lunedì 24 gennaio 2011

Invocami!


In questo settimo giorno della settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani, propongo la lettura di una predica di Karl Barth. Oggi, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, la stessa città di Calvino... Sembra proprio che lo Spirito Santo si diverta. La predica seguente è tratta da "Invocami! Prediche dal Penitenziario di Basilea" - Morcelliana, Brescia, 1969












Karl Barth, Il mio tempo sta nelle tue mani (Ps. 31, 16)
Orazione prima della predica
Signore, nostro Padre! Ci siamo raccolti qui in questa ultima sera dell'anno, perché non vorremmo essere soli, ma uniti tra noi e con te. Desideriamo, ora ascoltare qualche cosa di meglio di quanto diciamo a noi stessi o di quanto, qua o là, qualcuno ci sussurra o grida all'orecchio; qualche cosa di diverso, pure, da quanto ascoltiamo alla radio o possiamo leggere nei libri e nei giornali. Non possiamo vivere di tutto questo. Vorremmo ascoltare la tua parola, te stesso, la tua consolazione, i tuoi ammonimenti. Crediamo che tu sei vivo in mezzo a noi e ci vuoi dare ciò di cui abbiamo bisogno, ciò che non possediamo, e che non possiamo prenderci. Ti ringraziamo per questo e ti preghiamo, ora, soltanto di una cosa: che tu raccolga, cioè, i nostri pensieri distratti e che - per prima cosa - allontani da noi tutto quanto sa di orgoglio, aridità, ottusità, affinché possiamo essere, per te, ancora una volta, così aperti, come tu lo sei per noi, nella tua infinita bontà da sempre. Padre nostro... Amen.
II mio tempo sta nelle tue mani.
Diletti fratelli e sorelle,
avevo un buon amico, indimenticabile. Era un ecclesiastico e professore francese. All'inizio del 1956 - cinque anni fa, quindi egli predicò in una chiesa della Confessione riformata nel Nord Africa, su questa parola: «Il mio tempo sta nelle tue mani». Fu una predica detta con molto calore, ricca, commossa e commovente. La lessi in questi giorni e la trovai così bella che, per un momento, ho riflettuto se non la dovevo semplicemente portare con me e rileggervela. Fu, pure, l'ultima predica di questo uomo: cinque giorni più tardi, ritornato a Parigi, moriva del tutto inaspettatamente. So io se anche per me questa non sia l'ultima predica? E chi può dire che per qualcuno di noi questa non sia l'ultima predica che ascolta? Che sappiamo noi se saremo ancora in vita alla fine dell'anno o soltanto fra cinque giorni... «Nel mezzo della vita, siamo circondati dalla morte». «Il mio tempo si trova nelle tue mani». Ciò significa pure: il mio tempo non appartiene a me; mi è solo prestato e mi può essere tolto ad ogni istante. E allora mi si interrogherà: Ma chi sei stato tu, esattamente, durante questo tempo? Che hai fatto del tempo che ti era stato affidato? E noi che risponderemo? A nulla serviranno i pretesti, i mascheramenti, le scuse. Sarà lui a rispondere: colui nelle cui mani si trova il nostro tempo.
E per noi, tutto dipenderà da quello che egli dirà. Avessimo ancora alcunché da aggiungere, avrà valore soltanto una cosa: «Il sangue di Cristo e la sua giustizia, mio ornamento e mia divisa di gloria; con questa mi presenterò dinanzi a Dio, quando entrerò in cielo». Soltanto questo! Merita riflettere anche su questa realtà. Noi ci troviamo ora qui uniti; ciò deve servire, pure, a far convergere i nostri pensieri su questa verità; farcela ripetere questa verità di cui tutti abbiamo bisogno.
Ma prima vorrei dilucidare tutt'altra cosa.
Non si afferma: il nostro tempo umano - ciò che noi chiamiamo tempo - sta nelle mani di Dio. Dio, infatti, è signore del tempo, il quale inizia e termina con lui. Ciò sarebbe pure bello e giusto. Sarebbe una importante asserzione per un buon discorso a carattere religioso e darebbe una informazione salutare su noi stessi, il nostro tempo e nei riguardi di Dio. Perché, ora, non dovremmo farcela annunciare?
