mercoledì 26 dicembre 2012

Natale in Australia...



Il Natale si vive in Australia in un crescente bisogno di avvicinarsi alla fede: lo affema Daniela Motta, missionaria laica del Cammino neocatecumenale, trasferitasi in Australia con il marito e i suoi cinque figli. L’intervista è di Marco Guerra per Radio Vaticana:
R. – In Australia, a parte le tradizioni cattoliche e irlandesi, c’è molto paganesimo. Per dare un’idea, normalmente la gente fa il pranzo di Natale anche due settimane prima perché poi parte. Al di là del vuoto apparente di questa società – ovviamente consumistica – ultimamente è iniziato a comparire anche il presepe in alcuni centri commerciali, cosa che prima non si vedeva assolutamente. Il fatto che l’Australia sia oggetto di molta migrazione dall’Europa – ultimamente anche l’Italia ha ripreso una certa migrazione verso il Paese – ha portato un diverso modo di vivere anche le festività.
D. – Puoi raccontarmi quali celebrazioni fate nel giorno di Natale, se c’è anche qualche iniziativa per avvicinare le persone…
R. – Gli australiani sono molto sensibili a tutto quello che sono i Canti di Natale, le recite… Quello che noi stiamo facendo, e che è stato fatto ultimamente in molte parrocchie, sono queste recite di Natale con il presepe vivente con i cammelli, i Re Magi… E la risposta in parrocchia è stata veramente incredibile. C’era gente che in chiesa non mette mai piede.
D. – È possibile che con questo periodo di crisi gli australiani nativi sentano il bisogno di riavvicinarsi a quei valori tradizionali? Il Natale può essere un’occasione?
R. – Qui, la crisi economica si sente molto meno, mentre troviamo veramente i cosiddetti “poveri di spirito”, persone che soffrono perché non sanno dare risposte al vuoto che hanno dentro, nonostante siano circondate dal benessere.
D. – Il Natale diventa un’occasione ideale per poter annunciare il Vangelo in Australia…
R. – Sicuramente, e soprattutto con cose semplici, ad esempio con il fatto di fare il presepe… Personalmente, lo allestisco fuori in giardino perché tutti lo possano vederlo dalla strada. Quello che cerchiamo di fare è anche chiamare, la sera prima di Natale, i vicini di casa a fare una preghiera davanti al Bambinello del presepe. Anche il fatto di illuminare le case è molto importante. Ad esempio, l’altro giorno mentre montavamo il presepe, una signora passando ci ha chiesto: “Ma che cos’è?”. Erano tutti segni del Natale: l’albero, il presepe, lo stare insieme, cantare insieme i canti di Natale, il mangiare insieme… Qui, loro non hanno l’abitudine di riunirsi come famiglie. E anche il fatto di aprire le porte della propria casa colpisce… Anche questo diventa un modo di catechizzare.