lunedì 31 dicembre 2012

MARIA SS. MADRE DI DIO


Cristo nasce dal seno della Vergine intemerata 
per opera di quello Spirito che fa 
nascere dall’utero della Santa Chiesa il 
cristiano, la cui vera pace consiste nel 
non separarsi dalla volontà di Dio.
S. Leone Magno, Sermone 29, I, 1

   
Oggi 1 GENNAIO 2013 celebriamo
MARIA SS. MADRE DI DIO 
Solennità



Il Verbo ha assunto da Maria la natura umana
Dalle «Lettere» di sant'Atanasio, vescovo (Ad Epitetto 5-9; PG 26,1058. 1062-1066)
Il Verbo di Dio, come dice l'Apostolo, «della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli» (Eb 2, 16. 17) e prendere un corpo simile al nostro. Per questo Maria ebbe la sua esistenza nel mondo, perché da lei Cristo prendesse questo corpo e lo offrisse, in quanto suo, per noi.
Perciò la Scrittura quando parla della nascita del Cristo dice: «Lo avvolse in fasce» (Lc 2, 7). Per questo fu detto beato il seno da cui prese il latte. Quando la madre diede alla luce il Salvatore, egli fu offerto in sacrificio.
Gabriele aveva dato l'annunzio a Maria con cautela e delicatezza. Però non le disse semplicemente colui che nascerà in te, perché non si pensasse a un corpo estraneo a lei, ma; da te (cfr. Lc 1, 35), perché si sapesse che colui che ella dava al mondo aveva origine proprio da lei.
Il Verbo, assunto in sé ciò che era nostro, lo offrì in sacrificio e lo distrusse con la morte. Poi rivestì noi della sua condizione, secondo quanto dice l'Apostolo: Bisogna che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità (cfr. 1 Cor 15, 53).
Tuttavia ciò non è certo un mito, come alcuni vanno dicendo. Lungi da noi un tale pensiero. Il nostro Salvatore fu veramente uomo e da ciò venne la salvezza di tutta l'umanità. In nessuna maniera la nostra salvezza si può dire fittizia. Egli salvò tutto l'uomo, corpo e anima. La salvezza si è realizzata nello stesso Verbo.
Veramente umana era la natura che nacque da Maria, secondo le Scritture, e reale, cioè umano, era il corpo del Signore; vero, perché del tutto
identico al nostro; infatti Maria è nostra è sorella poiché tutti abbiamo origine in Adamo.
Ciò che leggiamo in Giovanni «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14), ha dunque questo significato, poiché si interpreta come altre parole simili.
Sta scritto infatti in Paolo: Cristo per noi divenne lui stesso maledizione (cfr. Gal 3, 13). L'uomo in questa intima unione del Verbo ricevette una ricchezza enorme: dalla condizione di mortalità divenne immortale; mentre era legato alla vita fisica, divenne partecipe dello Spirito; anche se fatto di terra, è entrato nel regno del cielo.
Benché il Verbo abbia preso un corpo mortale da Maria, la Trinità è rimasta in se stessa qual era, senza sorta di aggiunte o sottrazioni. E' rimasta
assoluta perfezione: Trinità e unica divinità. E così nella Chiesa si proclama un solo Dio nel Padre e nel Verbo.
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sedulio
Salve, Madre santa:
tu hai dato alla luce il Re
che governa il cielo e la terra
per i secoli in eterno.


Oppure:   Cf Is 9,2.6; Lc 1,33
Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore; Dio onnipotente sarà il suo nome, Principe della Pace, Padre dell'eternità: il suo regno non avrà fine.


Colletta

O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, f
a' che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l'autore della vita, Cristo tuo Figlio. Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo...

Oppure:

Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  
Nm 6,22-27  
Essi invocheranno il mio Nome, e io li benedirò.
 
Dal libro dei Numeri
  
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 66
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

Seconda Lettura   Gal 4,4-7
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.


Canto al Vangelo
    Cf Eb 1,1-2
Alleluia, alleluia.

Molte volte e in diversi modi nei tempi antichi
Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti;
ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio.

Alleluia.

  
  
Vangelo
  Lc 2,16-21
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. Parola del Signore.