La parola del Salmo, però, suona diversamente: «Il mio tempo sta nelle tue mani». Notate la differenza? Così come si presenta, l'espressione è un rivolgere la parola, è un brano da una storia. Non certo una storia di quelle che possiamo ascoltare o leggere o seguire al cinema, alla televisione o in teatro; una storia, bensì, di cui siamo parte noi stessi e alla quale possiamo e dobbiamo assistere e partecipare.
Qui son io con il mio tempo e qui è Dio. E’ chiaro che egli mi ha detto qualche cosa e la parola ora spetta a me: ora posso e devo anch'io dire ciò che so. Non qualche cosa del tempo in generale, ma del mio tempo, non qualche cosa su un grande sconosciuto, il quale, per tradizione, porta il nome di «Dio». Anzi: non qualche cosa di Dio (è sempre pericoloso, quando noi uomini parliamo di Dio), bensì qualche cosa a Dio che mi sta di fronte realmente: a Dio che io conosco e che, soprattutto, conosce anche me e al quale posso dare del «tu», come me lo da egli, il quale ora attende che io parli con lui, a lui.
In questa sera di san Silvestro, noi ci troviamo nel mezzo di questa storia, in questo dialogo. Di più ci troviamo nel nostro tempo e Dio è realmente presente; quel Dio il quale (per esempio a Natale) ci ha comunicato tante cose, al quale noi possiamo e dobbiamo rispondere; di fronte al quale noi siamo in grado unicamente di affermare e confessare, - come egli si rapporta a noi -: che il mio tempo si trova nelle tue mani.
Il mio tempo. Che significa? Il mio tempo non è altro se non la mia esistenza terrena: il mio passato, quindi, fin dalla nascita e il mio futuro fino alla morte. Inoltre, cosa più meravigliosa: il mio presente, il continuo passaggio dal passato al futuro, l’istante attuale che affiora di continuo per sparire di nuovo; questo momento, questa sera al termine del 1961. La nostra esistenza è lo spazio che è dato a tutti noi; l’occasione che ci viene offerta per vivere. Questo spazio non esisterà più al sopraggiungere della morte; l’occasione sarà allora sfumata. Questa mia esistenza - breve e lunga - sta nelle tue mani.
«Il mio tempo» significa però, anche, qualche cosa d'altro. La parola che Lutero ha tradotta con «mio tempo» propriamente significa: la mia sorte. Il mio tempo è dunque la storia della mia vita: tutto ciò che accade durante la mia esistenza; tutto ciò che ho fatto oppure omesso e che in futuro farò oppure ometterò, persino quello che in quest'ora faccio o tralascio. Il mio tempo è la storia di tutta la mia vita con ciò che ho sofferto e operato e forse soffrirò e farò ancora; tutta la mia vita con quanto sono stato, sono e sarò. Questa mia vita è nelle tue mani!
Volendo riassumere, si può dire semplicemente così: «Il mio tempo»: questo sono io: l’io che l’ha vissuto e lo vive e vorrebbe viverlo ancora un po', io stesso con tutto quanto comprendo e non comprendo, con ciò che posso e non posso, con i miei lati buoni e meno buoni, con le mie doti e con i miei difetti. Il mio tempo: sono io stesso con la mia alta destinazione di amare Iddio mio Signore, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le mie forze e di amare il mio prossimo come me stesso. Il mio tempo: sono io stesso con l’abisso di menzogna e assurdità che sussistono in me. Ora dunque: io, come ero, sono e sarò e come tu ben mi conosci: con tutto me stesso sono nelle tue mani.
Merita considerare bene in questa sede pure la parolina «sta». Il mio tempo non giace, quindi, in qualche posto come una borsetta che qualcuno ha perduto nel tram o altrove. Non rotola nemmeno come una palla sfuggita da chissa' quale mano. Nemmeno trema come fogliame nel bosco. Non dondola e vacilla come un ubriaco. Il tempo «sta». Viene trattenuto. Viene portato. E’ assicurato. Non «sta» per il fatto che io sia un giovane ben saldo sulle gambe: nessuno di noi lo è. Il tempo «sta» perché è nelle tue mani. E ciò che è nelle tue mani ha il carattere della stabilità. In te sta dunque: il mio ieri, il mio oggi e il mio domani con i suoi segreti e le sue manifestazioni palesi. Là c’è il mio tempo, la storia della mia vita; io stesso, già prima - molto prima - che nascessi ero nelle tue decisioni, dall'eternità. E là rimarrò: non soltanto fino alla mia morte, ma oltre essa, per sempre. Nulla, proprio nulla di ciò che è avvenuto, avviene e avverrà, andrà perso, dimenticato, cancellato. Io sono, io vivrò, anche se dovessi subito morire, perché la mia vita sta nelle tue mani.
