martedì 18 marzo 2014

Chi resiste a Papa Francesco



(di Cristina Siccardi) Mario Palmaro (Cesano Maderno, 5 giugno 1968 – Monza, 9 marzo 2014), prima di lasciare il mondo all’età di 46 anni non ancora compiuti, ha voluto dare un segno profondo della sua perseverante Fede: il funerale. Mercoledì 12 marzo, nel magnifico Duomo di Monza, si è celebrata una sublime Santa Messa solenne da Requiem, alla quale hanno partecipato circa 1500 persone: un atto sacro e pubblico di grande significato e di immenso valore spirituale.
Il rito latino, interamente cantato in gregoriano da un eccellente coro, è stato di una bellezza straordinaria, che tutti i presenti hanno apprezzato e compreso, benché molti abbiano assistito, per la prima volta nella loro vita, a questa forma di esequie. Il silenzio è stato assoluto, rispettato anche dalle decine e decine di bambini, che hanno respirato, in maniera edificante, tutta l’intensità religiosa e cattolica del rito di San Pio V e che Palmaro ha chiesto ed ottenuto non senza difficoltà.
Al rito liturgico erano presenti molti sacerdoti e molti rappresentanti della cultura e del giornalismo italiano, fra cui Giuliano Ferrara, positivamente impressionato dalla funzione. Proprio Ferrara insieme ad Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro ha scritto un libro uscito in questi giorni, dal titolo Questo Papa piace troppo. Un’appassionata lettura critica (Piemme, pp. 220, € 15,90).
Ferrara, uomo che ha attraversato diverse fasi del pensiero politico e filosofico, si dichiara fuori dalla Chiesa, tuttavia come egli afferma è battezzato ed è romano, inoltre non «ho fede, ma considero perduta un’umanità senza fede, fanatizzata e uniformata dall’incredulità come religione dei Lumi e del politicamente corretto» (p. 7). Guarda alla trasformazione della Chiesa e all’istituto del Papato con disincanto, con acume e con lucida preoccupazione. «Penso Francesco come un gesuita del Cinquecento e mi aspetto che illuda il mondo e deluda il demi-monde che lo applaude, corteggia, blandisce in ogni modo», a lui, laico non cattolico, ma interessato al cattolicesimo, in un certo senso piace il gesuita Francesco, lo incuriosisce e lo ritiene un rivoluzionario, e crede che sia intenzione del Pontefice perseguire il combattimento segreto e mimetico con il mondo, seguendo la spiritualità di san Pietro Favre, confratello di sant’Ignazio di Loyola. «Penso e spero che non sia un banale progressista, uno che voglia confondersi con il pensiero dominante per amore di una Chiesa garantita da pacificazione politica, accettazione storica, rassegnazione etica, anonimato culturale» (p. 8).
Riflette Ferrara sul modo bergogliano di governare la Chiesa in maniera autoritaria, brusca e sbrigativa, spogliando il potere pontificio dei segni e degli atteggiamenti sacrali, apparendo come una persona qualunque, demitizzando, così, Chiesa e Papato.
«Questo Papa piace troppo» è un pamphlet, dove troviamo un esame complessivo e sintetico dell’operato, fino ad oggi, di Papa Francesco, amato e idolatrato soprattutto dai malati dell’“ospedale da campo”, i quali vedono in lui il loro tenero e misericordioso difensore, «il beatissimo cocco di quel mondo che si vuole assolto nei peccati e nei vizietti mondani» (pp. 8-9).