COMMENTI



CONGREGAZIONE PER IL CLERO

La Chiesa, nella sua grande sapienza, a pochi giorni dalla Solennità del Natale, dalla memoria viva del Verbo che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi, ci invita a guardare alla Madre del Creatore, alla Madre delle madri, alla Vergine Maria.
Sin dai primi secoli, la Madonna è stata venerata dai suoi figli con questo titolo, confermato definitivamente dalla Chiesa nel Concilio Ecumenico di Efeso del 431. Tale titolo è conseguenza immediata del grande Mistero dell’Incarnazione, che vede il Logos eterno abbracciare la natura umana con una “stretta” tanto forte, da scegliere di farsi uomo – ci dice san Paolo –, nascendo «da donna», come ogni essere umano. Contemplando, perciò, il Bambino di Betlemme, non possiamo non ammirare la bellezza della Madre e non possiamo che ringraziare il coraggio di Maria, che ha acconsentito al meraviglioso disegno di Dio, diventandone, così, parte fondamentale.
In tale progetto, assistiamo, inoltre, ad una singolare priorità “cronologica” di Maria. Nel passo del Vangelo di Luca, infatti, ci viene descritto l’incontro dei pastori con Gesù e, stando a quanto è riportato dall’Evangelista, prima del Bambino, essi «trovarono Maria»: prima di riconoscere nel Bambino il segno preannunciato dagli angeli, i pastori guardarono alla bellezza della donna che lo aveva generato e, solo in seguito, adorarono il Santissimo Corpo del Salvatore infante.
La stessa priorità cronologica viene riconosciuta a Maria da san Paolo, il quale, nella Lettera ai Galati, descrivendo il Mistero dell’Incarnazione, afferma che il Figlio di Dio è «nato da donna» e, solo dopo, aggiunge: «nato sotto la Legge». Questa priorità “cronologica” della Madre è lo stesso criterio che anima la vita della Chiesa, la quale ha scelto, infatti, di affidare l’umanità intera, mentre inizia un nuovo anno, all’intercessione, alla guida e alla maternità di Maria di Nazaret, indicando così a tutti la “via maestra” per incontrare Cristo.
Non si può, infatti, arrivare a Gesù se non passando per Maria, Madre di Dio e Madre nostra! Non si può tentare di comprendere il Mistero dell’Incarnazione, se non si guarda alla reale somiglianza umana che il Figlio ha con la Madre! Non si può essere veramente cristiani se non si è autenticamente mariani!
Quale meraviglia la maternità di Maria! Afferma Sant’Atanasio: «Per questo Maria ebbe la sua esistenza nel mondo, perché da Lei Cristo prendesse questo corpo e lo offrisse, in quanto suo, per noi». Gesù prende da lei le fattezze fisiche, si nutre dal suo seno benedetto, si lascia coccolare dalla sua tenerezza materna e viene educato dalla sapiente Mamma. Amando l’umanità immacolata di sua Madre, amando quell’umanità concepita senza peccato originale, Cristo ama ancor più la nostra umanità e ne desidera la totale salvezza. Egli, infatti, guardando la Vergine Madre, ha sempre sotto gli occhi il primigenio progetto di Dio, antecedente la corruzione del peccato originale, quel progetto che, dopo averci creati e fatti liberi, ci ha voluti figli.
Proprio facendoci suoi fratelli e, perciò, figli di Dio, Cristo ci offre la possibilità di contare su di una Madre potente, che ben lo conosce, avendolo custodito nel Suo grembo verginale e seguito tutta la vita, e ben conosce anche noi uomini, perché essa stessa totalmente creatura di Dio.
Guardiamo, dunque, a Maria, a colei che, «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Guardiamo a colei, che, per prima, ha contemplato quell’eterno Mistero, che, tramite il suo “sì” e la sua maternità, entrava nella storia. Guardiamo il grembo di Maria, che ha custodito in sé per nove mesi il Santissimo Corpo di Gesù, a quel grembo che è l’arca della nuova ed eterna Alleanza, la Porta del Cielo, attraverso la quale Dio è entrato nel mondo, divenendo l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Guardiamo, ancora, agli occhi della Vergine, perché nessuno più di lei, avendo vissuto una tale ed irripetibile intimità con il Figlio, in quanto “ancorata” biologicamente, oltre che spiritualmente, a Lui, può insegnarci a riconoscere, a conoscere, ad adorare e ad amare Cristo Gesù.
Domandiamo, quindi, a lei il sostegno e l’intercessione, per iniziare sotto il suo manto materno questo nuovo anno e, così, come i pastori, trovare Gesù, Figlio di Dio, figlio di Maria.


