritas diocesane si sono fatte carico dell’accoglienza di circa 3.000 persone. Un impegno certo non facile: dal lavoro in banchina a Lampedusa e sui binari di Ventimiglia, per passare all’accoglienza diffusa su tutto il territorio nazionale, fino alla costante interlocuzione con le istituzioni locali e nazionali. Pur con la conclusione formale della crisi, Caritas assicura che l’impegno sul territorio continua «mentre le ripetute crisi internazionali, dalla Siria all’Egitto, rischiano di richiedere nuovi sforzi sul fronte della tutela e dell’accoglienza». Don Francesco Soddu ribadisce poi che «in questo quadro poco confortante e drammatico la visita di Papa Francesco a Lampedusa è un segnale di forte speranza che incoraggia la Caritas e l’intera Chiesa nel costante impegno a favore degli ultimi e ci spinge ad andare verso le periferie dell’esistenza».
La visita del Papa sarà accompagnata con una particolare iniziativa anche dalla parrocchia di Sant’Albina, a Scauri, nell’arcidiocesi di Gaeta, dove si terrà aperto anche nei mesi di luglio e agosto il tradizionale presepe che, in particolare per il natale 2012, è stato ideato richiamando l’attenzione sul fenomeno degli sbarchi degli immigrati a Lampedusa e sulla necessità di sensibilizzare la comunità dei fedeli alla solidarietà.
L'Osservatore Romano