mercoledì 5 marzo 2014

Le colombe bianche di Lampedusa



Suore al servizio della popolazione e dei migranti.

(Paolo Giovanelli) A Lampedusa sono arrivate le suore, per mettersi al servizio della popolazione e dei migranti. Sono quelle della congregazione dei Poveri di don Morinello, che chiederanno al prefetto di Agrigento di poter collaborare nell’assistenza ai migranti accolti nel centro di primo soccorso e accoglienza di contrada Imbriacola, attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione. «Ci siamo sentite chiamate a questo nuovo impegno nel luglio scorso — racconta suor Maria Agnese Ciarrocco — quando papa Francesco visitò Lampedusa.

Un sacerdote palermitano mi disse che, sull’isola, non c’erano suore; avvertimmo quelle parole come una richiesta direttamente rivolta a noi. All’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, chiedemmo subito il permesso di recarci sull’isola per svolgere la nostra missione».
È stato proprio Papa Francesco, su esplicita richiesta della congregazione, a indicare alle suore il giorno dello sbarco: il 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro. «Ci tenevamo molto ad arrivare puntuali — spiegano le consorelle — e lo abbiamo fatto». Tramite il suo elemosiniere, l’arcivescovo Konrad Krajewski, il Pontefice ha anche espresso in una lettera, inviata alla madre Ciarrocco, «il suo vivo compiacimento e apprezzamento per la prossima apertura di una nuova comunità sull’isola di Lampedusa».
Le suore di don Morinello supporteranno le attività della parrocchia di San Gerlando, del parroco don Mimmo Zambito e di don Giorgio Casula. «È un grande conforto sapere che condividono con noi la particolare vocazione di quest’isola», dice don Zambito. «Queste religiose hanno svolto il loro servizio ministeriale anche in seminario; i sacerdoti le hanno sempre viste come “le loro suore”. Tuttavia, ormai da tempo, hanno riscoperto il loro carisma iniziale, fra i poveri e i bisognosi. A Lampedusa hanno incontrato il gruppo della Caritas, portano l’eucarestia nelle case: sono già una presenza importante».
È dall’inizio della seconda guerra mondiale, da quando le prime truppe iniziarono a presidiare l’isola, che una comunità di suore manca da Lampedusa: sono oltre settant’anni. «Ci hanno impressionato — dice la segretaria generale della congregazione, suor Veronica Butnaru — l’azzurro intenso del cielo e i colori del mare, ma, soprattutto, la calorosa accoglienza dei lampedusani. Ci fermano per strada, vogliono sapere come opereremo in mezzo a loro; ci chiamano “le colombe bianche”, per via delle nostre vesti candide». Le suore di don Morinello stanno organizzando la propria missione; la loro base sarà un piccolo appartamento in affitto, che stanno cercando in centro, nel quartiere della chiesa. «Essere arrivate a Lampedusa — ha dichiarato suor Ciarrocco — senza sapere nemmeno dove andare a dormire, ci ha reso più umili, più serene e simili alle migliaia di migranti che sbarcano sull’isola».
All’inizio della loro missione saranno in tre: suor Maria, suor Paola e suor Veronica. Le suore hanno già inquadrato uno dei problemi dei lampedusani: la solitudine, imposta dalla geografia, ma non solo. «Lampedusa è un luogo — spiega ancora suor Veronica — che attira l’attenzione internazionale per gli sbarchi dei migranti. Ci sono poi le masse di turisti; l’isola ha sviluppato questa nuova vocazione, a partire dagli anni Ottanta. Il senso di essere abbandonati dagli altri, che i lampedusani manifestano, è legato al fatto che sia i migranti, sia i turisti vanno e vengono, mentre loro sono lì, “costretti ad accogliere” su questo scoglio in mezzo al Mediterraneo. Noi suore, invece, siamo arrivate per restare in mezzo a loro, per farli sentire meno soli perché è il Signore che, anche attraverso noi, non li abbandonerà mai. Fedeli al nostro carisma andiamo nelle case degli anziani e dei malati, portando una parola di gioia e di conforto a quante più persone possibile».
Charitas Christi, ossia “la carità di Cristo”, sono infatti le parole che indicano il carisma delle suore di don Morinello, impresse sul loro stemma che reca una croce rossa in campo bianco, racchiusa in un cerchio. «La carità morinelliana», spiega suor Paola, «attinge alla figura evangelica del buon samaritano. Abbiamo il compito di accogliere, custodire e curare il prossimo nel corpo e nello spirito, motivate dalle stesse parole di Gesù: l’hai fatto a me». A oggi, le religiose operano principalmente nelle loro case di riposo per gli anziani e nella scuola paritaria, educando cristianamente i bambini e i giovani.
L’istituto delle Suore dei Poveri di don Morinello nacque a Licata, in provincia di Agrigento, il 30 maggio 1901, sotto forma di società di beneficenza; fu riconosciuto ente di diritto diocesano il 12 luglio 1924. Il sacerdote Vincenzo Morinello (1870-1939), per umiltà e ammirazione al famoso santo della carità, chiamò inizialmente il suo istituto Suore dei Poveri di San Vincenzo de’ Paoli, finché il capitolo generale degli anni 1989-1990, per evitare confusione con altri istituti, scelse il nuovo nome Suore dei Poveri di don Morinello. Don Vincenzo Morinello è definito anche “il padre dei poveri” per l’impegno profuso, soprattutto nei primi decenni del Novecento, quando la città di Licata versava in condizioni economiche talmente sfavorevoli che i genitori non sapevano più come sfamare i propri figli.
L'Osservatore Romano