CANTALAMESSA 


Il Concilio ci ha insegnato a guardare a Maria come alla "figura" della Chiesa, cioè suo esemplare perfetto e sua primizia. Ma può, Maria, essere modello alla Chiesa anche nel suo titolo di "Madre di Dio" con cui viene onorata oggi? Possiamo noi diventare madri di Cristo?
Non solo ciò è possibile, ma alcuni Padri della Chiesa sono arrivati a dire che, senza questa imitazione, il titolo di Maria sarebbe inutile per me. «Che giova a me», dicevano, «che Cristo sia nato una volta da Maria a Betlemme, se non nasce anche per fede nella mia anima?». Gesù stesso iniziò questa applicazione alla Chiesa del titolo di "Madre di Cristo ", quando dichiarò: «Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). La liturgia odierna ci presenta Maria come la prima di coloro che diventano madri di Cristo mediante l’ascolto attento della sua Parola. Ha scelto infatti, per questa festa, il brano evangelico dove è scritto che «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore».
Come si diventa, in concreto, madre di Cristo ce lo spiega Gesù stesso: ascoltando la Parola e mettendola in pratica. Vi sono due maternità incomplete o due tipi di interruzione di maternità. Una è quella, antica e nota, dell’aborto. Essa ha luogo quando si concepisce una vita ma non si partorisce, perché, nel frattempo, o per cause naturali o per il peccato degli uomini, il feto è morto. Fino a poco fa, questo era l’unico caso che si conosceva di maternità incompleta. Oggi se ne conosce un altro che consiste, all’opposto, nel partorire un figlio senza averlo concepito. Così avviene nel caso di figli concepiti in provetta e immessi, in un secondo momento, nel seno di una donna, e nel caso desolante e squallido dell’utero dato in prestito per ospitare, magari a pagamento, vite umane concepite altrove. In questo caso, quello che la donna partorisce non viene da lei, non è concepito "prima nel cuore che nel corpo".
Purtroppo, anche sul piano spirituale ci sono queste due tristi possibilità. Concepisce Gesù senza partorirlo chi accoglie la Parola senza metterla in pratica, chi continua a fare un aborto spirituale dietro l’altro, formulando propositi di conversione che vengono poi sistematicamente dimenticati e abbandonati a metà strada; chi si comporta verso la Parola come l’osservatore frettoloso che guarda il suo volto nello specchio e poi se ne va dimenticando subito com’era (cfr. Gc 1,23-24). Insomma, chi ha la fede, ma non ha le opere.
Partorisce, al contrario, Cristo senza averlo concepito chi fa tante opere, magari anche buone, ma che non vengono dal cuore, da amore per Dio e da retta intenzione, ma piuttosto dall’abitudine, dall’ipocrisia, dalla ricerca della propria gloria e del proprio interesse, o semplicemente dalla soddisfazione che dà il fare, l’agire. Insomma, chi ha le opere, ma non ha la fede.
Questi i casi negativi, di una maternità incompleta. San Francesco d’Assisi ci descrive il caso positivo di una vera e completa maternità che ci fa somigliare a Maria: «Siamo madri di Cristo quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza; lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio!». Noi, dice il santo, concepiamo Cristo quando lo amiamo in sincerità di cuore e con rettitudine di coscienza, e lo diamo alla luce quando compiamo opere sante che lo manifestano al mondo. 
   


