venerdì 28 febbraio 2014

I vescovi che piacciono a Francesco

vescovi

Il  tweet di Papa Francesco: "L’Eucaristia è essenziale per noi:è Cristo che vuole entrare nella nostra vita e riempirla con la sua grazia" (28 febbraio 2014)

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Lo si è capito dalla rara lunghezza del discorso – quattro o cinque volte i suoi abituali sermoni – che la questione trattata è di quelle che stanno più a cuore a papa Francesco.
Quando in ballo c’è la nomina dei vescovi, Jorge Mario Bergoglio dà il massimo di sé. “Ecco i vescovi che vogliamo avere”,  ha titolato a piena pagina “L’Osservatore Romano”, centrando in pieno l’intenzione del papa, nel discorso da lui rivolto giovedì 27 febbraio alla plenaria della congregazione per i vescovi.
L’impianto del discorso non è sistematico ma rapsodico. Cuce assieme delle riflessioni sulla figura ideale del vescovo e quindi sulle responsabilità di chi li sceglie. Qua e là con delle sferzate tipiche di Bergoglio, come quando ingiunge di obbedire al decreto di residenza del concilio di Trento, tanto più impellente oggi “in questo tempo di incontri e convegni” che vedono troppi vescovi sempre in giro per il mondo, dimentichi del loro gregge diocesano. E la mente va ad esempi preclari di cardinali globetrotter, tipo quell’Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga che pochi sanno essere vescovo di Tegucigalpa, specie da quando è l’esuberante coordinatore degli otto cardinali del gran consiglio di papa Francesco.
Questo del 27 febbraio è un discorso che va letto per intero, assieme a quell’altro del 21 giugno 2013 rivolto dal papa ai nunzi apostolici, anello essenziale della catena di comando che seleziona i nuovi appartenenti all’episcopato.
Con la congregazione per i vescovi e in particolare con un nunzio Bergoglio aveva un conto in sospeso, quando fu eletto papa. Da arcivescovo di Buenos Aires aveva sofferto parecchio l’ostilità del nunzio Adriano Bernardini, in carica dal 2003 al 2011 e oggi rappresentante pontificio presso lo Stato italiano. Bernardini, legatissimo al cardinale Angelo Sodano, sistematicamente promuoveva la nomina in Argentina di vescovi invisi a Bergoglio. Al quale non bastava avere in Vaticano, nella congregazione, un suo fidato officiale, Fabián Pedacchio Leaniz, oggi suo segretario particolare.
Di questo tormento dell’allora arcivescovo di Buenos Aires riferisce con precisione Elisabetta Piqué, la biografa più accreditata di Bergoglio, nel libro “Francesco, vita e rivoluzione” edito in Italia da Lindau.
E questo antefatto spiega la determinazione con cui Bergoglio, da papa, ha rivoluzionato la composizione della congregazione per i vescovi e ha proceduto alla nomina di nuovi vescovi in Argentina, scelti da lui personalmente, saltando tutte le procedure.
A cominciare dalla promozione ad arcivescovo di Víctor Manuel Fernández, rettore della pontificia università cattolica argentina e suo principale ghostwriter nella stesura della “Evangelii gaudium”, la carta programmatica di questo pontificato.
S. Magister

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Visita del Papa al Seminario Romano Maggiore. Intervista con il card. Vallini


Papa Francesco si reca oggi alle 18,00 – è la sua prima volta - al Pontificio Seminario Romano Maggiore per incontrare i seminaristi di Roma in occasione della festa della Madonna della Fiducia. Sull’attesa di questo incontro il cardinale vicario Agostino Vallini:

R. - C’è una grande gioia, una grande attesa, e certamente questa sera il Santo Padre dialogherà con i seminaristi e darà loro un forte incoraggiamento e delle luci per il loro cammino formativo.

D. - Come sta cambiando il seminarista nella Diocesi di Roma?

R. - La novità più grande è che la maggioranza dei seminaristi è composta da giovani adulti, normalmente già in possesso di titoli di studi accademici, che hanno maturato la loro scelta nelle parrocchie o in altre forme di esperienze spirituali; sono giovani che fanno un cammino di discernimento, perché prima di iniziare la formazione in senso stretto, frequentano il seminario, anche se in modo alterno, per un anno propedeutico di discernimento, di approfondimento della loro vocazione. In seguito, cominciano gli studi della filosofia e della teologia e il loro itinerario di formazione che prevede anche esperienze pastorali e soprattutto il forgiare lo spirito in un’esperienza di vita comunitaria. Saranno chiamati dal sacerdote ad essere guide di comunità: il Seminario li prepara a questo. Direi che oggi c’è una maggiore consapevolezza dell’impegno ma anche direi della generosità e tanta passione.

D. - Quindi per Roma si può parlare di una tradizione di vocazioni adulte …

R. - È un po’ una tradizione, ormai da molti anni; ci sono anche numeri più piccoli di giovani che vengono dal cammino preparatorio al Seminario Maggiore: quelli del Seminario Minore. Però, certo, oggi sarebbe necessario anche un numero maggiore di giovani e di vocazioni per Roma.

D. – Questi giovani restano o ci sono anche delle uscite dal Seminario? 

R. - Partiamo dalla considerazione che la chiamata del Signore attende una risposta libera. Durante il cammino formativo, se un giovane comprende o è aiutato a comprendere, che il cammino seminaristico non è il suo bene viene aiutato o sceglie di lasciare. Sono eccezioni per la verità, perché prima di entrare nell’itinerario di formazione seminaristica vero e proprio, c’è una preparazione, contatti, discernimento, fatto anche con delle guide, e questo certo dispensa poi da sorprese successive.

D. - Quale sarà l’augurio che rivolgerà la comunità dei seminaristi al Papa questa sera?

R. - Come tutti, c’è un grande affetto verso la persona di Papa Francesco e quindi sono desiderosi di ascoltare che cosa il cuore del Papa confida loro, ma gli augureranno un lungo Pontificato e prometteranno di essergli accanto con la preghiera e con la generosa sequela.
Radio Vaticana