venerdì 7 marzo 2014

Testo integrale dell'introduzione del libro "Accanto a Giovanni Paolo II - Gli amici e i collaboratori raccontano"



"Vicini ad un Santo"

Di seguito l’introduzione del libro “Accanto a Giovanni Paolo II - Gli amici e i collaboratori raccontano” (edizioni ARES) scritta dall’autore Wlodzimierz Redzioch.
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«Ero a Parigi quando Karol Wojtyla divenne Papa. Ero in piazza san Pietro quando Ali Agca tentò di uccidere il Papa che stava cambiando il mondo. Ho vissuto vicino a Giovanni Paolo II per tutto il suo Pontificato. All’inizio, pur essendo un fatto straordinario che un polacco fosse diventato Papa, non immaginavo dove poteva arrivare la grandezza umana e spirituale di Wojtyla. 
Ma stando vicino a Lui ed ai suoi collaboratori ho capito ad un certo punto che era un Santo. Più scoprivo questa realtà e meno ne parlavo. Mi sembrava di violare un segreto. Ora che anche la Chiesa sta per riconoscere quello che in tanti avevamo capito, mi sono sentito di raccontare attraverso le voci dei suoi collaboratori, la storia del santo Giovanni Paolo II.
Dopo la laurea in ingegneria al Politecnico di Częstochowa e gli studi di Africanistica all’Università di Varsavia, mi trovavo a Parigi, pensavo di fare il missionario laico nel Continente Nero. Mai avrei immaginato che l’elezione del primo papa Polacco avrebbe cambiato anche la mia vita.
La notizia di Karol Wojtyła Papa, sembrava un sogno impossibile, eppure era accaduto. Il figlio della Polonia “semper fidelis” era salito sulla cattedra di San Pietro.Nessuno poteva immaginare che il Papa avrebbe cambiato la storia della Polonia, della Chiesa e del mondo. Nemmeno io potevo prevedere che avrebbe cambiato la mia vita.
Dopo giorni di festeggiamenti tornai alla normalità, studio e lavoro, finchè due amici sacerdoti padre Casimiro Przydatek SJ e don Ksawery Sokołowski furono incaricati di organizzare un Centro per i Pellegrini Polacchi a Roma. Don Sokołowski mi raccontò del progetto e mi disse: “Perché non vieni ad aiutarci? Abbiamo bisogno di persone preparate che conoscono le lingue” e dopo aggiunse: “Non dimenticare che adesso la storia della Polonia si fa qui”. Ero perplesso: andare a Roma significava rinunciare agli studi e alla carriera professionale per scegliere un futuro incerto e sconosciuto. Ma già allora il Papa aveva fatto breccia in tanti cuori, anche nel mio, e dopo mesi di tentennamenti lasciai Parigi per trasferirmi a Roma.
Per anni ho accompagnato i pellegrini che venivano ricevuti da Giovanni Paolo II. Sono stato più di trent’anni negli uffici dell’Osservatore Romano, ed ho frequentato tantissimi ufficiali della Curia, prefetti e presidenti dei dicasteri, arcivescovi e cardinali, collaboratori degli ultimi tre pontefici che sono passati per la Città del Vaticano.
Con questo libro cerco di far conoscere Karol Wojtyla, uomo e Pontefice, raccontato in venti interviste dalle persone che lo hanno servito, che gli sono stati accanto, che lo hanno aiutato a scrivere la storia della Chiesa e del mondo.
In ventisette anni Giovanni Paolo II ha compiuto 146 viaggi apostolici in Italia e 104 all’estero, visitando 129 Paesi: 822 giorni in viaggio; nelle 147 cerimonie di beatificazione ha proclamato beati 1338 Servi di Dio e nelle 51 cerimonie di canonizzazione ha proclamato 482 santi; ha scritto 14 Encicliche, 15 Esortazioni Apostoliche, 11 Costituzioni, 45 Lettere Apostoliche alle quali si aggiungono i messaggi annuali per la Giornata Mondiale della Pace, per la Giornata Mondiale del Malato, per la Giornata Mondiale della Gioventù, per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
In questi ventisette anni il Papa polacco ha cambiato il mondo: l’ha fatto non grazie a sofisticate strategie politiche, ma soprattutto perché è riuscito a toccare e cambiare i cuori della gente. I veri e duraturi cambiamenti non sono possibili se non nascono nei cuori delle persone.
Nel libro che ARES ha pubblicato le persone che ho intervistato raccontano dell’incontro con papa Wojtyla, nella gioia e nella sofferenza, nel dubbio e nella certezza, nella salute e nella malattia. Scoprirete tante storie e aneddoti inediti, avrete la possibilità di conoscere il grande cuore con cui Karol Wojtyla ha amato Dio e l’umanità».

