sabato 8 giugno 2013

Salvare milioni di bambini dalla fame costa meno della pubblicità




Osservatore Romano: Secondo uno studio pubblicato dal «Lancet». 
La malnutrizione causa in un anno la morte di più di tre milioni di bambini, compresi ottocentomila neonati, quasi la metà di tutti i decessi di bambini prima del raggiungimento dei cinque anni di età. Salvarli costerebbe meno di quanto una qualsiasi multinazionale spende in pubblicità ogni anno. Lo confermano i ricercatori guidati dal pakistanto Zulfir Bhuta, del Royal College of Paediatrics and Child Health britannico, autori di uno studio pubblicato sulla rivista «The Lancet». La ricerca, orientata sugli strumenti per porre fine alla malnutrizione e sui vantaggi che la soluzione del problema porterebbe ai Paesi poveri, è stata pubblicata pochi giorni prima di un summit sui temi dell’alimentazione organizzato per domani a Londra.
Secondo l’analisi del gruppo, basterebbe un investimento di meno di dieci miliardi di dollari per salvare 90.000 bambini in un anno. La metà di questo capitale potrebbe provenire dagli stessi Paesi in via di sviluppo, mentre al resto dovrebbero provvedere donazioni esterne. In ogni caso, ha ricordato Bhuta presentando la ricerca, la cifra in questione è appunto inferiore a quella destinata alla pubblicità di una multinazionale. Bhuta ha sottolineato che non si tratta solo di teorie, dato che negli ultimi anni alcuni Paesi sono riusciti a risolvere in gran parte il problema della malnutrizione, dimostrando che un’azione politica decisa può mettere fine al fenomeno. In Etiopia, per esempio, sono stati compiuti grandi passi in avanti, con benefici in tutti i settori del Paese.
Sul piano scientifico, dallo studio emerge che molte di queste morti premature sono da attribuire a ridotto peso alla nascita o a nascite premature, fenomeni entrambi dovuti a malnutrizione materna. In particolare un quarto di tutti i bimbi vittime della fame hanno avuto una ridotta crescita intrauterina. Lo studio di «The Lancet» evidenzia come una migliore qualità dell’alimentazione durante la gestazione e nei primi mesi di vita del nascituro non solo aumenterebbe le prospettive di sopravvivenza, ma inciderebbe anche sulle sue difese immunitarie e in prospettiva sul suo rendimento scolastico e sul suo futuro. Per questo motivo, il comitato scientifico insiste su una migliore nutrizione materna e infantile come fattore chiave per assicurare ai Paesi poveri — e non solo a quelli — un più rapido sviluppo.
Nell’analisi pubblicata da «The Lancet» compare anche uno studio diretto dal professore Robert Black, dell’università John Hopkins di Baltimora, che rivela come a causare malnutrizione sia soprattutto la mancanza di sostanze essenziali quali la vitamina A, lo zinco, il ferro e il calcio. Black ha preso in esame diversi parametri di crescita legati alla malnutrizione, da tutti i quali emerge il rischio di morte per malattia sia nel neonato che nella madre.
Anche Black, intervenuto a sua volta alla presentazione del rapporto, si è soffermato sugli aspetti politici e sociali del problema, oltre che sull’esame dei risultati della sua ricerca scientifica. Lo studioso ha sottolineato che risolvere la piaga della malnutrizione nei Paesi poveri contribuirebbe alla loro crescita economica e sociale. «I Paesi non potranno liberarsi dalla povertà fino a quando alla popolazione non sarà garantito un livello minimo di sicurezza alimentare, indispensabile per una vita produttiva», ha ricordato.
L'Osservatore Romano