Ferrara mette in luce il magistero di un Papa che parla ai figli postmoderni di Diderot e D’Alembert, che si definisce più Vescovo che Papa, che divide le mani giunte di un chierichetto, che utilizza i media a suo piacimento, che incita a prendere l’odore delle pecore, che viaggia con una borsa da lavoro, che telefona ai cittadini, che tratta il gregge riunito in folla con la tecnica sociologica e politica populista, che utilizza i mezzi dei polls per tastare il consenso della base, che ogni mattina fa un discorso «biblico-politico nella modesta cappella della sua precaria residenza» (p. 15), che offusca la persona papae nella sua astrazione e dà energia, individualità e attivismo alla personalità di chi la riveste pro tempore, tanto da dar vita al mito Bergoglio, che la maggioranza esalta e utilizza per i suoi piccoli o grandi interessi: dalla divorziata che convive alle lobby omosessuali. Per il giornalista James Carroll del “New Yorker” Papa Francesco «non è un liberal, ma se darà luogo a una svolta vera nel modo in cui il potere è esercitato nella Chiesa può rivelarsi un radical» (p. 16).
Attraverso una carrellata di gesuiti, teologi e filosofi, Ferrara offre la sua interpretazione su Papa Bergoglio e ragiona ad alta voce per giungere poi ad una decodificazione che, a conti fatti, gli sfugge di mano a causa degli ambigui e pericolosi ammiccamenti del Pontefice all’abissale ignoranza dei nostri tempi. Ignoranza della ragione, della religione, del diritto naturale, del mistero e del senso reale dell’esistenza.
Ferrara si compiace delle critiche vivaci e rispettose, illuminate da reverente devozione, dei cattolici Gnocchi e Palmaro, dei quali nel libro sono riprodotti tutti i profondi, meditati, ironici e sofferti articoli, comparsi su “il Foglio” a riguardo del Papa regnante. La coppia Gnocchi e Palmaro ha posto Francesco non sotto l’obiettivo caduco e fallace delle telecamere o di twitter o di facebook; bensì sotto quello perenne della Tradizione della Chiesa, dalla quale Jorge Mario Bergoglio esce in maniera davvero poco consolante per quei cattolici che vogliono continuare a vivere da cattolici. Leggendo i loro contributi sorge una domanda: la Chiesa è ancora protesa nell’edificazione della Città di Dio (il Dio cattolico e non ecumenico) oppure è prona alle confuse regole di una confusissima città dell’uomo?
Il libro si conclude con un’appendice del Direttore de “il Foglio”, dove in qualche modo si vede la sua simpatia per un Papa scabroso, che definisce cinquecentesco, che utilizza tutti i metodi moderni della propaganda per conquistare, con la parola e il gesto, una civiltà totalmente secolarizzata. Eppure questa sua simpatia non elide la constatazione dei fatti: «Ora la Chiesa si fa figlia del mondo, e il suo adulterio sentimentale è sotto gli occhi di tutti. Gesù è un avvocato delle nostre debolezze, come ha detto Francesco in un Angelus, e il peccato esiste solo per essere cancellato da una penitenza che, non sia mai, per la carità, deve esprimersi in una confessione benigna» (p. 201), dove il giudizio divino non è rigoroso come si è sempre detto, ma viene sostituito da una misericordia dal sapore tutto psicanalitico. (Cristina Siccardi)