Bianchi

È il primo giorno del nuovo anno e il vangelo ci conduce ancora una volta alla stalla di Betlemme, dove è deposto Gesù appena nato: i pastori, dopo aver contemplato la scena umanissima di quel bambino avvolto in fasce, subito diventano testimoni e «cominciano a glorificare e a lodare Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro». Ma la nostra attenzione oggi va in particolare all’ultimo versetto del brano evangelico: «Quando si compirono gli otto giorni prescritti per la circoncisione, al bambino fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre». È meditando su queste parole che possiamo approfondire la nostra contemplazione del mistero del Natale, il mistero dell’umanizzazione di Dio attraverso la venuta di Gesù nella carne in mezzo a noi.
Otto giorni dopo la sua nascita, Gesù vienecirconciso, con il gesto che lo rende appartenente al popolo dell’«alleanza santa» stipulata con Abramo (cf. Gen 17,10-11). Nella carne di Gesù quella ferita incancellabile indica il suo essere figlio di Abramo, in alleanza perenne con il suo Dio: potremmo dire che quel segno inciso nel corpo di Gesù narra il suo essere ebreo, ed ebreo per sempre. Luca ricorda questo evento per mostrare che la promessa fatta ai padri ora si è compiuta (cf. Lc 1,72-73); d’altra parte questo segno verrà trasceso dalla Nuova Alleanza, per la quale è necessaria la circoncisione del cuore, esigenza già predicata dai profeti (cf. Ger 4,4) e poi portata definitivamente a compimento da Gesù lungo tutta la sua vita (cf. Col 2,11)…
  
Insieme alla circoncisione, Gesù riceve anche il nome, che si rivela conforme all’annuncio dell’angelo (cf. Lc 1,31). Giuseppe e Maria lo chiamano, appunto, Gesù, Jeshu‘a, che significa “il Signore salva” e, quindi, Salvatore: questo nome – strettamente connesso all’impronunciabile Nome di Dio, JHWH – è dato da Dio stesso, non dagli uomini! Gesù è infatti un bambino che nasce per decisione e azione di Dio, e, di conseguenza, a Dio solo spetta di imporgli il nome che ne indica l’identità: invocazione di salvezza – «Salva, Signore!» – e, nello stesso tempo azione di salvezza – «il Signore salva», qui e ora. È nella forza di questo nome che Gesù vivrà tutta la sua vita a servizio degli uomini suoi fratelli, il suo «passare in mezzo a loro facendo il bene e guarendo, perché Dio era con lui» (cf. At 10,38); è questo il Nome santo in cui gli uomini saranno salvati (cf. At 2,21; 4,12), il Nome attraverso il quale saranno operati segni, il Nome grazie al quale il regno di Dio si estenderà e Satana sarà costretto ad arretrare (cf. Lc 10,17; At 3,6).
«Nato sotto la Legge», Gesù è però anche «nato da donna» (cf. Gal 4,4), e quella donna è Maria, la vergine di Nazaret scelta da Dio. È per opera dello Spirito santo che Maria è diventata gravida, è per volontà di Dio che ha partorito quel Figlio che solo Dio poteva donare all’umanità. L’Altissimo si è fatto bassissimo, l’infinito si è fatto finito, l’immortale si è fatto mortale, e questo nel grembo di Maria. Sì, lo Spirito ha assunto la capacità di Maria di essere madre e ha trasformato la sua maternità in maternità divina: il frutto benedetto del ventre di questa donna è Gesù, la benedizione promessa ad Abramo e ora fatta carne, affinché tutte le genti siano benedette (cf. Gen 12,3). In Maria, «la terra ha dato il suo frutto e ci ha benedetto Dio, il nostro Dio» (Sal 67,7): quella benedizione più volte invocata da Israele – «il Signore mostri il suo volto e conceda la pace» (cf. Nm 6,26) – è ormai finalmente compiuta in Gesù, appartenente a Israele, figlio di Maria!
Ascoltando questa pagina del vangelo all’inizio dell’anno, possiamo cogliere un messaggio fondamentale e di grande consolazione: la benedizione di Dio sull’umanità – cioè Gesù, nato da Maria simbolo dell’umanità intera – è su di noi ogni giorno, fino alla fine della storia (cf. Mt 28,20), fino alla Venuta del Signore Gesù nella gloria. E il modo più semplice che abbiamo per rendere grazie a Dio di questo dono meraviglioso consiste nel fare di ogni giorno della nostra vita una benedizione per tutti gli uomini, nostri fratelli.

