sabato 18 ottobre 2014

Al Sinodo tirano le somme

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“La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; La Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio…”
Paolo VI (nato Giovanni Battista Montini, 1897 – 1978), Enciclica “Ecclesiam suam”, 6 agosto 1964

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Sinodo: ecco la relazione finale

Il Sinodo straordinario sulla Famiglia è arrivato al capolinea con la pubblicazione della Relatio Synodi. Il documento è stato votato dai padri sinodali numero per numero, e non invece per parti, come era stato anticipato al briefing di oggi da Padre Lombardi.Salta subito all’occhio che dei 62 articoli, solo 58 hanno ottenuto la maggioranza dei 2/3. I tre articoli “malcapitati” sono stati quelli che avevano acceso la polemica, subito dopo la lettura della Relatio post disceptationem da parte del Card. Erdo.
Il primo è il paragrafo 41 (125 placet), che invita ad “entrare in dialogo pastorale” con chi vive in situazioni irregolari. “Una sensibilità nuova della pastorale odierna – prosegue il documento – consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso”.
Il paragrafo 52 ha registrato 104 voti favorevoli e va a sostituire il precedente paragrafo 47 : “Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735)”.
L’altro paragrafo che non ha raggiunto ampio consenso (112 voti favorevoli contro 64) è il successivo, relativo alla comunione spirituale per le persone divorziate e risposate: “Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio”.
Infine, 118 voti favorevoli e 62 contrari per l’articolo 55, che, insieme al successivo, sostituisce ex novo i numeri 50, 51, 52: “Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4)”.
Interessante notare poi che il paragrafo 25 va a sostituire il precedente paragrafo 18, nel quale si avanzava “la possibilità di riconoscere elementi positivi anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori di tale realtà nuziale”. La nuova versione apre al riconoscimento “che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite [di chi vive in situazione irregolare, n.d.r] dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano”; si tratta di una correzione notevole, che riconosce l’azione della grazia sulla persona coinvolta in una situazione irregolare e non sulla forma irregolare stessa.
Certamente bisognerà capire le ragioni di coloro che hanno votato pro o contro agli articoli caldi: troppo “aperti” o troppo poco? E poi verificare la recezione di questo documento da parte delle Conferenze Episcopali. Ma certamente due considerazioni si impongono.
La prima è che evidentemente la Relatio post disceptationem è stata un “forte” colpo di mano, che non corrispondeva alla posizione complessiva dei padri sinodali. La seconda è che dal Sinodo sembra uscire una Chiesa che non è più un ospedale da campo, semplicemente per il fatto che sembrano non esserci più malati. O se si preferisce, si fa una gran fatica a chiamare per nome le malattie.
Una piccola nota: il testo della Relatio non affronta il problema del riconoscimento civile delle unioni tra persone dello stesso sesso, se non per riprovare le “pressioni” nei confronti dei Pastori della Chiesa e discriminazioni economiche verso i paesi che non favoriscono le unioni fra persone dello stesso sesso (cfr. § 56). Uno strano silenzio, visto e considerato che si tratta del più grande attacco alla famiglia naturale del nostro tempo. E non ne hanno parlato nemmeno il Cardinal Ravasi e Padre Lombardi al briefing di oggi [18 ottobre], sollecitati da un giornalista che chiedeva quale posizione assumerebbe oggi la Chiesa, alla luce di quanto avvenuto al Sinodo, riguardo alla scelta del Sindaco di Roma di riconoscere 16 “matrimoni” omosessuali. Il Cardinal Ravasi, dopo aver precisato che si tratta di una questione locale, ha ceduto coraggiosamente la parola a Padre Lombardi, il quale si è dimenticato di rispondere…
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Al Sinodo tirano le somme

di Sandro Magister
C’è un abisso tra la “Relatio” di metà sinodo, travolta dalle critiche, e la “Relatio” finale, votata nel pomeriggio di sabato 18 ottobre.
I presenti in aula erano 183. E ben 58 paragrafi del documento su 62 sono stati approvati con una maggioranza di “placet” nettamente superiore ai due terzi, in parecchi casi vicina all’unanimità.
Anche i restanti quattro paragrafi sono stati approvati, ma a maggioranza semplice e con un consistente blocco di voti contrari.
E sono i paragrafi che toccano le questioni più controverse. Su tali questioni, i “non placet” possono appartenere sia a novatori che a intransigenti, i primi delusi dai modesti risultati raggiunti, i secondi irriducibilmente contrari a ciò che giudicano un cedimento.
Ecco qui di seguito i quattro paragrafi in questione, con i voti rispettivamente raccolti.
Sui matrimoni civili e le coppie di fatto
Placet 125
Non placet 54
41. Mentre continua ad annunciare e promuovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia anche il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà. È importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza. I pastori devono identificare elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale. Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso.
Sulla comunione ai divorziati risposati
Placet 104
Non placet 74
52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” da diversi “fattori psichici oppure sociali” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).
Placet 112
Non placet 64
53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio.
Sugli omosessuali
Placet 118
Non placet 62
55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).
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Al termine del sinodo ha preso la parola papa Francesco.
Il suo discorso è da leggere per intero. In esso il papa dà grande evidenza a una citazione di Benedetto XVI sul compito proprio dell’autorità della Chiesa:
“Questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani, delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza”.
Ma di grande interesse è soprattutto la descrizione che Francesco fa dei “momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni” che ha visto contrassegnare questo sinodo. Tentazioni che enumera così:
“La tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – ‘tradizionalisti’ e anche degli intellettualisti.
“La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei ‘buonisti’, dei timorosi e anche dei cosiddetti ‘progressisti e liberalisti’.
“La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7) cioè di trasformarlo in ‘fardelli insopportabili’ (Lc 10, 27).
“La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.
“La tentazione di trascurare il ‘depositum fidei’, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall’altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano ‘bizantinismi’, credo, queste cose…”.
 fonte: Settimo Cielo
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Vatican Insider
(Andrea Tornielli) Il punto del testo che parlava della riammissione ai sacramenti ha ottenuto 104 sì e 74 no. Modificato il testo sui gay, che ottiene 118 sì e 62 no, nonostante citasse il Catechismo. Su questi punti manca il consenso di tutto il Sinodo, avendo la maggioranza assoluta e non quella qualificata, ma Francesco ha deciso che tutto il testo entri a far parte del documento inviato alle Chiese locali (...)