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Intervista con lo storico: «La cosiddetta luna di miele con la gente continua, segno che non era una simpatia effimera. Ma ci sono resistenze negli episcopati e nel clero»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
«Nel Novecento un Papa non ha mai avuto tante resistenze come Francesco» e «le tante resistenze sono il segno che il Papa sta cambiando la Chiesa». Sono le parole forti e per certi versi sorprendenti che il professor Andrea Riccardi, storico della Chiesa, ha usato nell'ultimo editoriale su «Famiglia Cristiana» (v. infra). Vatican Insider l'ha intervistato per approfondire quelle osservazioni.

Lei ha scritto che nell'ultimo secolo nessun Papa ha avuto «tante resistenze come Francesco». Non le sembra di esagerare?

«Ho fatto quelle affermazioni da storico. Francesco si trova di fronte a resistenze interne alle strutture ecclesiastiche, agli episcopati e al clero. Mentre è evidente l'alleanza che si è instaurata con il popolo».

E le opposizioni a Paolo VI o quelle, più recenti e ben note, a Benedetto XVI?

«L'unico Papa che aveva avuto un'opposizione forte era stato, è vero, Paolo VI. Ma allora si viveva in una stagione di contestazioni generalizzate che attraversavano la Chiesa e al tempo stesso la società. Mentre per quanto riguarda le opposizioni a Benedetto XVI, che giustamente ha ricordato, erano espresse più dall'opinione pubblica esterna e internazionale. Ripeto, quelle verso Francesco sono a mi avviso più forti e sono soprattutto interne».

Può fare degli esempi di queste resistenze?

«Ci sono alcune resistenze che si sono manifestate pubblicamente, altre mugugnate, altre inespresse e caratterizzate dal silenzio e dal distacco. C'è chi non sopporta la minore insistenza della predicazione papale sui temi etici. Ma c'è anche l'approccio pastorale di Francesco che mette in discussione il modo di governare dei vescovi, che si sentono dire dalla gente: "Perché non fai come il Papa?". Non voglio fare indebite generalizzazioni, ma sono convinto del fatto che queste resistenze ci sono. Del resto Francesco nei primi sei mesi di pontificato ha detto tutto quello che pensa, i punti sui cui lavorare e cambiare. Non ha fatto come Paolo VI, che si esprimeva col contagocce, cercando di assestare sempre un colpo al cerchio e uno alla botte. Le resistenze vengono da chi non vuol mettersi in discussione e non vuole cambiare».

Perché anche il silenzio per lei equivale a una «resistenza»?

«È un modo di fare come se nulla fosse accaduto, come se il Papa non testimoniasse un modello da seguire. C'è chi sottolinea che Francesco è poco "teologo". Mi fa sorridere, se penso che prima si diceva che Benedetto XVI era "troppo teologo", a dimostrazione del fatto che il Papa "buono" è sempre quello che c'era prima. Certo, bisognerà pure far notare che oggi queste resistenze arrivano da coloro che per anni hanno sottolineato l'importanza dell'autorità del Papa e dell'obbedienza al Papa. È curioso che per alcuni valga questo ragionamento: se il Papa non è come dico io e non fa quello che dico io, è un Papa a metà. Ma il cattolicesimo non è un'ideologia, è una forza dinamica che cresce nella storia. Voglio ripeterlo: non bisogna generalizzare, perché ci sono anche tanti vescovi entusiasti e là dove il messaggio di Francesco arriva (ricordiamo che non arriva sempre e dappertutto) c'è una grande reazione positiva e una ripresa di vita nella Chiesa a livello popolare».

Alcune delle critiche più accese al Papa arrivano dalla galassia di siti e blog del cosiddetto mondo tradizionalista, ma anche - è il caso italiano - da circoli mediatico-intellettuali, come nel caso degli articoli del quotidiano «Il Foglio»...

«Sì, però quei contenuti che lei cita sono comunque espressione condivisa da settori del mondo ecclesiale. È una reazione al venir meno di una certa visione della società secolarizzata nella quale un cristianesimo minoritario combatte per certi valori etici. Francesco invece parla di un cristianesimo di popolo, missionario».

E come giudica invece la reazione dei movimenti al nuovo pontificato?

«Il cristianesimo non è un'ideologia, la Chiesa non cambia linea come cambiava linea il PCUS, ma come ho detto, cresce nella storia. I cattolici sono fedeli al Papa da Pio XII a Francesco. Questo significa essere cattolici. Altrimenti si è ideologici. E oggi ci sono riduzioni e visioni ideologiche che stanno saltando. Anche i movimenti si devono sintonizzare con "Evangelii gaudium" e non auto-riprodurre se stessi».

Nei primi mesi di pontificato c'era chi prevedeva - e in qualche caso sembrava anche auspicare - la fine della cosiddetta "luna di miele" del Papa con i media e con la gente. Invece sembra continuare...

