mercoledì 5 marzo 2014

Antonella Clerici e il Mercoledi delle Ceneri


"Grandi piatti per questo Mercoledi delle Ceneri!", così ha esclamato la signora Clerici, appena prima delle 13.30, su RaiUno, rete ammiraglia di quel servizio pubblico per il quale abbiamo (o no?) anche pagato il canone... Beninteso, nessuno pretende di imporre il digiuno alla signora, però, almeno un pò di rispetto per tutte quelle casalinghe cristiane che pure guardano il suo programma e che oggi (magari!) hanno cambiato canale. Come si può dar loro torto?

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Perché la Chiesa chiede digiuno, preghiera ed elemosina?

Una riflessione sulle pratiche quaresimali e sul rito delle Ceneri


Il rito delle ceneri segna l’inizio del tempo liturgico della quaresima, un tempo di preparazione alla celebrazione della Pasqua, un tempo nel quale la Chiesa invita ogni fedele a praticare il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Cerchiamo di analizzare queste tre pratiche per vivere degnamente e fruttuosamente il tempo pasquale, e per comprendere la novità della vita alla quale siamo chiamati.
Il digiunare viene immeditamente associato alla rinunzia dell’assunzione di cibo, ma questo verbo esprime vari significati a seconda del nome che esso accompagna. Digiunare dal male e dal peccato significa rinunziare agli atteggiamenti che danneggiano la vita materiale e spirituale dell’altro. La calunnia, la disinformazione e la diffamazione sono degli esempi eloquenti di come colpire il prossimo provocandogli gravi ferite.
Se la calunnia è la forma più grave di accusa perchè genera una menzogna, la disinformazione è una manipolazione della realtà che crea dolore contro coloro che la subiscono. Anche la diffamazione, con il suo diffondere malefatte passate o recenti, ha la capacità di indebolire la fama e la dignità di una persona, e per questo è un atteggiamento da evitare.
Tutte queste forme di digiuno verbale sono un vero atto penitenziale: astenersi dal portare fuori dall’abisso del nostro cuore i pensieri di giudizio e le intenzioni malvagie, costituisce una via di santificazione gradita a Dio.
La purificazione del cuore non significa solo evitare di esternare con parole i sentimenti di odio, di vendetta e di sopraffazione annidati nella propria anima. La forma di rinnovamento interiore maggiormente efficace è di estrarre il male dalla radice, e questo può avvenire solo nelle spazio intimo e segreto della preghiera.
Pregare significa aprire il proprio cuore a Dio, rendendosi disponibili a farsi illuminare da Lui, per avere la grazia di discernere quel buono che coincide con la Sua volontà. Pregare è un lasciare un tempo e uno spazio dedicato totalmente a Dio, in modo che Egli possa parlare ed agire nella nostra vita. La preghiera è quell’umile atteggiamento del povero di spirito il quale domanda con fiducia a Dio di eliminare la radice del suo vizio e della sua incredulità radicata nel cuore. Una volta avvenuta l’estirpazione del male da parte di Dio, la preghiera continua la sua azione chiedendo a Gesù, per mezzo dello Spirito Santo, di ricevere una semina di sante virtù.
Questo può essere realizzato solo da un cuore semplice e umile che dona il superfluo dell’argoglio, dell’arroganza e della superbia per elemosinare l’amore di Dio, Normalmente pensiamo all’elomosina come un qualcosa da dare ai poveri, come un gesto che compiamo verso un altro più bisognoso di noi. L’elemosina va pensata anche come un necessità esistenziale da riscoprire nel cammino quaresimale: sentirsi poveri di spirito e puri di cuore (come indicato nel Vangelo delle Beatitudini). Infatti la condizione di povertà e di purezza interiore conduce l’uomo a rivolgersi a Dio per supplicarLo di essere ricolmarti della pienezza del Suo amore, in modo da trovare senso e pienezza all’esistenza umana.
La parola elemosina per Dio non è legata ad un dono di una piccola misura o di una quantità limitata. Per elemosina dobbiamo intendere il culmine del nostro cammino spirituale che avviene quando riconosciamo di essere bisognosi di Dio, il quale dona tutto quello di cui abbiamo bisogno per giungere un giorno alla meta della vita eterna dinanzi a Lui.
In un mondo secolarizzato che cerca tutte le maniere di fare a meno di Dio, riconoscersi bisognosi di chiedere a Dio, diventa un qualcosa che normalmente nemmeno passa per la mente di una persona dei nostri tempi, e tanto meno nei desideri di molti cristiani.
Normalmente l’elemosina quaresimale viene pratica con la speranza di ricevere il centuplo in beni materiali. E quando invece delle ricchezze di questo mondo, riceviamo sovrabbondanti grazie spirituali, non riconosciamo l’amore di Dio.
Allora il cammino di penitenza che  siamo chiamati a intraprendere, non è solo un rinunziare a qualcosa di materiale che ci duole donare ai poveri. La forma pià alta di mortificazione è quella di riconoscersi umili e bisognosi dell’amore di Dio in ogni istante della nostra vita.
I santi sono coloro che compiono la volontà di Dio, perchè hanno l’umiltà di ritenersi inutili strumenti nelle mani di Dio, I santi decidono di lasciare a Dio di scrivere la loro storia, nutrendo la certezza di essere inseriti dentro una storia di amore. Quando l’uomo vuole scrivere da solo la storia della sua vita, quando vuole prendere possesso del proprio destino chiedendo a Dio di farsi da parte, il suo futuro diventa incerto e pieno di inquietudini, angosce e disperazione.
Allora quella cenere che viene sparsa sul capo del penitente assume un significato eloquente, perchè non solo ricorda il nostro destino di morte, ma afferma con forza la vittoria di Cristo sulla morte. Tutto questo è possibile a condizione di lasciarsi conquistare completamente dal Suo amore a tal punto da donarGli totalmente la nostra vita.
E questo può avvenire solo se siamo disponibili a dare in elemosina tutto quello che abbiamo, perchè il nostro cuore diventi puro, e così possiamo vivere dell’elemosina del suo amore vittorioso sul male, sul peccato e sulla morte.
Osvaldo Rinaldi

