domenica 23 febbraio 2014

Buon lavoro, Matteo!


buonlavoro
Adesso non hai davvero più scuse, Matteo. Non ci sono più partiti da conquistare o elezioni da vincere (a dire il vero quelle le hai direttamente evitate, e non è stato il massimo): adesso c’è solo da lavorare. Da dimostrareche si può essere bravi pur essendo giovani, seri pur essendo simpatici, efficaci nell’azione di governo pur avendo la stessa maggioranza di Enrico Letta. Ora, criticarti a priori – lo dico anche se non ti voterei – avrebbe francamente poco senso.
Ma da sindaco vicino alla gente, saprai che iniziando con ius soli e unioni civili – temi che entusiasmano gli italiani meno delle camicie di Fabio Fazio – deluderesti non poco. E poi anche nel tuo libro, dando giustamente priorità alle priorità, prima dei diritti civili hai scritto che il partito che sogni «investe nel terzo settore, nell’associazionismo, nella famiglia» (Stil novo, Rizzoli 2012, p. 180); sono quindi ansioso, come tanti, di vedere se sarai di parola e se darai anzitutto la precedenza alla famiglia.
Saresti un vero rivoluzionario, poi, se evitassi di alzarci ulteriormente le tasse. La missione è tosta, ma a te possiamo chiederla. Anche perché una volta hai dichiarato che è «di sinistra chiedere di abbassare le tasse». Francamente non so se sia di destra o sinistra abbassare le imposte: di certo so che è tempo di farlo, e ti renderebbe più che onore riuscire proprio su questo, dove hanno fallito fior di professori e tecnici supportati da una maggioranza parlamentare che ora, senza offesa, tu ti sogni.
Sai, c’è chi dice che tu sia il primo vero politico della Terza Repubblica, qualcuno velenosamente ipotizza tu sia in realtà l’ultimo della Prima: nuovo sì, ma solo di facciata. Nel mio piccolo evito di affibbiarti etichette politiche augurandomi tu possa restituirci etica politica, trasparenza e prima ancora – so che può sembrare strano – normalità. La normalità di cui ciascuno di noi ha terribilmente bisogno come bisogno ne ha, nel suo insieme, un Paese meraviglioso ma con la febbre, pieno di guai ma che ha ancora posto per la speranza.
Giuliano Guzzo