lunedì 9 settembre 2013

Età della vita spirituale: le conclusioni del Convegno

Antonio non si ricordava del tempo trascorso, ma ogni giorno, come se cominciasse in quel momento la sua vita di ascesi, intensificava gli sforzi per progredire, ripetendo continuamente a se stesso il detto di Paolo: Dimentico del passato, mi protendo verso ciò che sta davanti

Si è concluso presso il monastero di Bose sabato 7 settembre 2013 il XXI Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse e dedicato alle Età della vita spirituale. Metropoliti, vescovi e monaci appartenenti alle Chiese ortodosse, alla Riforma e alla Chiesa cattolica, dopo quattro intensi giorni d’incontri e dialogo, hanno terminato i lavori con una preghiera per la pace nella chiesa monastica di Bose, in adesione all’appello del vescovo di Roma, papa Francesco.
 Le rappresentanze delle Chiese
Il Convegno di Bose ha voluto mettersi in ascolto della sapienza dei padri, per offrire uno spazio di riflessione sul tema della maturazione spirituale attraverso le crisi di passaggio tra le età della vita, nella persuasione che la dimensione spirituale sia essenziale per un’autentica maturazione umana. È l’idea messa in rilievo dai numerosi messaggi augurali dei capi delle chiese, tra cui i messaggi del patriarca ecumenico Bartholomeos I, letto dal delegato del patriarca, il vescovo Iosif di Patara; del metropolita Ilarion a nome di Sua Santità il patriarca di Mosca Kirill I, e quello inviato dal card. Tarcisio Bertone a nome di Sua Santità papa Francesco. 
Per la Chiesa Cattolica sono intervenuti al Convegno mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia, presidente della commissione “Ecumenismo e dialogo interreligioso” della Conferenza episcopale italiana, che ha dato lettura del saluto di monsignor Mariano Crociata, segretario generale della CEI; l’arcivescovo Antonio Mennini, nunzio apostolico nel Regno Unito; monsignor Gabriele Mana, vescovo di Biella e ordinario del luogo, e padre Hyacinthe Destivelle, del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che ha recato il messaggio del suo presidente Card. Kurt Koch.
Il vescovo Konstantin (Ostrovskij) di Zarajsk, ha guidato la delegazione del Patriarcato di Mosca, con padreDimitrij Sizonenko, responsabile del dialogo intercristiano del Dipartimento per le relazioni esterne. Il vescovo Stefan di Gomel’ e Žhiobin ha letto il messaggio del metropolita Filaret di Minsk, esarca patriarcale di Bielorussia; del patriarcato di Mosca erano inoltre presenti l’arcivescovoZosima di Vladikavkaz, padre Stefan Domuschi, delegato dell’Accademia teologica di Mosca, l’archimandrita Serafim (Petrovskij), delegato del metropolita Aleksandr di Alma Ata e del Kazakhstan, gli ieromonaci Amvrosij (Vajnagij) ePimen (Vojat) della Lavra delle Grotte di Kiev, che hanno recato il saluto del metropolita Volodimir di Kiev.
Il vescovo Ignatie di Mureş ha letto il messaggio del patriarca Daniel della Chiesa ortodossa romena. Hanno preso parte ai lavori del convegno il metropolita Dometian di Vidin, che ha trasmesso il saluto personale del patriarca Neofit e il vescovo Boris di Agatonitsa (Chiesa ortodossa Bulgara); il vescovo Melchisedek di Pittsburgh (Chiesa ortodossa d’America); l’archimandrita Athenagoras(Fasiolo), che ha dato il saluto del metropolita Gennadios d’Italia; il canonico Hugh Wybrew, che ha rivolto ai partecipanti il saluto dell'Arcivescovo di Canterbury Justin Welby; il vescovo Maxim dell’America Occidentale, che ha letto la lettera di Sua Santità Irinej, patriarca di Serbia.
I messaggi di Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, dell’Arcivescovo di Atene Ieronymos II, del metropolita Elias di Beirut e quello del Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese Olaf Fikse Tveit, sono stati letti rispettivamente da p. Zakaria Baghumyan, dal prof.Spirydon Kontoyannis, da p. Porphyrios Giorgi e dal drMichel Nseir.
Di rilievo è stata la presenza di monaci e monache, provenienti da monasteri ortodossi (Grecia, Russia, Ucraina, Bulgaria, Romania, Turchia, Monte Sinai, Armenia, Francia, Inghilterra, Stati Uniti), cattolici e riformati (Belgio, Francia, Italia, Svizzera, Ungheria); in particolare quella di padreJoustinos, del monastero di Santa Caterina del Sinai in Egitto, di p. Evdokimos Karakoulakis del sacro monastero di Koutloumoussiou del Monte Athos, di p. Vasilije(Grolimund) di Geilnau. Hanno preso parte al Convegno anche l’ambasciatore di Romania presso la Santa Sede,Bogdan Tataru-Cazaban e i professori Gelian Prochorov(San Pietroburgo), Spyridon Kontoyannis e Nikitas Aliprandis (Atene), Pantelis Kalaitzidis (Volos).

