mercoledì 4 settembre 2013

Da tutta la terra un grido di pace



Tweet di Papa Francesco oggi: "Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace! #prayforpeace " (4 settembre 2013)

*

All’udienza generale Papa Francesco rinnova l’invito alla giornata di preghiera e di digiuno. 

E ricordando l’incontro di Rio chiede ai giovani di essere forza di amore e misericordia che trasforma il mondo. «Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace!». Lo ha ripetuto Papa Francesco ai moltissimi fedeli che hanno affollato piazza San Pietro mercoledì mattina, 4 settembre, per la prima udienza generale dopo la sospensione del periodo estivo. Al termine dell’incontro il Pontefice ha rinnovato l’invito a «vivere intensamente» la speciale giornata di preghiera e di digiuno indetta per sabato 7 settembre, esortando in particolare i romani e i pellegrini a unirsi a lui nella veglia in programma dalle 19 alle 23 in piazza San Pietro. Un invito — esteso anche «agli altri fratelli cristiani, ai fratelli delle altre religioni e agli uomini e donne di buona volontà che vorranno unirsi, nei luoghi e nei modi loro propri, a questo momento» — che sta suscitando consensi e adesioni sempre crescenti tra credenti e non credenti in tutto il mondo. E che anche durante l’udienza generale ha trovato riscontro nella testimonianza di diversi gruppi e singoli fedeli impegnati a raccogliere l’appello di pace di Papa Francesco. Il quale ha voluto dedicare la catechesi al ricordo del viaggio compiuto in Brasile alla fine di luglio in occasione della Giornata mondiale della gioventù, riassumendo in tre parole l’esperienza vissuta in quei giorni a Rio de Janeiro: accoglienza, festa, missione. E chiedendo ai giovani di essere «una speranza per Dio» e «una speranza per la Chiesa» attraverso l’impegno a costruire «fraternità, condivisione, opere di misericordia, per rendere il mondo più giusto e più bello, per trasformarlo».
*
Lettera del Gran muftì di Damasco al Pontefice. Insieme per il bene di tutti

«Sua Santità la ringraziamo per questo appello di grande umanità, basato sulla fede» per digiunare e pregare Dio «perché possa portare pace sulla terra e proteggerci dal potere del male e dell’oppressione». Parole del Gran muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassoun, che accoglie così l’appello del Papa Francesco per la pace. Già nei giorni scorsi il leader spirituale sunnita aveva espresso il desiderio di essere in piazza San Pietro per partecipare sabato 7 alla veglia di preghiera indetta dal Pontefice. Adesso il muftì — secondo quanto riferisce l’agenzia Fides — ha indirizzato una lettera a Papa Francesco, nella quale definisce l’appello del Pontefice come «figlio delle leggi celesti», lodando l’iniziativa di «pregare per la pace in Siria» come «buona e per il bene per l’umanità». E rivolgendosi direttamente al Pontefice ricorda che le parole dell’appello del Papa sono in contrasto «con tutti coloro che nascondono la luce splendente della fede, della carità, della misericordia e della pace, che lei chiede e che tutti noi chiediamo, come chiesero i profeti e i messaggeri di Dio». Mostrando «profonda gratitudine per la sua attenzione spirituale» il muftì esprime il desiderio di «essere accanto al Papa nell’istante in cui la preghiera sarà alzata a Dio Altissimo». E, ricordando l’importanza dell’impegno per la pace da parte dei leader religiosi, aggiunge: «Restiamo, mano nella mano nel diffondere pace e sicurezza per tutti i popoli del mondo, per contrastare gli estremisti e le divisioni su base della confessione religiosa o dell’etnia. Continuiamo il nostro viaggio sulle orme dei profeti, dei santi, dei giusti e degli uomini buona volontà». 
Si moltiplicano, intanto, gli sforzi per evitare la guerra. L’episcopato degli Stati Uniti ha sollecitato i fedeli a contattare i rappresentanti al Congresso chiedendo loro di votare contro la risoluzione che intende autorizzare l’attacco militare. E da Damasco l’arcivescovo siro-ortodosso, Eustathius Matta Roham, ha ricordato, citando il Vangelo, che esistono demoni che si sconfiggono solo con il digiuno e la preghiera.
*
Summit ad Amman con l’intervento del re di Giordania Abdullah II. Arabi cristiani garanti dell’autentico islam

