domenica 3 marzo 2013

Benedetto XVI: Angelus della III Domenica di Quaresima - Anno "C"


Il Papa lascia il Vaticano in elicottero


Una domenica  particolare, questa: senza il Papa. Viviamo in attesa piena di trepidazione questo Tempo tanto tanto importante. Di seguito propongo la lettura degli Angelus che Benedetto XVI ha dedicato alla III Domenica di Quaresima nel 2010 e nel 2007, quando ricorreva l'anno "C".


BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 7 marzo 2010

  
Cari fratelli e sorelle,
la liturgia di questa terza domenica di Quaresima ci presenta il tema della conversione. Nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, Mosè, mentre pascola il gregge, vede un roveto in fiamme, che non si consuma. Si avvicina per osservare questo prodigio, quando una voce lo chiama per nome e, invitandolo a prendere coscienza della sua indegnità, gli comanda di togliersi i sandali, perché quel luogo è santo. “Io sono il Dio di tuo padre – gli dice la voce – il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”; e aggiunge: “Io sono Colui che sono!” (Es 3,6a.14). Dio si manifesta in diversi modi anche nella vita di ciascuno di noi. Per poter riconoscere la sua presenza è però necessario che ci accostiamo a lui consapevoli della nostra miseria e con profondo rispetto. Diversamente ci rendiamo incapaci di incontrarlo e di entrare in comunione con Lui. Come scrive l’apostolo Paolo, anche questa vicenda è raccontata per nostro ammonimento: essa ci ricorda che Dio si rivela non a quanti sono pervasi da sufficienza e leggerezza, ma a chi è povero ed umile davanti a Lui.
Nel brano del Vangelo odierno, Gesù viene interpellato circa alcuni fatti luttuosi: l’uccisione, all’interno del tempio, di alcuni Galilei per ordine di Ponzio Pilato e il crollo di una torre su alcuni passanti (cfr Lc 13,1-5). Di fronte alla facile conclusione di considerare il male come effetto della punizione divina, Gesù restituisce la vera immagine di Dio, che è buono e non può volere il male, e mettendo in guardia dal pensare che le sventure siano l’effetto immediato delle colpe personali di chi le subisce, afferma: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,2-3). Gesù invita a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione: le sventure, gli eventi luttuosi, non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio, e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare la vita. Di fronte al peccato, Dio si rivela pieno di misericordia e non manca di richiamare i peccatori ad evitare il male, a crescere nel suo amore e ad aiutare concretamente il prossimo in necessità, per vivere la gioia della grazia e non andare incontro alla morte eterna. Ma la possibilità di conversione esige che impariamo a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede, animati cioè dal santo timore di Dio. In presenza di sofferenze e lutti, vera saggezza è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza e leggere la storia umana con gli occhi di Dio, il quale, volendo sempre e solo il bene dei suoi figli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande.
Cari amici, preghiamo Maria Santissima, che ci accompagna nell’itinerario quaresimale, affinché aiuti ogni cristiano a ritornare al Signore con tutto il cuore. Sostenga la nostra decisione ferma di rinunciare al male e di accettare con fede la volontà di Dio nella nostra vita.

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BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
III Domenica di Quaresima, 11 marzo 2007

Cari fratelli e sorelle!
La pagina del Vangelo di Luca, che viene proclamata in questa terza Domenica di Quaresima, riporta il commento di Gesù a due fatti di cronaca. Il primo: la rivolta di alcuni Galilei, che era stata repressa da Pilato nel sangue; il secondo: il crollo di una torre a Gerusalemme, che aveva causato diciotto vittime. Due avvenimenti tragici ben diversi: l’uno causato dall’uomo, l’altro accidentale. Secondo la mentalità del tempo, la gente era portata a pensare che la disgrazia si fosse abbattuta sulle vittime a motivo di qualche loro grave colpa. Gesù invece dice: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei? … O che quei diciotto fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?" (Lc 13,2.4). E in entrambi i casi conclude: "No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti nello stesso modo" (13,3.5).
Ecco, dunque, il punto al quale Gesù vuole portare i suoi ascoltatori: la necessità della conversione. Non la propone in termini moralistici, bensì realistici, come l’unica risposta adeguata ad accadimenti che mettono in crisi le certezze umane. Di fronte a certe disgrazie – Egli avverte – non serve scaricare la colpa sulle vittime. Vera saggezza è piuttosto lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza e assumere un atteggiamento di responsabilità: fare penitenza e migliorare la nostra vita. Questa è sapienza, questa è la risposta più efficace al male, ad ogni livello, interpersonale, sociale e internazionale. Cristo invita a rispondere al male prima di tutto con un serio esame di coscienza e con l’impegno a purificare la propria vita. Altrimenti – dice – periremo, periremo tutti nello stesso modo. In effetti, le persone e le società che vivono senza mai mettersi in discussione hanno come unico destino finale la rovina. La conversione, invece, pur non preservando dai problemi e dalle sventure, permette di affrontarli in "modo" diverso. Anzitutto aiuta a prevenire il male, disinnescando certe sue minacce. E, in ogni caso, permette di vincere il male con il bene, se non sempre sul piano dei fatti – che a volte sono indipendenti dalla nostra volontà – certamente su quello spirituale. In sintesi: la conversione vince il male nella sua radice che è il peccato, anche se non sempre può evitarne le conseguenze.
Preghiamo Maria Santissima, che ci accompagna e ci sostiene nell’itinerario quaresimale, affinché aiuti ogni cristiano a riscoprire la grandezza, direi la bellezza della conversione. Ci aiuti a comprendere che fare penitenza e correggere la propria condotta non è semplice moralismo, ma la via più efficace per cambiare in meglio se stessi e la società. Lo esprime molto bene una felice sentenza: Accendere un fiammifero vale più che maledire l’oscurità.