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Quaresima, palestra per l’anima e per il corpo



(di Cristina Siccardi) «Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris», ovvero: «Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai». Queste parole compaiono in Genesi 3,19 allorché Dio, dopo il peccato originale, cacciando Adamo dal giardino dell’Eden lo condanna alla fatica del lavoro e alla morte: «Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».
Questa frase veniva recitata il primo giorno di Quaresima, quando il sacerdote segnava la fronte dei fedeli con la cenere. Dopo la riforma liturgica, seguita al Concilio Vaticano II, la frase è stata mutata con la locuzione: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Tradizionalmente le ceneri rituali si ricavano bruciando i rami d’ulivo benedetti la domenica delle Palme dell’anno precedente.
Per il mercoledì delle ceneri è previsto il digiuno e l’astensione dalle carni, astensione che la Chiesa ha sempre richiesto per tutti i venerdì dell’anno, ma che negli ultimi decenni si limita ai venerdì del periodo quaresimale. Inizia dunque il tempo della penitenza, delle rinunce e del colore viola per la Liturgia Sacra al fine di prepararsi alla Passione e alla Morte del Salvatore, che vinse il peccato e la morte. Difficile per il cattolico contemporaneo vivere seriamente la Quaresima. Mentre per i musulmani si richiede rispetto per il loro Ramadan, per i cattolici non solo non viene dato similare rispetto, ma a molti di essi non viene neppure insegnato il reale significato della Quaresima.
Il Figlio di Dio digiunò, cacciò le tentazioni di Satana e subì la Passione e la Morte esclusivamente per noi. A noi resta il compito di vivere nella grazia di Dio, per sostituire le abitudini viziose, sorte con il peccato originale, con le virtù, che si acquisiscono e si coltivano grazie ai Sacramenti, alla preghiera, alle rinunce, ai fioretti, alle penitenze e alle buone opere. Non ci sono altri sistemi. Tuttavia, mancando la Fede autentica, la Quaresima non è più periodo essenziale per la vita del credente, bensì momento di laica solidarietà, che prende le distanze dalla carità evangelica; essa, infatti, non è più correlata alla Croce e si limita a divenire un mero esercizio sociale.
Insegna Sant’Agostino: «Il cristiano anche negli altri tempi dell’anno deve essere fervoroso nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine. Tuttavia questo tempo solenne deve stimolare anche coloro che negli altri giorni sono pigri in queste cose. Ma anche quelli che negli altri giorni sono solleciti nel fare queste opere buone, ora le debbono compiere con più fervore. La vita che trascorriamo in questo mondo è il tempo della nostra umiltà ed è simboleggiata da questi giorni nei quali il Cristo Signore, il quale ha sofferto morendo per noi una volta per sempre, sembra che ritorni ogni anno a soffrire. Infatti ciò che è stato fatto una sola volta per sempre, perché la nostra vita si rinnovasse, lo si celebra tutti gli anni per richiamarlo alla memoria. Se pertanto dobbiamo essere umili di cuore con tutta la forza di una pietà assolutamente verace per tutto il tempo di questo nostro pellegrinaggio, durante il quale viviamo in mezzo a tentazioni: quanto più dobbiamo esserlo in questi giorni nei quali non solo, vivendo, stiamo trascorrendo questo tempo della nostra umiltà, ma lo simboleggiamo anche con un’apposita celebrazione? L’umiltà di Cristo ci ha insegnato ad essere umili: nella morte infatti si sottomise ai peccatori; la glorificazione di Cristo glorifica anche noi: con la risurrezione infatti ha preceduto i suoi fedeli. Se noi siamo morti con lui ‒ dice l’Apostolo ‒ vivremo pure con lui; se perseveriamo, regneremo anche insieme con lui (2 Tim. 2, 11. 12)» (Sermoni, 206, 1).
Per avere la forza di vivere e sostenere le prove (le croci), senza esserne sopraffatti o, peggio, cercando di scappare da esse trovandone altre e di più pesanti, occorrono pratica e allenamento: il tempo di Quaresima è la miglior palestra per il corpo e per l’anima. (Cristina Siccardi)