venerdì 28 gennaio 2011

La Speranza che dà senso alla vita.


Da "La Bussola Quotidiana" di oggi, 28.01.2011
Ho sempre cercato di condividere con altri quel che scoprivo dall’esperienza di vita e dalla ricerca libresca, cercando però di fare l’informatore e non il pedagogo, il cronista e non il maestro. E l’ho sempre fatto per mezzo di giornali e di libri, non accettando le proposte che negli anni mi sono state fatte di fare il docente in qualche scuola. Con tutto il rispetto (che è grande) per i professori, non sono mai entrato nella loro categoria.
Ma in questi tempi così caotici per il nostro Paese, in questo cocktail quotidiano di una politica fatta di grida e di trappole, di dossier e di veleni, qualche giovane mi chiede di attingere dalla mia ormai non breve esperienza e di aiutarlo a capire. Gli rispondo che, se avessi avuto degli allievi, avrei cercato innanzitutto di insegnare loro quella che per il convertito Chesterton era tra le maggiori virtù cristiane.
L’ironia, cioè, di chi sa guardare alle cose del mondo prendendole talvolta sul serio ma mai sul tragico. Il sorriso – non beffardo, alla Voltaire, s’intende ma, per l’appunto, ironico – dell’uomo di fede che sa che di tragedia vera ce ne è una sola. La tragedia di far fallimento negli anni di prova che ci sono stati dati e di presentarsi a mani vuote (se non, piene di colpe e di errori) a quel Giudizio che deciderà della nostra eternità.
Ma perché tanti uomini di Chiesa, in questi decenni, non ci hanno più ricordato, anzi hanno cercato di nasconderci, che il vero progetto cristiano, la Speranza che dà senso alla vita, la sola cosa che davvero ci importi , è schivare l’inferno e raggiungere il paradiso, se necessario pagando il giusto tributo al purgatorio?
Il nostro dramma, diceva il solito Pascal, è prendere sul serio ciò che è secondario e rimuovere ciò che essenziale, cioè l’impegno di ogni ora, di ogni giorno per salvarci per sempre. Attenti, non sono di certo un apocalittico, un escatologico, un estremista che proponga come ideale i monaci nelle grotte dell’antico deserto egiziano. Al contrario, sono uno che ogni giorno legge molti giornali e molti giornali ha contribuito a fare, uno che di tutto può essere sospettato tranne che di ascetismo, uno che nelle vicende della vita è stato coinvolto e troppo spesso non è stato estraneo – ahimè – non solo all’errore ma anche al peccato.
Ma cerco di coltivare quell'altra virtù cristiana che è il realismo, da cui deriva poi l'ironia che Chesterton raccomandava. Proprio in nome di questo realismo, sapete dirmi perché io - per sola grazia di Dio persuaso della verità cristiana, anche se tante volte incoerente - perché dovrei appassionarmi, magari prendere sul tragico , le vicende di una politica come quella italiana in particolare e del mondo in generale? Da realista, mi chiedo: che mi servirà "quel giorno" (dies irae lo chiamavano i nostri fratelli medievali ma sarà anche, per fortuna, un dies misericordiae, sennò nessuno di noi la farà franca), che mi servirà, dunque, aver dato il meglio delle mie energie , dei miei sentimenti, del mio tempo per schierarmi per un Berlusconi o per un Bersani, per un Di Pietro o per un D’Alema? O, anche, se volete per un Obama o un Sarkozy, per un Putin o per una Merkel?
D’accordo, d’accordo, so assai bene che – per la consueta logica dell’et-et cattolico – l'impegno per la vita eterna passa per l’impegno nel mondo, so che l’eternità si costruisce nella storia. So, so tutto, o quasi: ma ai miei ipotetici allievi consiglierei di impegnarsi sì nel mondo, però non dimenticando mai di farlo con quel sorrisetto bonariamente ironico di chi sa, con san Paolo, che "passa la scena di questo mondo". E che sa che a salvarci non sarà il premier di alcuno stato o partito. V.Messori