Manicardi

Gesù, “nato da donna, nato sotto la Legge” (II lettura), circonciso l’ottavo giorno e chiamato con il nome “Gesù” (vangelo), è il compimento della benedizione di Dio all’umanità (I lettura), è la benedizione fatta persona. La pienezza della benedizione si manifesta nel frutto benedetto del seno di Maria, colei che è la benedetta tra tutte le donne. La protezione, la grazia e la pace in cui consiste la benedizione (I lettura) trovano il volto e ilnome di Gesù di Nazaret. Nome che indica la volontà di salvezza di Dio: “Il Signore salva”. Lo sciogliersi dei lineamenti del volto nel sorriso pieno di benevolenza (questo il senso dell’espressione “far brillare il proprio volto su qualcuno”: cf. Nm 6,25) si manifesta nel volto di Gesù Cristo su cui rifulge la gloria di Dio. Gesù è il sorriso di Dio all’umanità.
Se oggi questa festa celebra la divina maternità di Maria e l’imposizione del Nome santo al suo figlio, essa è anche memoria della circoncisione di Gesù (e così era nella chiesa cattolica fino al 1970). Memoria importante non solo perché ricorda la perenne ebraicità di Gesù, ma per la valenza spirituale della circoncisione stessa. La circoncisione incide il segno dell’appartenenza al popolo d’Israele e dell’ingresso nell’alleanza nello spazio corporeo, nella carne dell’uomo, anzi proprio nella carne del membro.
Così lo strumento della generazione, grazie a cui l’uomo obbedisce al comando creazionale di riprodursi e di trasmettere la benedizione (cf. Gen 1,28), proprio l’organo dell’incontro sessuale con la donna,viene segnato da una ferita, che è anche un’apertura e un’appartenenza. Apertura perché con la circoncisione l’uomo si pone in ascolto della donna ponendo un limite alla sua “onnipotenza virile” e accetta di vivere la sessualità come incontra faccia a faccia; appartenenza perché la circoncisione rende il corpo umano una superficie scritta, una sorta di libro su cui è incisa l’irrevocabile decisione divina di legarsi in alleanza con i figli d’Israele. Il passaggio di Dio e del suo Spirito nell’uomo lascia come traccia una ferita. La circoncisione è una ferita, uno spogliamento che rivela una mancanza più profonda e vitale che è connessa costitutivamente alla nostra umanità e che è la condizione dell’incontro con l’altro e dell’accesso di Dio nella nostra vita. Per questo la Bibbia simbolizza la circoncisione e la estende a tutto l’uomo parlando di circoncisione degli orecchi e del cuore (cf. Ger 4,4). La nostra carenza, la nostra mancanza è il luogo dell’incontro e della relazione.

Del resto, se il cristianesimo non ha assunto la circoncisione, ma ha fatto del battesimo il segno dell’iniziazione alla vita cristiana e dell’appartenenza alla comunità cristiana (e il luogo in cui il nome del nuovo nato viene pronunciato davanti a Dio e alla comunità cristiana), questo può essere chiamato dal Nuovo Testamento comecirconcisione di Cristo: “In Cristo voi siete stati circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del vostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo…” (Col 2,11-12).
Esperienza originaria di Gesù, come di ogni umano, è quella di essere preceduto. Il nome “Gesù” era il nome con cui era stato chiamato dall’angelo “prima di essere concepito nel ventre materno” (Lc 2,21). Preceduto da genitori, preceduto dalla storia di un popolo, preceduto da Dio. L’accoglienza amorosa che i genitori faranno del figlio, così come l’accoglienza che gli predisporrà il popolo con le sue istituzioni religiose e i suoi riti, i suoi gesti e le sue parole, sarà essenziale al nuovo venuto per giungere all’accoglienza della propria storia di precedenza. L’accoglienza è la condizione per pacificarsi con la propria origine e con la storia che ci ha preceduti. L’accoglienza che conosciamo nel nostro venire al mondo e nel nostro vivere è fondamentale perché noi, a nostra volta, possiamo accoglierci nella storia di precedenza che ci ha segnati. E che, quale che essa sia, risale in ultima istanza a Dio Padre.