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Vatican Insider
(Iacopo Scaramuzzi) La Chiesa ha le "porte spalancate" ai bisognosi, "non solo ai giusti", non è "in litigio" con "una parte contro l'altra", il Papa garantisce l'unità e nessuno ha mai messo in discussione la indissolubilità o la procreatività del matrimonio. “Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno (...)

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L'Indice del Sinodo - Il Regno
(Andrea Grillo) Già nel percorso che ha condotto a questo Sinodo straordinario - ma anche durante il dibattito sinodale e presumibilmente anche nell'anno che attende la chiesa in vista del Sinodo ordinario del 2015 - una frase sembra accomunare i diversi fronti (...)
Lo stile possibile (Marcello Neri)

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Sinodo. Teoria del gender e sud del mondo

di Paolo Ondarza (RadioVaticana)
Durante i lavori sinodali si è parlato anche della sfida posta dai promotori della teoria del “gender” e di quelle pressioni fatte dagli organismi internazionali che legano gli aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate a questa ideologia. Su questa sfida si sofferma mons. Tony Anatrella, tra i massimi esperti del fenomeno, psicanalista e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
R. – I Padri sinodali hanno rilevato la grande sfida del pensiero unico imposto dalla teoria del “gender”: è un fenomeno che non si vive soltanto nel mondo occidentale,  ma anche in Africa. Pensi che ad alcuni Paesi dell’Africa che non rispettano il pensiero unico della teoria del gender i Paesi occidentali taglieranno i finanziamenti. Siamo di fronte ad un’ideologia che va chiaramente a privare di significato il concetto di famiglia, imponendo l’idea che alla base della famiglia ci sia la pulsione sessuale, anche quella omosessuale. Tuttavia tutti i vari orientamenti sessuali non possono essere all’origine di una coppia o di una famiglia.
D. – Questa teoria viene imposta attraverso leggi che diversi Paesi stanno mettendo in atto in vari campi…
R. – Si tratta di leggi civili che i diversi Paesi fanno adottare dai loro parlamenti per cambiare completamente la rappresentazione della sessualità e dell’identità sessuale. Nelle scuole ad esempio si sta cercando di introdurre i bambini più piccoli, già alla scuola materna, all’idea che il sesso maschile o femminile non sia un dato di natura, ma che invece e è bene sperimentare i vari orientamenti sessuali a seconda di ciò che si desidera.
D. – Ritiene che oggi ci sia confusione anche in ambito cattolico su questi temi?
R. – Sì, c’è una confusione molto grande, anche in ambito cattolico. L’ideologia del gender, così come ha fatto il marxismo nel secolo scorso, continua a penetrare oggi nel corpo sociale e in quello ecclesiale, senza che i pastori e gli uomini di cultura se ne rendano conto e predispongano un’adeguata reazione culturale. Nei miei libri ho dimostrato come non si possa parlare di coppia omosessuale o di famiglia omosessuale. Questi concetti non esistono, la terminologia adatta piuttosto potrebbe essere “duetto” o “partenariato”… Ma la coppia è riservata all’uomo e alla donna, solo tra loro c’è una vera complementarietà sessuale che genera vita. Due persone dello stesso sesso non possono generare la vita di un’altra persona.
D. – Ribadire questi concetti non vuol dire giudicare le persone…
R. – Si, l’insegnamento della Chiesa, il catechismo della Chiesa cattolica dice: nessuna discriminazione nei confronti di persone omosessuali, accoglienza, comprensione, accompagnamento.
D. – La Chiesa rischia di essere messa a tacere su queste questioni?
R. – Sì, rischia chiaramente di essere attaccata su queste questioni, perché la teoria del gender è un’eresia antropologica contro la quale la Chiesa sarà sempre obbligata a dire lo stesso messaggio: tutti gli uomini sono figli e figlie di Dio chiamati alla salvezza e alla santità in Gesù Cristo ma non in qualunque modo e con qualunque mezzo. Il marxismo è stato sconfitto perché ci sono state minoranze che hanno saputo resistere al clima di omologazione culturale dell’epoca. Così anche l’ideologia di genere potrà essere superata, se vi saranno minoranze che supereranno la paura e sapranno offrire il loro tempo a una nuova evangelizzazione che sappia mostrare l’errore di questa nuova eresia antropologica.
 fonte: RadioVaticana