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"Se offendo la dignità altrui è perché prima ho svenduto la mia"

Papa Francesco scrive ai cattolici brasiliani in occasione della Campagna quaresimale di Fraternità, quest'anno sul tema della tratta di esseri umani


Ricordando con gioia e gratitudine, la “calorosa accoglienza” riservatagli lo scorso luglio, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio, papa Francesco ha inviato un messaggio ai cattolici brasiliani, in occasione dell’annuale Campagna quaresimale di Fraternità, quest’anno sul tema Fraternità e tratta di esseri umani e con lo slogan Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi (Gal 5,1).
“Durante i prossimi quaranta giorni – scrive il Papa nel messaggio - cercheremo di essere più coscienti della misericordia infinita che Dio ci ha donato e che ci ha chiesto di donare agli altri, soprattutto ai più bisognosi: "Sei libero! Vai e aiuta ad essere liberi anche i tuoi fratelli!".
Di fronte alla tragica ingiustizia di “esseri umani comprati e venduti come merci”, è impossibile “rimanere indifferenti”. La tratta degli esseri umani, ha proseguito il Santo Padre, si manifesta in varie forme, tra cui le “adozioni di bambini destinati all’espianto di organi” o i casi delle “donne ingannate e obbligate a prostituirsi” o, ancora, “dei lavoratori sfruttati, senza diritti, né voce”.
Citando il suo discorso di qualche mese fa ai nuovi ambasciatori, papa Francesco sollecita poi i fedeli brasiliani a un “profondo esame di coscienza: “quante volte infatti tolleriamo che un essere umano venga considerato come un oggetto, esposto per vendere un prodotto o per soddisfare desideri immorali?”.
Nemmeno le famiglie, ha ammonito il Pontefice, sono immuni dallo sfacelo della tratta di esseri umani: “Genitori che schiavizzano i figli, figli che schiavizzano i genitori; sposi che, dimentichi della loro chiamata per questo dono, si sfruttano come se fossero dei prodotti da consumare, dei prodotti usa e getta; anziani senza un posto nella società e bambini e adolescenti senza voce”.
Il mondo è pieno di “attacchi ai valori basilari del tessuto familiare e della stessa convivenza sociale”, ha osservato il Santo Padre, aggiungendo che è impossibile “annunciare la gioia della Pasqua, senza essere solidali verso coloro che in questa terra vedono negata la propria libertà”.
E ha proseguito: “se io offendo la dignità umana altrui è perché prima ho svenduto la mia. E perché l’ho fatto? Per avere potere, fama, beni materiali”. Un tale mercimonio avviene “in cambio della mia dignità di figlio e figlia di Dio, salvata a prezzo del sangue di Cristo sulla Croce e garantita dallo Spirito Santo che grida dentro di noi: "Abbà, Padre!". (cfr Gal 4,6)”.
La dignità umana, quindi, “è uguale per tutti gli esseri umani: quando calpesto quella dell’altro, calpesto anche la mia. È la libertà per la quale Cristo ci ha liberati!”, ha sottolineato il Papa.
Rievocando le sue parole di lode al popolo brasiliano per la sua “lezione di solidarietà”, il Pontefice ha auspicato che “i cristiani e le persone di buona volontà possano impegnarsi perché mai più un uomo o una donna, giovani o bambini, siano vittime della tratta degli esseri umani”.
La base più efficace “per ristabilire la dignità umana è annunciare il Vangelo di Cristo nella campagna e nelle città, perché Gesù vuole spargere la vita in abbondanza ovunque (cfrEvangelii gaudium, 75)”, ha poi concluso il Santo Padre, prima di impartire la benedizione apostolica sui fedeli brasiliani.
Luca Marcolivio (Zenit)

