martedì 19 marzo 2013

Papa Francesco, il volto di un padre



 

La festa di san Giuseppe, giorno della Messa di inizio del Pontificato è anche la festa del papà. E il mondo è alla ricerca di figure paterne autentiche


"Papa Francesco". È bello pronunciarlo in una famiglia dove da 22 anni c'è un "papà Francesco".
In buona compagnia se è vero che il nome del Santo di Assisi è ai primi posti tra i battezzati di ogni continente, ma c'è un riferimento più significativo: siamo francescani secolari, appartenenti cioè a quel Terz'Ordine fondato dal Padre Francesco per i laici che vivono nel mondo.
E sul seguire il Vangelo nello spirito francescano abbiamo fondato il nostro matrimonio e la nostra famiglia a partire dalla celebrazione quel lontano dicembre '89 quando è stato offerto all'altare un grande (proprio grande) Crocifisso di San Damiano che campeggia da sempre in salotto, mentre quei Tau di legno appesi al collo con un semplice cordino ad alcuni amici e colleghi han creato più stupore della splendida "enrosadira" delle cime dolomitiche d'inverno. E ad Assisi, al termine di una Marcia francescana, la decisione di sposarci.
Così c'è quasi una contraddizione: si è dimesso un papa che conoscevamo bene, un papa "di casa" che avevamo incontrato "prima" che diventasse Benedetto XVI, un papà per metà sudtirolese che aveva condiviso le vicende storiche (e le esperienze religiose) dei nostri nonni.
Ed è arrivato un papa "dalla fine del mondo" che però non è affatto sconosciuto, perché avvertiamo già vicino, e non solo per il nome che ha scelto.
Nel nome può essere scritto il tuo destino dicevano gli antichi e lo ricordiamo spesso ai genitori della pastorale battesimale: un nome lo tieni per la vita e un bimbo non merita "stranezze" dei familiari, ma se il nome te lo scegli da adulto come è toccato a Jorge Mario, 266 successore di Pietro, è tutt'altra cosa.
E' vero che in tanti si aspettava un papa Francesco, ma era quasi un sogno da realizzarsi chissà quando. E' il nome del nostro Ministro provinciale, ma se in quasi 800 anni che ci separano dalla morte di Francesco nessun papa aveva deciso di chiamarsi così, un motivo ci sarà stato. Un po' come Pietro II, e chi oserebbe? Bergoglio ha osato, e non è un caso. "La scelta è un impegno, quasi una costrizione che ha voluto darsi" ha detto la preside-scrittrice Mariapia Veladiano. "Il nome è già quasi un'enciclica" ha esclamato il teologo Rosino Gibellini, che in America Latina ha il suo cuore e lo definisce un "pastore spirituale" come Giovanni XXIII.
Tra i molti che sognavano ricordo l'amico Giovanni Colombo, già presidente dell'AC milanese, che sulla rivista trentina Il Margine n.2/2012 (poi ripreso da altri) titolava "Aspettando Francesco I", una lunga riflessione maturata nel corso del concistoro del 18 febbraio. "Arriverà Francesco I? Sì. Dopo tanta preghiera del papa e, modestamente, anche di noi laici, si può star sicuri che arriverà. Sarà lui il volto migliore. Non conosciamo ancora il colore, se bianco o nero (per il giallo ci stanno lavorando in tanti, c'è un proliferare di viaggi di ecclesiastici in Cina, ma la questione pechinese ha tempi troppo lunghi perché si risolva prima dell'avvento desiderato). Però conosciamo già il nome. Si chiamerà Francesco I.
Il giorno dopo l'elezione, affiderà all'UNESCO, quali siti artistici, i Palazzi Vaticani, metterà in vendita Castelgandolfo, chiuderà lo IOR, affidando i soldi alla banca popolare etica. Abiterà per lunghi mesi ad Assisi e scenderà a Roma - in treno - per celebrare i riti principali nella "vera" cattedrale del vescovo di Roma, quella di San Giovanni in Laterano. Molte cerimonie le farà all'aperto, sul Monte Subasio o su culmini di colline dove non si innalza alcun tempio. Inviterà a sedersi rispettosamente sull'erba ...". Il testo prosegue con tante altre "opzioni" tra cui le dimissioni a 80 anni, l'abolizione dei cardinali per stabilire grandi elettori i rappresentanti delle conferenze episcopali ...
Non conosciamo il futuro, ma dalla sera del 13 marzo l'attenzione è su di lui, un'attenzione che si fa approvazione al punto da creare disagio in quanti, tra i cattolici, si aspettavano "altro". Altro volto, altro profilo, altri gesti, altre parole. Eppure è proprio questo che l'ha avvicinato a molti: finora ci si stupiva della "distanza" con cui i laici guardavano al papa e alla Chiesa, oggi dovremmo solo gioire se il gap si è raccorciato.
L'abito non fa il monaco (è uno dei pochi proverbi che condivido), ma il Los Angeles Times ha comunque notato l'abbigliamento "semplice" e il discorso "casual", nella Mitteleuropa quella frase sul creato (col quale "non abbiamo una relazione tanto buona, no?") pronunciata nell'incontro con la stampa ha già lasciato il segno come quella sul movimento verde pronunciata da papa Ratzinger al Bundestag (e sarà il patriarca "verde" Bartolomeo I ad intervenire martedì, per la prima volta dopo lo scisma d'Oriente del 1054).
Su tutto ha già lasciato il segno quell'espressione sulla "Chiesa povera e per i poveri". L'opzione preferenziale per i poveri non è un'invenzione sua (cfr. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis n. 42, CEI Evangelizzazione e testimonianza della carità, 42-43), ma ce l'eravamo un po' dimenticata come comunità ecclesiale, e non solo in Italia. Come quei termini "popolo di Dio" e "vescovo di Roma", o quella "chiesa di Roma che presiede nella carità". Carità che declina come "misericordia" ("Un po' di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto" al primo Angelus, quasi recensendo al volo l'ultimo libro del card. Kasper) evidentemente d'accordo con san Paolo come dichiarava lui stesso in un'intervista a EWTN all'indizione dell'Anno della Fede "rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!" (1Cor 13,13).
E' stata la carità che ha indotto Francesco a recarsi dal sultano d'Egitto Malik al-Kamil nel 1219 durante la quinta crociata e questo papa viene salutato positivamente anche dall'islam e chissà che non ne vediamo i frutti in termini di pace.
"Il nostro Dio è un Dio che si avvicina. È un Dio che si fa vicino. Un Dio che ha iniziato a camminare con il suo popolo e si è fatto uno di loro come Gesù Cristo, per esserci più vicino" diceva così da cardinale e oggi ce lo testimonia da "pontefice che si è fatto uomo" ha scritto domenica il priore Enzo Bianchi.
Non solo il nome, anche i gesti e le parole sono quasi un'enciclica, come quel rispetto per i giornalisti non credenti cui ha impartito una benedizione silenziosa. Il mondo ha bisogno di vicinanza, di umanità, di misericordia.
E forse uno dei commenti più belli sono le parole di mons. Loris Capovilla, 98 anni, già segretario di papa Giovanni XXIII: "è un padre, e abbiamo tutti bisogno, ad ogni età della vita, della tenerezza di un padre".
La Festa di san Giuseppe, giorno dell'intronizzazione (ma la chiamerà ancora così papa Bergoglio?) è anche la festa del papà. E il mondo è alla ricerca di figure paterne autentiche, non importa se fisicamente padri, come il volto di papa Francesco. (M. T. Pontara Pederiva)