E solo ora viene la cosa principale: «Il mio tempo sta nelle tue mani». Se qualcuno tiene alcunché nelle mani, è da ammettere che ciò gli appartenga per il momento, che ne abbia bisogno in quell'istante e se ne prenda, quindi, cura. Ma qui il discorso non riguarda le mani di uno qualsiasi, ma quelle di Dio. Se il mio tempo si trova nelle tue mani, allora esso appartiene a te fin dall'inizio e definitivamente: tu l’userai e ne avrai sempre bisogno. E ne deriva che tu, senza limiti e senza cessare mai, ti prendi cura del tempo e di me.
Il mio tempo sta nelle tue mani. Non nelle mani di un oscuro, tetro destino dinanzi al quale si sente ribrezzo e si ha paura; con il quale si potrebbe discutere, lottare; con il quale ci si potrebbe battere, internamente e esternamente. Con il destino io potrei venire a discussione. Con te, mio Dio, non lo posso fare; non mi resta che accordarmi.
Il mio tempo non si trova, nemmeno, nelle mani di qualche grande o piccolo uomo, al quale, prima o poi, mi appoggio, dal quale, lentamente, a poco a poco, potrei liberarmi.
E la cosa più importante: il mio tempo non sta nelle mie mani. E’ una vera fortuna che io non debba ricorrere a me stesso, come persona di riguardo; posso ammirare, infatti, e rispettare la mia saggezza, ma essa non mi lascia tranquillo per il fatto che sono capace di sciocchezze dinanzi alle quali tutti i momenti potrei spaventarmi. E’ un bene, quindi, che io non sia padrone di me stesso, che il mio tempo non si trovi nelle mie mani. Il mio tempo, la mia vita, tutto di me stesso è nelle tue mani. Mi domanderete: ma Dio ha mani? Naturalmente, Dio ha mani: diverse, molto migliori, molto più abili, molto più forti delle nostre branche. Che significa: mani di Dio? Permettetemi che mi esprima anzitutto così: le mani di Dio sono le sue opere, le sue azioni, le sue parole, le quali - lo sappiamo e non vogliamo saperlo - ci circondano da ogni lato, ci portano, ci sostengono. Tutto questo però potrebbe ancora essere detto e inteso soltanto metaforicamente, simbolicamente. C'è un punto, però, nel quale cessa la immagine e il simbolismo e la faccenda delle mani di Dio diventa molto seria: là dove tutte le azioni, le opere e le parole di Dio hanno il loro inizio, il loro centro e il loro scopo: «le tue mani», le mani, cioè del nostro Salvatore Gesù Cristo. Sono quelle mani che egli ha ben aperte quando ha gridato: «Venite tutti da me, voi che siete stanchi e affaticati ed io vi ristorerò». Sono le mani con le quali egli ha benedetto i bambini; con le quali ha toccato e guarito i malati. Sono le mani con le quali egli ha spezzato il pane e l'ha distribuito ai cinquemila nel deserto e poi, ancora una volta, ai suoi discepoli, prima di morire. Sono infine e soprattutto quelle mani inchiodate in croce per la nostra riconciliazione con Dio. Fratelli e sorelle: queste sono le mani di Dio: le forti mani di un padre; le buone, delicate, tenere mani di una madre; le fedeli, soccorritrici mani di un amico; le mani misericordiose di Dio, nelle quali si trova il nostro tempo, nelle quali ci troviamo tutti noi.
Di lui, del nostro Salvatore è stato detto che, venendo lui, si è compiuto il tempo. Ciò vuol dire che in lui il tempo ha ricevuto significato - ogni tempo e quindi anche quello di ciascuno di noi. Ecco dunque: nelle tue mani, - nelle mani del tuo diletto Figlio - c'è il mio tempo, c'è la mia vita e ci sono anch'io. Egli, il tuo diletto Figlio, ha affermato: «Nessuno verrà strappato dalle mie mani». Avete capito bene? Nessuno: nessuno, nessun uomo, nessun angelo e nessun demonio; nemmeno il mio peccato e la mia morte. Nessuno può e riuscirà a strappare tutto ciò dalla mia mano.
