giovedì 26 settembre 2013

Cammino Neocatecumenale: Prosegue la "Missio ad Gentes" a Chemnitz (Germania)


Germania. Prosegue la "Missio ad Gentes" nelle zone più scristianizzate d'Europa



Dal 2006 a Chemnitz, in Germania, va avanti il progetto di “Missio ad Gentes” in cui 3 famiglie neocatecumenali, tutte con numerosi figli, sono state inviate per promuovere l'evangelizzazione in una zona in cui l’87% della popolazione è atea e i cattolici sono meno del 3%. Le famiglie vengono dall’Italia, la Spagna e l’Austria e sono sostenute dalla costante preghiera del Rosario da parte di alcuni ragazzi di Roma che ogni anno vanno a trovarli nella loro missione. Davide Pagnanelli quest’anno era tra loro e ha chiesto al sacerdote della missione, Rafael Pastor, cosa vuol dire essere missionari in Europa:

R. – La mia missione qui a Chemnitz, fondamentalmente, è stare con queste famiglie e impiantare qui la Chiesa cattolica.

D. - Quali sono i rapporti con la Chiesa locale?

R. - I rapporti con la Chiesa locale sono abbastanza buoni. Quando siamo arrivati, il primo giorno, ci hanno chiesto cosa facessimo qui. Allora noi abbiamo risposto dicendo che la nostra missione era volta a coloro che non erano battezzati: dando sostegno a queste famiglie, tutte le persone che entrano in relazione con questi ragazzi, si rendono conto che sono diversi. Quando vedono queste famiglie, con tanti figli, si rendono conto di cosa sia una famiglia. E allora dicono: “Noi vogliamo una cosa così!”.

D. - Come funziona la missione?

R. - La missione funziona da sola, noi siamo il sale, nella misura in cui siamo sale, compiamo la missione della Chiesa.

Per capire la situazione alla quale queste famiglie andavano incontro, abbiamo ascoltato Italo Radi, responsabile della missione e padre di dieci figli:

R. - Tutto quello che noi portavamo, soprattutto tutto quello che è spirituale, a loro non interessava. Questa è stata una grande difficoltà, perché eravamo completamente soli, isolati, con una concreta impossibilità di farci ascoltare. Parliamo di una povertà enorme dal punto di vista spirituale, di gente che soffre senza sapere il perché. La gente non sa che è possibile vivere in un altro modo. Per questo, ci sono tantissime persone sole, ubriache, ci sono tantissimi giovani allo sbando, segno di questa povertà che ha bisogno di essere evangelizzata.

D. - Quali sono i frutti che avete visto della vostra missione?

R. - I frutti sono piccolissimi, però piano piano la gente comincia a domandarsi se effettivamente noi abbiamo qualcosa che a loro interessa e che a loro serve.

D. - Venendo qui ho trovato tutte famiglie numerose. Qual è il ruolo dei figli nella missione?

R. - Quello dei figli è il ruolo più importante, perché loro hanno la chiave per entrare dove noi anziani non entriamo; vanno a scuola e si incontrano con i ragazzi, e quindi hanno un accesso che noi, ad esempio, non abbiamo. Questi ragazzi di Chemnitz che hanno fatto tutto quello che hanno voluto passano per la droga e soprattutto per l’acol. Quando vedono una nostra figlia, una ragazza di 16-18 anni viva, semplice, loro ne restano colpiti. E quando soffrono vanno a cercare i nostri figli, vengono alle catechesi, ascoltano, si fermano a mangiare… Questo per noi è già moltissimo!

Per una testimonianza su cosa voglia dire essere un giovane in missione abbiamo ascoltato Francesca Radi, 23 anni, figlia di Italo:

R. - Vivere in missione vuol dire vivere della Provvidenza che ci manda il Signore. Anche se con pochi soldi, rinunciando ad alcuni desideri, nei momenti dove c’era bisogno, il Signore ha sempre provveduto. In 23 anni di missione non è mai mancato nulla.

D. - Quali sono i rapporti tra voi ragazzi della missione? Come vi relazionate con i ragazzi di Chemnitz che invece non vivono questa esperienza?

R. - Viviamo una profonda comunione che ci ha regalato il Signore, grazie alla quale abbiamo conosciuto le sofferenze dell’altro. Con i ragazzi che non si trovano in missione è difficile, perché loro ascoltano, però spesso non vogliono partecipare a quello che abbiamo vissuto noi. Non capiscono e, soprattutto, non hanno questo coraggio di voler cambiare la loro vita.

 Radio Vaticana