sabato 16 marzo 2013

Papa Francesco: semiologia dei primi gesti....


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«Sappiamo ancora poco di lui, ma l’impressione è che il breve discorso pronunciato la sera dell’elezione contenga già il programma del suo pontificato. Scegliere di chiamarsi Francesco significa evocare l’immagine di una Chiesa non “dei poveri” ma povera in senso radicalmente evangelico. È un atto di spoliazione da porre in piena continuità rispetto alla rinuncia di Benedetto XVI. In entrambi i casi, c’è il rifiuto del potere come occasione di conflitto e di lacerazione». Così dice il filosofo italiano Massimo Cacciari ad «Avvenire», concludendo: «Si annuncia una fase di estremo interesse anche per chi, come me, osserva la Chiesa dall’esterno».
Interessanti anche le considerazioni di un altro filosofo italiano, Giovanni Reale: «Ho seguito — si legge nell’intervista pubblicata sull’edizione straordinaria del settimanale italiano «Panorama» dedicata a Papa Francesco — l’afflusso della folla in piazza San Pietro, sempre più numerosa via via che ci si avvicinava alla proclamazione del nuovo Pontefice: uno spettacolo commovente. E mentre osservavo quelle immagini mi è venuto in mente un pensiero di Søren Kierkegaard: “l’essenza della fede consiste in questo, guardare in faccia Cristo come un contemporaneo. Fino a quando ci sarà questa percezione la fede rimarrà sulla terra”. (...) Accanto alle immense sciagure del mondo e all’avvitarsi spaventoso di una crisi feroce c’è un granello di speranza e di fede. Basta quello per uscire dalla tempesta. E per spostare le montagne. Stalin si domandava quante divisioni avesse il Papa. Se avesse assistito alla fine della sua Unione Sovietica (un evento gigantesco e imprevisto) sotto la spinta della forza tranquilla di un Pontefice di quella Chiesa su cui ironizzava, si sarebbe risparmiato il sarcasmo».
Scendendo invece nel merito delle parole pronunciate da Papa Francesco in questi primi giorni di Pontificato, diversi commentatori si sono soffermati su quanto ha detto il Pontefice il 14 marzo durante l’omelia in Sistina: «Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del demonio». Tra essi, su «la Repubblica» lo storico Agostino Paravicini Bagliani. «Il riferimento è formulato in forma sobria, senza amplificazioni retoriche. Ma si tratta pur sempre di un pronunciamento papale che si iscrive in una lunga serie di analoghe affermazioni dei Papi di questi ultimi due secoli». Molto più che per quelli del medioevo, infatti, a partire da Leone XIII (preghiera del 1884) i Pontefici hanno fatto riferimento al diavolo. Dalle parole di Pio XII su Hitler nel 1939 a quelle di Giovanni Paolo II (17 febbraio 2002); dalla lectio divina sul battesimo di Benedetto XVI (11 giugno 2012) al celebre «fumo di Satana» di cui parlò Paolo VI il 29 giugno 1972.
Papa Francesco, durante i suoi primi giorni di pontificato, ha iniziato la rivoluzione dei piccoli gesti, si legge sul quotidiano francese «La Croix» e ha lanciato l’appello per una Chiesa in movimento, mentre il quotidiano spagnolo «La Razón» da ieri, 15 marzo, sta pubblicando il testo degli esercizi spirituali che il cardinale Bergoglio tenne all’episcopato spagnolo nel 2006 a Pozuelo de Alarcón. 
«Il collegio della Inmaculada Concepción de Santa Fe — si legge invece sul quotidiano argentino «Clarín» del 15 marzo — ora ha un nuovo motivo di orgoglio. Tra il 1964 e il 1965 Papa Francesco fu, semplicemente, il professor Bergoglio. Aveva 28 anni quando percorreva i corridoi della scuola insegnando psicologia, letteratura e arte». E racconta uno dei suoi alunni, José María Candioti, oggi un avvocato sessantaquattrenne: «Era molto esigente. Ricordo che invitava molti scrittori a parlarci di letteratura: Maria Esther de Miguel, María Esther Vázquez e, nel 1965, Jorge Luis Borges, che tenne per noi un seminario di letteratura “gauchista”. Era un grande ammiratore di Borges. Da questo incontro nacque un concorso letterario e il libro Cuentos originales, con la prefazione di Borges. A 17 anni ero piuttosto arrogante — confessa Candioti — e dopo un esame gli dissi che avevo risposto bene a tutte le domande grazie alla mia grande conoscenza della materia, ma che in realtà non avevo studiato affatto. La sua risposta mi segnò per tutta la vita. Mi diede dieci per l’esame ma aggiunse: “Visto che non hai studiato ti do anche zero. Dieci più zero fa dieci, diviso due cinque. Questo è il tuo voto finale”. Una bella lezione di umiltà».
Sempre dall’Argentina, e in particolare da Buenos Aires, arriva un curioso omaggio calcistico azulgrana al nuovo Papa. Il San Lorenzo, la squadra del cuore di Jorge Bergoglio, scenderà in campo contro la squadra locale del Colón, nella provincia di Santa Fe, il 16 marzo, con una maglia che recherà la scritta Rezamos por vos, rezá por nosotros: “Preghiamo per te, prega per noi”.
L'Osservatore Romano, 17 marzo 2013.

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