Io sono ben protetto, sicuro, salvato in queste tue mani divine. Nelle tue mani si trova il mio anno 1960 con quanto esso mi ha portato o tolto; con quello che ho fatto di buono e meno buono. Nonostante tutto, l'anno che sta per finire è stato un anno di salvezza, di grazia. Se non me ne fossi accorto, non l'avessi notato, lasciamocelo dire in queste ultime ore: è stato un anno di salvezza e di grazia perché si trovava nelle tue mani. In queste tue mani ci sarà però anche il mio 1961 con tutto ciò che può e non può avvenire, con quello che farò di buono e meno buono, con ciò che per me sarà facile, o addirittura molto difficile. Non sarà un anno qualsiasi, perché sarà, sempre, il tuo anno, un «anno del Signore». E in questa tua grazia e sotto la tua signoria c'è pure l'ora nella quale noi attualmente ci troviamo uniti, il nostro misterioso presente tra il passato e l'avvenire, dunque: il mistero di questo momento. Sapete cosa è il suo mistero? L'invito fatto sottovoce o anche ad alta voce, che arriva adesso a tutti noi: «Oggi, se ascoltate la sua voce, non vogliate indurire il vostro cuore». Per il fatto che il mio tempo, proprio questa mia ora è nelle tue mani, essa è per me, per te, per tutti noi, un'ora decisiva.
Concludo con un consiglio e una preghiera:
Che ne direste, se noi - ciascuno e ciascuna di noi - ripetessimo ancora una volta a Dio, prima di andare a dormire, sottovoce oppure forte, ciò che abbiamo udito or ora: «Il mio tempo sta nelle tue mani». Se questa fosse la nostra ultima espressione nell'anno vecchio, confermerebbe che noi abbiamo detto la verità. Questa è infatti la verità: «Il mio tempo sta nelle tue mani». Iddio attende che noi finalmente - fosse pure nell’ultima ora - diciamo la verità. Che bella fine d'anno!
Che ne direste, ancora, se noi domani mattina, al risvegliarci, dicessimo, forte o sottovoce, la stessa cosa: «Il mio tempo sta nelle tue mani?». Se questa fosse la nostra prima espressione nel nuovo anno, diremmo ancora la verità con lo sguardo rivolto al futuro. Dio aspetta che incominciamo una buona volta a dire la verità e questa è la verità: «Il mio tempo sta nelle tue mani». Che bell'inizio d'anno! Dunque, che ne direste se facessimo così? Che bella fine e che bel principio! Amen.
Preghiera finale
Signore, nostro Padre! Tu ci dici oggi, - come ci hai detto ieri e ci dirai domani - che ci hai amati da sempre e per pura bontà ci hai attirati a te. Ti ascoltiamo, ma fa' in modo che ti ascoltiamo bene, ti crediamo, ma aiuta la nostra incredulità. Vorremmo ubbidirti, ma metti la parola fine a tutto ciò che è troppo debole o troppo forte in noi, affinché possiamo ascoltarti realmente e rettamente. Abbiamo fiducia in te, ma allontana tutti i fantasmi dai nostri cuori e dalle nostre teste, affinché possiamo avere fiducia in te interamente e lietamente. Ci rifugiamo in te, ma fa' che seriamente lasciamo indietro ciò che deve rimanere indietro e guardiamo in avanti procedendo in serena fiducia.
Aiuta in questo tutti coloro che sono in questa casa; ma anche tutti gli smarriti, gli amareggiati, i disperati in questa città e nel mondo intero; tutti gli altri detenuti; tutti gli ammalati negli ospedali e nei manicomi; coloro che comandano e hanno potere nella politica; i popoli che chiedono pane, giustizia, libertà e che lottano, per questo, con la ragione o irragionevolmente; i maestri e gli educatori, la gioventù alle loro cure affidata; le chiese di ogni forma e di ogni credo: tutti possano custodire e diffondere la pura luce della tua parola.
C’è tanto, vicino o lontano, che ci può rendere tristi e incerti; talvolta anche furenti o indifferenti. In te l'ordine, la pace, la libertà, la gioia nella perfezione. Nell'anno vecchio tu sei stato per noi, e per il mondo intero, la speranza; lo sarai anche nel nuovo. Noi innalziamo i nostri cuori: no, innalza tu a te i nostri cuori. A te, tu che sei il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sia la gloria: come ieri così oggi; come oggi, così domani e nell'eternità. Amen.