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Ventidue testimonianze raccolte in un libro. Chi era Karol Wojtyła

I contributi. Oltre a quello del Papa emerito Benedetto XVI, il volume raccoglie contributi di Stanisław Dziwisz, Emery Kabongo, Mieczysław Mokrzycki, Andrzej Maria Deskur, Stanisław Grygiel, Stanisław Nagy, Wanda Półtawska, Joaquín Navarro Valls, Paweł Ptasznik, Camillo Ruini, Angelo Sodano, Egildo Biocca, Renato Buzzonetti, Arturo Mari, Tarcisio Bertone, Javier Echevarría Rodríguez, Gianfranco Svidercoschi, Angelo Amato, Marie Simon Pierre Normand, Florybeth Mora Díaz e Slawomir Oder.
(Silvia Guidi) Giovanni Paolo II raccontato e descritto nella semplicità della vita di tutti i giorni e nei momenti più solenni del suo pontificato: dagli amici di vecchia data, dai compagni di seminario, da figli (e nipoti) spirituali che l’hanno conosciuto quando era un semplice sacerdote a Cracovia, come anche di coloro che lo hanno sostenuto in Vaticano.
È questo il tema di Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano (Milano, Ares, 2014, pagine 256, euro 15,9) a cura di Włodzimierz Rędzioch, giornalista polacco per oltre un trentennio impiegato nell’Amministrazione dell’Osservatore Romano.
Tra le testimonianze, quella eccezionale di Benedetto XVI che, riprendendo ricordi personali, ha tra l’altro raccontanto le udienze del venerdì, riservate al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ma anche altre occasioni più informali. «Accanto a questi veri e propri appuntamenti ufficiali — ricorda — c’erano diversi tipi di incontri semiufficiali o non ufficiali. Chiamerei semiufficiali quelle udienze nelle quali per svariati anni, ogni martedì mattina, si trattavano le catechesi del mercoledì con gruppi composti in modo di volta in volta diverso. Per mezzo delle catechesi, il Papa aveva deciso di offrire col tempo un catechismo. Egli indicava i temi e faceva stendere delle brevi considerazioni preliminari da sviluppare in seguito. Visto che erano sempre presenti rappresentanti di svariate discipline, quelle conversazioni erano sempre molto belle e istruttive; le ricordo volentieri. Anche qui emergeva la competenza teologica del Papa. Ma al contempo ho ammirato la sua disponibilità a imparare».
Scorci di vita domestica emergono dalla testimonianza dell’arcivescovo di Leopoli dei Latini, monsignor Mieczysław Mokrzycki, che negli ultimi anni ha servito il Pontefice nella segreteria particolare. «Il Santo Padre — racconta rievocando il tempo natalizio — ci teneva tantissimo a passare le feste in un clima famigliare, secondo le tradizioni polacche. Cominciava la serata accendendo una candela alla finestra. Compiuto quel gesto, si leggeva un brano del Vangelo, e solo allora aveva inizio la cena: secondo la consuetudine si preparavano dodici pietanze polacche. Dopo cena ci dedicavamo ai canti di Natale. Al Papa piaceva tanto cantare: lo facevamo ogni sera per tutto il periodo natalizio. Non c’erano i regali sotto l’albero a Natale perché anche sotto questo aspetto noi seguivamo la tradizione polacca, per la quale i doni li porta san Nicola il 6 dicembre».
Come è noto, la prima visita fuori dal Vaticano del Papa polacco appena eletto ebbe come destinazione il policlinico Gemelli dove era ricoverato — colpito da ictus proprio alla vigilia del conclave — un suo carissimo amico, l’arcivescovo Andrzej Maria Deskur (1924-2011), presidente della Pontificia commissione delle comunicazioni sociali, creato cardinale nel 1985. In seminario, raccontava Deskur, «era ben visto dappertutto, perché aveva un tratto di carattere molto apprezzabile: non era polemico. Con lui non si poteva litigare, perché nelle discussioni contavano soltanto gli argomenti. Ogni domenica pranzavo con il Santo Padre nel suo appartamento; e ogni tanto veniva lui da me. La festa di sant’Andrea, e del mio onomastico, costituiva un appuntamento fisso a casa mia».
