martedì 19 marzo 2013

Papa Francesco: "Quando ero seminarista mi colpì una ragazza..."

“La salvezza? Lui ti ama prima. E tu ti lasci amare. La salvezza è proprio questo incontro”.
Papa Francesco (nato Jorge Mario Bergoglio,1936)

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 Tweet di Papa Francesco: “Custodiamo Cristo nella nostra vita, abbiamo cura gli uni degli altri, custodiamo il creato con amore" (19 marzo)

Secondo tweet oggi di Papa Francesco : “Il vero potere è il servizio. Il Papa deve servire tutti, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli” (19 marzo)

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Il cardinal Bergoglio sul celibato sacerdotale (da una conversazione con il rabbino Abraham Skorka)


Quando ero seminarista mi colpì una ragazza che avevo conosciuto al matrimonio di uno zio. Rimasi sorpreso dalla sua bellezza, dalla sua luce intellettuale... e restai confuso un bel po', mi girava la testa. Quando tornai in seminario dopo il matrimonio non riuscii a pregare per un'intera settimana perché quando mi disponevo a farlo nella mia testa appariva l'immagine della ragazza. Dovetti ripensare a cosa facevo. Ero ancora libero perché ero seminarista, potevo tornarmene a casa e addio a tutto. Dovetti ripensare alla mia scelta. Scelsi di nuovo – o mi lasciai scegliere di nuovo – il cammino religioso. Sarebbe anormale se non accadessero cose del genere. Quando accadono, bisogna ricollocarsi. Bisogna vedere se si torna a fare la stessa scelta o si dice: “No, questa cosa che sto provando è molto bella, ho paura di non essere in seguito fedele al mio impegno, lascio il seminario”. Quando succede una cosa del genere a un seminarista, lo aiuto ad andarsene in pace, ad essere un buon cristiano e non un cattivo sacerdote. Nella Chiesa occidentale, alla quale appartengo, i sacerdoti non possono sposarsi come nelle Chiese cattoliche bizantina, ucraina, russa o greca. In queste, i sacerdoti possono sposarsi; i vescovi no, devono essere celibi. Sono bravissimi sacerdoti. A volte dico loro che hanno una donna in casa ma non si sono resi conto del fatto che si sono presi anche una suocera. Nel cattolicesimo occidentale, il tema viene affrontato sotto la spinta di alcune organizzazioni. Per ora si mantiene salda la disciplina del celibato. C'è chi dice, con un certo pragmatismo, che stiamo perdendo “manodopera”. Se, ipoteticamente, il cattolicesimo occidentale rivedesse il tema del celibato, credo che lo farebbe per ragioni culturali (come in Oriente), non tanto come opzione universale. Per il momento sono a favore del mantenimento del celibato, con i pro e i contro che implica, perché sono dieci secoli di esperienze positive più che di errori. Ciò che accade è che dopo vengono fuori gli scandali. La tradizione ha peso e validità. I ministri cattolici hanno scelto il celibato a poco a poco. Fino al 1100 c'era chi optava per il celibato e chi no. In seguito, in Oriente si è seguita la tradizione non celibataria, come opzione personale, e in Occidente il contrario. È una questione di disciplina, non di fede. Si può cambiare. A livello personale, non mi è mai passata per la testa l'idea di sposarmi, ma ci sono altri casi. Si pensi al presidente del Paraguay Fernando Lugo, un tipo brillante. Quando era vescovo ha avuto una caduta ed ha rinunciato alla diocesi. È stato onesto in questa decisione. A volte ci sono dei sacerdoti che cadono in questo. Se uno di loro viene e mi dice che ha messo incinta una donna, lo ascolto, cerco di far sì che abbia la pace e a poco a poco lo faccio rendere conto che il diritto naturale precede il suo diritto come sacerdote. Deve quindi lasciare il ministero e farsi carico di quel figlio, anche se decide di non sposarsi con quella donna, perché come quel bambino ha diritto di avere una madre, ha diritto di avere il volto di un padre. Mi impegno a occuparmi di tutti i documenti a Roma, ma deve lasciare tutto. Ora, se un sacerdote mi dice che ha una infatuazione, che ha avuto qualche caduta, lo aiuto a correggersi. Ci sono sacerdoti che si correggono e altri che non lo fanno. Alcuni, purtroppo, non lo dicono neanche al vescovo. 