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Testo del Messaggio di Papa Francesco per la Campagna di Fraternità della Chiesa in Brasile
Di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato ai fedeli brasiliani in occasione dell’annuale Campagna quaresimale di Fraternità promossa dalla Chiesa in Brasile, quest’anno sul tema: “Fraternità e tratta di esseri umani”, con lo slogan “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5,1).
Cari brasiliani,
memore del vostro grande cuore e della calorosa accoglienza con cui mi avete ricevuto a braccia aperte in occasione della mia visita lo scorso luglio, vi chiedo adesso il permesso di accompagnarvi nel cammino quaresimale, che avrà inizio il 5 marzo, parlandovi della Campanha da Fraternidade (Campagna di Fraternità) che vi ricorda la vittoria della Pasqua: “Cristo ci ha liberato perché restassimo liberi” (Gal 5,1). Con la sua Passione, Morte e Risurrezione, Gesù Cristo ha liberato l’umanità dalla morte e del peccato.
Durante i prossimi quaranta giorni cercheremo di essere più coscienti della misericordia infinita che Dio ci ha donato e che ci ha chiesto di donare agli altri, soprattutto ai più bisognosi: “Sei libero! Vai e aiuta ad essere liberi anche i tuoi fratelli!”. In questo senso, volendo mobilitare i cristiani e le persone di buona volontà della società brasiliana contro una piaga sociale come quella della tratta degli esseri umani, i nostri fratelli vescovi brasiliani vi propongono quest’anno il tema “Fraternità e tratta degli esseri umani”. 
Non è possibile rimanere indifferenti quando si viene a sapere che esistono degli esseri umani comprati e venduti come merci! Pensiamo alle adozioni di bambini destinati all’espianto di organi, alle donne ingannate e obbligate a prostituirsi, ai lavoratori sfruttati, senza diritti, né voce, ecc. E’ questa la tratta degli esseri umani. “A questo punto c’è bisogno di un profondo esame di coscienza: quante volte infatti tolleriamo che un essere umano venga considerato come un oggetto, esposto per vendere un prodotto o per soddisfare desideri immorali? La persona umana non si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce. Chi la usa e la sfrutta, anche indirettamente, si rende complice di questa sopraffazione”. (Discorso ai Nuovi Ambasciatori, 12 XII 2013). Se, poi, passiamo al livello familiare ed entriamo in una casa, quante volte anche lì regna la prepotenza! Genitori che schiavizzano i figli, figli che schiavizzano i genitori; sposi che, dimentichi della loro chiamata per questo dono, si sfruttano come se fossero dei prodotti da consumare, dei prodotti usa e getta; anziani senza un posto nella società e bambini e adolescenti senza voce. Quanti attacchi ai valori basilari del tessuto familiare e della stessa convivenza sociale! Si, c’è bisogno di un profondo esame di coscienza. Come si può annunciare la gioia della Pasqua, senza essere solidali verso coloro che in questa terra vedono negata la propria libertà?
Cari brasiliani, siatene certi: se io offendo la dignità umana altrui è perché prima ho svenduto la mia. E perché l’ho fatto? Per avere potere, fama, beni materiali… E tutto ciò – e stupitevi! – in cambio della mia dignità di figlio e figlia di Dio, salvata a prezzo del sangue di Cristo sulla Croce e garantita dallo Spirito Santo che grida dentro di noi: “Abbà, Padre!”. (cfr Gal 4,6). La dignità umana è uguale per tutti gli esseri umani: quando calpesto quella dell’altro, calpesto anche la mia. E’ la libertà per la quale Cristo ci ha liberati! L’anno scorso quando sono stato insieme a voi, ho affermato che il popolo brasiliano dava una lezione di solidarietà; sicuro di ciò, auspico che i cristiani e le persone di buona volontà possano impegnarsi perché mai più un uomo o una donna, giovani o bambini, siano vittime della tratta degli esseri umani. E la base più efficace per ristabilire la dignità umana è annunciare il Vangelo di Cristo nella campagna e nelle città, perché Gesù vuole spargere la vita in abbondanza ovunque. (cfr Evangelii gaudium, 75).
Con questi auspici, invoco la protezione dell’Altissimo su tutti i brasiliani perché la vita nuova in Cristo vi raggiunga, nella più perfetta libertà di figli di Dio (cfr Rm 8,21), suscitando in ogni cuore sentimenti di tenerezza e compassione per i nostri fratelli e sorelle bisognosi di essere liberati, mentre vi invio una beneaugurante Benedizione Apostolica. Vaticano, 25 febbraio 2014.
FRANCESCO PP.