Guerre, attentati, profanazioni, emigrazioni: questi i temi trattati, sullo sfondo del conflitto siriano, dal summit internazionale sulla condizione dei cristiani in Medio Oriente svoltosi ad Amman, in Giordania, il 3 e 4 settembre. Voluto da sua maestà Abdullah II, re di Giordania, l’incontro, dal titolo: «The Challenges of Arab Christians» («La sfida degli arabi cristiani») è stato un’occasione per le Chiese in Medio Oriente per tentare di farsi ascoltare sulla scena internazionale in un momento in cui è grande il timore che possa deflagrare un conflitto di dimensione regionale, se non più vasto. Al summit internazionale hanno preso parte una settantina di patriarchi, delegati patriarcali, vescovi, sacerdoti ed altri responsabili religiosi, i quali hanno dato il loro contributo alle differenti sessioni di studio dedicate, in modo particolare, ai recenti sviluppi della situazione in Egitto, Siria, Iraq, Libano, Giordania e Gerusalemme. Erano presenti il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il nunzio apostolico in Giordania e in Iraq, arcivescovo Giorgio Lingua, il Patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal, il Patriarca ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, il Patriarca armeno ortodosso Nourhanne Manougian, il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Yohanna X al-Yazigi, residente a Damasco e fratello del metropolita d’Aleppo, Boulos al-Yazigi, rapito lo scorso aprile da sequestratori rimasti finora sconosciuti, assieme al metropolita siro-ortodosso d’Aleppo, Gregorios Yohanna Ibrahim.
«La protezione dei diritti dei cristiani nei conflitti di matrice religiosa che dilaniano il Medio Oriente — ha dichiarato il re di Giordania — non è una questione di cortesia, ma un dovere, anche perché i cristiani arabi hanno esercitato un ruolo chiave nella costruzione delle società arabe e nella difesa delle giuste ragioni della nostra nazione». Il monarca hascemita nel suo discorso ha sottolineato la necessità di una alleanza tra cristiani e musulmani per affrontare e sconfiggere insieme le derive settarie che alimentano i conflitti in tutta la regione, presentate come un corpo estraneo rispetto alle «nostre tradizioni e all’eredità umanitaria e culturale. Cristiani e musulmani — ha detto — devono coordinare gli sforzi e la piena cooperazione accordandosi su un “codice di condotta unificante”, perché proprio l’isolamento tra i seguaci delle diverse religioni può minare l’edificio sociale». In questa prospettiva, Abdullah II — che rivendica la propria discendenza dalla famiglia del profeta Mohammad — ha ribadito il suo impegno a collaborare “con ogni sforzo” alla custodia dell’identità araba cristiana. «Gli arabi cristiani — ha spiegato il re — sono in grado di comprendere più di ogni altro l’islam e i suoi veri valori e per questo possono difendere l’islam dai pregiudizi diffusi da chi ignora l’essenza di questa fede, che predica tolleranza e moderazione e rigetta l’estremismo e l’isolazionismo».
Tra i possibili terreni di collaborazione tra cristiani e musulmani, re Abdullah II ha riproposto anche la comune difesa della fisionomia plurale della Città Santa: «Noi tutti — ha sottolineato — abbiamo il dovere di difendere l’identità araba di Gerusalemme e proteggere i suoi luoghi santi islamici e cristiani». 
Il summit di Amman era stato già menzionato il 29 agosto scorso nell’incontro in Vaticano tra Papa Francesco e re Abdullah II. In quell’occasione è stato riaffermato che la via del dialogo e della negoziazione fra tutti i componenti della società siriana, con il sostegno della comunità internazionale, è l’unica opzione per porre fine al conflitto e alle violenze che ogni giorno causano la perdita di tante vite umane, soprattutto fra la popolazione inerme. Anche nel presentare il summit gli organizzatori hanno scritto che «il Medio Oriente è il luogo di nascita del cristianesimo, ma i recenti sconvolgimenti hanno portato le comunità cristiane a confrontarsi con sfide difficili nella regione». Di conseguenza la conferenza ha avuto l’obiettivo di riunire i capi di tutte le Chiese cristiane del Medio Oriente, «per dare loro una voce che verrà ascoltata sulla scena mondiale. Solo identificando chiaramente, discutendo e documentando queste sfide — hanno spiegato gli organizzatori — si possono trovare soluzioni ad esse che potranno, a Dio piacendo, garantire la sicurezza stabile e la prosperità del cristianesimo mediorientale come parte indelebile ed essenziale del ricco mosaico del Medio Oriente». 
Il Patriarca Twal, durante il suo intervento, si è interrogato sulla legittimità e sui rischi di un eventuale attacco militare in Siria. Per il cardinale Béchara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, alcuni Paesi tendono a fomentare i conflitti nella regione. «Stiamo vedendo — ha sottolineato — la distruzione totale di ciò che i cristiani hanno potuto costruire nel corso di 1400 anni di coabitazione con i musulmani». Il nunzio apostolico Lingua ha fatto notare che i cristiani si aspettano molto «non solo da parte delle autorità religiose, ma anche da quelle politiche. Il rombo dei cannoni della vicina Siria non farà sentire gli iracheni più tranquilli e ottimisti per il futuro». A proposito dell’Iraq, anche il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, aveva affermato qualche giorno fa che l’intervento militare in Siria è «un’operazione volta a far esplodere un vulcano con ricadute sull’Iraq, sul Libano e sui territori palestinesi. E forse qualcuno vuole precisamente questo». L’opposizione ad Assad — ha concluso il Patriarca — è divisa, i vari gruppi si combattono tra loro, c’è un moltiplicarsi di milizie jihadiste. Che fine farà quel Paese, dopo?».
Intanto, le Chiese in Medio Oriente si sentono sostenute e confortate dall’appello di Papa Francesco che ha indetto per sabato prossimo una giornata di digiuno e preghiera. L’appello ha fatto breccia nei cuori a tutti i livelli, nei vescovi e nei semplici fedeli. Le comunità cristiane in Siria, in Medio Oriente e nella diaspora hanno accolto con speranza l’iniziativa del Santo Padre e si preparano a unirsi al digiuno e alla preghiera.
L'Osservatore Romano