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Quando Bergoglio marciava contro le unioni gay


L’allora cardinale Bergoglio, oggi Papa Francesco, nella sua veste di Arcivescovo di Buenos Aires, condannò pubblicamente la proposta di legge in discussione al Senato argentino sulla legalizzazione del matrimonio e delle adozioni omosessuali. Scrisse lettere e appelli, convocò per domenica 11 luglio 2010 una marcia contro il matrimonio omosessuale e fece leggere in tutte le chiese, durante le messe, il seguente duro messaggio:
Al popolo di Dio e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà
1.     Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità (cf. 1 Tm 2,4). Per questo ha stabilito con l’uomo un dialogo di salvezza, che è culminato con l’incontro di Gesù Cristo, nostro Signore e compagno di cammino. La Chiesa è chiamata a estendere questo dialogo al consesso umano. Ma il dialogo se vuole essere fecondo deve essere chiaro, sereno, semplice e credibile. Tutto ciò implica il rispetto dovuto a chi vive, sente e pensa in modo differente. Tutti siamo chiamati all’amore di Dio. La chiarezza del dialogo, però, esige una capacità di discernimento in ordine all’affermazione della verità, sulla quale i Pastori non possono tacere. Ciò non significa disprezzo o discriminazione.
2.     L’essere umano è stato creato a immagine di Dio. Questa immagine si riflette non solo nella singola persona ma anche nella complementarità e nella reciprocità dell’uomo e della donna, nella comune dignità, e nella loro indissolubile unità, che da sempre viene chiamata matrimonio. Il matrimonio è la forma di vita nella quale si realizza una singolare comunione di persone, la quale assegna il sentimento pienamente umano all’esercizio della funzione sessuale. Alla stessa natura del matrimonio appartengono le predette qualità della differenza, complementarietà e reciprocità dei sessi, e la mirabile ricchezza della loro fecondità. Il matrimonio è un dono della creazione. Non vi è una realtà analoga che possa eguagliarlo. Non è un’unione qualsiasi tra persone, ma possiede caratteristiche proprie ed irrinunciabili che fanno del matrimonio la base della famiglia e della società. Così è stato riconosciuto nelle grandi culture del mondo. Così lo riconoscono i trattati internazionali recepiti dalla nostra Costituzione nazionale  (art. 75). Così lo ha sempre inteso il nostro popolo.
3.     Spetta all’autorità pubblica tutelare il matrimonio tra un uomo e una donna attraverso il riconoscimento normativo, per assicurare e favorire la sua insostituibile funzione e il suo contributo al bene comune della società. Qualora si attribuisse un riconoscimento legale all’unione tra persone dello stesso sesso, o le si garantisse uno status giuridico analogo al matrimonio e alla famiglia, lo Stato agirebbe illegittimamente e si porrebbe in contraddizione con i propri obblighi istituzionali, alterando i principi della legge naturale e dell’ordinamento pubblico della società argentina.
4.     L’unione tra persone dello stesso sesso difetta degli elementi biologici e antropologici propri del matrimonio e della famiglia. È priva della dimensione coniugale e dell’apertura alla procreazione. Al contrario, il matrimonio e la famiglia che in esso si fonda, costituisce il focolare delle nuove generazioni umane. Fin dal loro concepimento i figli hanno il diritto inalienabile di svilupparsi nel grembo della proprie madri, di nascere e crescere nell’ambito naturale del matrimonio. Nella vita familiare e nella relazione con il proprio padre e la propria madre, i figli scoprono la loro identità e apprendono la loro autonomia personale.
5.     Prendere atto di un'oggettiva differenza non significa discriminare. La natura non discrimina quando ci crea uomini o donne. Il nostro codice civile non discrimina quando esige il requisito di essere uomo o donna per contrarre matrimonio, ma riconosce una realtà naturale. Le situazioni giuridiche di reciproco interesse tra le persone dello stesso sesso possono essere sufficientemente tutelate attraverso il diritto comune. Pertanto, sarebbe una discriminazione ingiusta nei confronti del matrimonio e della famiglia attribuire al fatto privato dell’unione tra persone dello stesso sesso uno status di diritto pubblico.
6.     Facciamo appello alla coscienza dei nostri legislatori affinché nell’affrontare una questione tanto grave, tengano conto di queste verità fondamentali, per il bene della Patria e delle sue future generazioni.
7.     Nel presente clima pasquale, e all’inizio del sessennio 2010-2016 del bicentenario della Patria, esortiamo i nostri fedeli a pregare intensamente nostro Signore Dio affinché illumini i nostri governanti e specialmente i legislatori. Chiediamo, altresì, che i fedeli non vacillino nel proclamare la difesa e la promozione dei grandi valori che hanno forgiano la nostra nazione e che costituiscono la speranza della Patria”. (G. Amato)