COMMENTO PATRISTICO 

S. MASSIMO DI TORINO 
 (Dal Sermone 61b, 2-3) 
Nasce dunque Cristo, salvezza per tutti, che i profeti dichiarano re delle genti; nasce da una
vergine, come afferma Isaia con queste parole: Ecco, una vergine concepirà nel grembo e
partorirà un figlio, e lo chiameranno col nome di Emanuele, che significa Dio con noi (Is
7, 14). Il modo in cui nacque dimostra la verità del Signore: concepì una vergine ignara di
rapporti con l’uomo, il grembo si riempie senza essere stato sfiorato da amplesso di sorta e
il ventre casto accoglie lo Spirito Santo che le pure membra custodirono e il corpo senza
macchia portò con sé. Vedete il prodigio  della Madre del Signore: è vergine quando
concepisce, vergine quando partorisce, vergine dopo il parto. Gloriosa verginità ed eccelsa
fecondità! Nasce la potenza del mondo, e la partoriente non geme; si svuota l’utero, è
raccolto il bimbo, e tuttavia la verginità non è violata. Era giusto, infatti, che per la nascita
di un Dio crescesse il pregio della castità e non ne fosse violata l’integrità dalla nascita di
Colui che dà la verginità del battesimo ai corrotti. Il bimbo nato è posto in una mangiatoia,


e  questa  è  la  prima  culla  di  Dio;  né  si  offende per queste ristrettezze il Re del cielo, che
aveva abitato un ventre verginale. Maria fu certamente un’abitazione degna per Cristo, non
per la condizione del corpo, ma per la grazia verginale. Dunque, sgravata del felice peso,
Maria lieta si riconosce madre, mentre non si sa moglie; ed è gloriosa della prole, mentre è
ignara del marito; e si meraviglia di aver generato un bimbo, quando attesta di aver accolto
lo Spirito Santo; e non è atterrita di aver partorito prima delle nozze, perché ha la
testimonianza della verginità e della prole. La prole, infatti, indica Dio come padre, la
verginità scusa il sospetto di chi si stupiva: da un lato la Divinità rende testimonianza alla
verginità, dall’altro il segreto alla natura. La Divinità, ripeto, rende testimonianza al parto
verginale; infatti, affinché Cristo sia concepito, Maria, secondo il preannuncio del Vangelo,
è riempita della grazia dello Spirito Santo, è adombrata dalla potenza di Dio Padre, come le
fu detto: Lo  Spirito  Santo  scenderà  su  di  te  e  la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, e
perciò ciò che nascerà da te sarà chiamato santo, Figlio di Dio.
Nella nascita del Salvatore, dunque, si è compiuta quella disposizione divina che dice: Ogni
affermazione si fonderà su due o tre testimoni (Dt 19, 15). Ecco infatti il Verbo di Dio
nasce secondo la testimonianza della Trinità. Certamente nel grembo della santa Maria,
quando scende lo Spirito Santo, quando l’Altissimo stende la sua ombra, quando Cristo è
generato, è contenuta la professione di fede. Era conveniente, infatti, che la Madre, che
avrebbe partorito la salvezza per le genti, prima confermasse nelle sue viscere il mistero
della Trinità, e noi comprendiamo che il mistero della fede era stato confermato prima
della nascita del Salvatore. Maria, per così  dire, nel sacrario del suo ventre portò col
mistero il sacerdote. Infatti tutto ciò che doveva giovare al mondo uscì interamente dal suo
ventre, Dio, il sacerdote e la vittima: il Dio della risurrezione, il sacerdote dell’offerta, la
vittima della passione. E tutto questo riconosciamo in Cristo. È Dio, infatti, perché ritornò
al Padre, pontefice perché offrì se stesso, vittima perché fu ucciso  per noi. Direi che il
grembo di Maria non fu un grembo, ma un tempio. È certo un tempio quello in cui abita
tutto ciò che di santo si trova in cielo, se non che deve essere ritenuto superiore ai cieli ...
Superiore ai cieli certamente deve essere ritenuto il grembo di Maria, perché rinviò al cielo
il Figlio di Dio più glorioso di quanto fosse quando discese dal cielo. Dal cielo, infatti,
venne per patire, dalla terra tornò per regnare; dal cielo discese umiliato nell’uomo, dalla
terra salì glorificato al Padre. Senza dubbio è migliore il tempio del corpo che quello del
cielo. Infatti in questo assiso Cristo è terribile, in quello è mansueto; in questo è invisibile,
in quello è visibile e palpabile; in questo punisce i peccati, in quello li perdona; in questo
esercita il potere di giudice, in quello esorta con l’amore di un fratello. E perciò è bene per
noi adorarlo quando ci invita, perché possiamo non temerlo quando ci giudica.