«La luna di miele non è finita perché non è un fenomeno mediatico ma qualcosa di ben più sostanzioso. Certo, il passo necessario nella Chiesa è recepire ciò che Francesco testimonia e un modello di evangelizzazione e di pastorale che propone. È un modello davvero all'altezza delle sfide dei nostri tempi proposto da un Papa che è nato, vissuto e ha fatto il vescovo in una megalopoli come Buenos Aires».

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CHI RESISTE A PAPA FRANCESCO
di Andrea Riccardi
La simpatia della gente per il Papa non si attenua dopo un anno. Francesco guida i cristiani alla riscoperta del Vangelo (domenica scorsa ha chiesto a tutti di leggerlo). Vuole che si esca dagli spazi abituali, dalle chiese, dai luoghi comuni, per comunicare la fede, incontrare la gente, soprattutto i poveri. Parla a tutti: vescovi, preti, comunità cristiane, laici, credenti in difficoltà, religiosi, suore... Nessuno escluso, anche se le storie e le responsabilità sono diverse.
La proposta è “uscire” con fede, come dice nell’Evangelii gaudium, suo vero programma. Trovo entusiasmante partecipare a questa “primavera”. Eppure, ci sono resistenze dentro la Chiesa. Perché? È contraddittorio che cristiani non gioiscano di questa stagione felice. Soprattutto è strano che taluni, dopo aver tanto parlato dell’autorità del Papa, non prestino attenzione a Francesco.
Taluni ignorano il Papa. Ci sono le resistenze di chi non vuole cambiare, non vuole vivere in maniera impegnata o semplicemente lavorare di più. Sembrano quelle del figlio maggiore della parabola del padre misericordioso: perché tanta attenzione al figliol prodigo? Perché aprire tanto alla gente?
Ma ci sono resistenze più strutturate. Si sottovaluta il discorso del Papa, troppo semplice, e lo si contrappone a quello di Benedetto XVI, più alto e dotto (così si va contro il sentire profondo del Papa emerito). Per una visione ideologica del cristianesimo, la Chiesa non cresce e si blocca in un modello o in una formula. Forse, non ci si rende conto delle gravi sfide in varie parti del mondo rivolte al cristianesimo.
Le tante resistenze sono il segno che il Papa sta cambiando la Chiesa. Lo storico sa, però, che nel Novecento un Papa non ha mai avuto tante resistenze come Francesco. Ci fu la forte critica post-conciliare a Paolo VI. Ma allora c’era una contestazione generale verso tutti. Si critica Bergoglio perché trascurerebbe i valori etici. Lui insiste che il suo problema è comunicare soprattutto il cuore del Vangelo. L’atteggiamento del Papa, non proclive al clericalismo, aprirebbe la strada alla critica (indisciplinata) dei fedeli verso i vescovi e i preti.
In realtà, la gente recepisce l’esempio del Papa come stimolo per tutti. Non è positivo creare un movimento di interesse alla Chiesa e alla fede? La verità è che il Papa, con i suoi interventi, ha aperto il cuore, ha rivelato pensieri, preoccupazioni e priorità. Non si è comportato in maniera politica con la Chiesa. La sua è una sensibilità pastorale. Chiede di condividerla in una rinnovata missione. Una proposta franca ed evangelica mette tutti di fronte alle proprie responsabilità. Così nascono le resistenze. Ma soprattutto un vasto popolo di Dio si è messo in movimento: verso un ascolto nuovo del Vangelo e verso la gente. Come non esserne contenti?

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“Rocca” - Rassegna "Fine settimana" 
(Giannino Piana) Sono molti gli interventi di papa Francesco che riguardano l'etica; e questo non solo nei documenti ufficiali - si pensi in particolare alla Evangelii gaudium - ma anche (e soprattutto) nelle udienze pubbliche del mercoledì e nelle omelie quotidia ne di Santa (...)
Francesco, un anno dopo (di Luca Baratto in “Riforma” - Rassegna "Fine settimana")