Degli anni giovanili parla tra gli altri Stanisław Grygiel, che ricorda la figura del servo di Dio Jan Pietraszko, decisiva nella formazione del futuro Papa, e il suo metodo pastorale atipico, che consisteva nel non avere alcun metodo concettualmente elaborato. E così anche il cardinale Stanisław Nagy (1921-2013) che rievoca un’amicizia nata viaggiando di notte in treno da Cracovia a Lublino. «Ci siamo conosciuti ancora prima che divenisse arcivescovo, quando entrambi insegnavamo nell’università cattolica di Lublino. Ma è vero che per tanto tempo abbiamo viaggiato insieme. Siccome tutti e due avevamo degli impegni in entrambe le città, per non perdere tempo, prendevamo il treno la notte. Questi viaggi ci dettero una buona occasione per discutere e per conoscerci».
Una delle persone che sono state più vicine a Giovanni Paolo II, Wanda Półtawska, racconta la sua amicizia con Lolek, ma anche le esperienze terribili vissute durante la seconda guerra mondiale: giovane responsabile di un gruppo scout, entrata nella resistenza polacca, venne scoperta e catturata nel febbraio del 1941, deportata nel lager di Ravensbrück e destinata a essere una Kaninchen, una cavia per le orrende sperimentazioni dei medici nazisti.
Di un particolare aspetto degli anni trascorsi in Vaticano parla Egildo Biocca, dal 1978 nel Corpo di Vigilanza. Dai suoi ricordi emerge il Pontefice che amava molto lo sport e le escursioni in montagna; il gendarme negli anni sarebbe infatti diventato uno degli organizzatori delle sue gite private. «Il mio capo mi mandava con anticipo a visionare le zone prescelte. Le escursioni si facevano durante tutto l’anno, anche partendo dal Vaticano. I giorni preferiti erano i martedì e i venerdì. Andavamo spesso sulle montagne d’Abruzzo, perché con l’autostrada si arrivava presto, ma facevamo gite anche in Toscana e al mare, a Passoscuro, nei pressi di Roma, sulla costa vicino a Civitavecchia, a Porto Santo Stefano sul monte Argentario. Usavamo le nostre auto private, con le targhe italiane. Anche la polizia italiana faceva lo stesso e i poliziotti di scorta erano in borghese. Quando si affrontavano le lunghe passeggiate in montagna il Papa metteva dei comuni vestiti da escursionista». Così almeno nei primi tempi, precisa Biocca, giacché con l’andare degli anni preferì portare la veste bianca, ovviamente con ai piedi gli scarponi o almeno delle scarpe sportive da trekking. «L’inverno del 1997 o 1998 (non mi ricordo bene, ma era già molto affaticato nella deambulazione) ho fatto una sorpresa al Papa: per una gita sulla neve gli portai a sua insaputa un paio di sci; sulle piste lo vedevo soddisfatto e felice».
L’archiatra Renato Buzzonetti racconta che il paziente Giovanni Paolo II «era molto preciso nella segnalazione dei sintomi di cui soffriva. Lo faceva per la determinazione di voler guarire per tornare il più presto possibile al lavoro»; aveva una fede d’acciaio, continua il medico, e un’anima in cui vibravano tutto il romanticismo polacco e il misticismo slavo».
Un altro processo che il Papa polacco ha avviato — aggiunge Gianfranco Svidercoschi — è stato quello che ha portato alla luce «nuovi protagonisti: i giovani, le donne e i nuovi movimenti».

L'Osservatore Romano

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“Corriere della Sera” - Rassegna "Fine settimana" 
(Wlodzimierz Redzioch) Santità, i nomi di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger sono legati, a vario titolo, al Concilio Vaticano II. Vi siete conosciuti già durante il Concilio? «Il primo incontro consapevole tra me e il cardinal Wojtyla avvenne solamente nel conclave in cui venne eletto Giovanni Paolo I. (...)

Ratzinger racconta Wojtyla «Sapevo che era un santo» (di Gian Guido Vecchi in “Corriere della Sera” - Rassegna "Fine settimana")