Nel discorso introduttivo Enzo Bianchi, priore di Bose, ha spiegato il senso del tema del convegno, che conduce a meditare “sul segno che il passare tempo lascia nel nostro corpo, nella nostra mente, nel nostro cuore, ma anche nella nostra vita spirituale”. Il libro di Pavel Evdokimov, Le età della vita spirituale (Parigi 1964) ha ispirato la scelta del tema: le pagine del noto teologo ortodosso russo rivelano il volto di una santità capace di entrare in rapporto con Dio e con l’umanità, “depositaria della filantropia divina” (Gregorio di Nazianzo). Questo “amore divino per l’uomo” fa del cristianesimo la manifestazione di Dio che è amore: la vita spirituale cristiana, in quanto “vita in Dio”, è guarigione dell’umana capacità di amare, come ha mostrato la prolusione del vescovo Iosif di Patara, dedicata alla Vita spirituale e unità dei cristiani.
La prima parte del convegno ha interrogato la Scrittura e la tradizione dei padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente.
Michail Želtov, professore all’Accademia teologica di Mosca, ha proposto una riflessione sul battesimo quale fonte della vita in Cristo, sacramento che, realizzando la morte al peccato e la nuova nascita del credente, lo integra nella Chiesa, aprendogli una prospettiva di vita propriamente cristiana. Il biblista Andrej Desnickij di Mosca, rifacendosi alla Vita di Mosè di Gregorio di Nissa, ha offerto un’interpretazione biblico-patristica della vita del profeta come cammino esemplare di purificazione per l’uomo alla ricerca di Dio.
Petros Vassiliadis, professore di Nuovo Testamento a Tessalonica, commentando la pericope di Efesini 4,7-13 sulla “piena maturità di Cristo”, ha ricordato che la spiritualità cristiana deve integrare l’aspetto cristologico, terapeutico ed ecclesiologico. L’analisi della dottrina dell’infinito progresso spirituale caratteristica del pensiero di Gregorio di Nissa è stata affidata al patrologo Andrew Louth, professore emerito dell’Università di Durham.
I modelli di sviluppo della vita spirituale nei padri siriaci, che distinguono sulla scorta di Paolo tra uomo “carnale”, “psichico” e “pneumatico”, sono stati analizzati dal professor Sebastian Brock di Oxford. Symeon Paschalidis, professore di patristica e agiografia a Tessalonica, considerando come il termine “perfetto” (téleios) nel Nuovo Testamento indica l’uomo “rinnovato”, maturo e ben fondato in Cristo, si è soffermato sull’idea di “perfezione” in ogni vocazione cristiana secondo la tradizione dei padri. Norman Russell (Farnham) ha concentrato il suo intervento sulla Scaladi Giovanni Climaco, al cui culmine sta la carità come scopo dell’intera vita monastica e via di assimilazione a Cristo.
La tradizione monastica occidentale è stata presentata da p. Michel Van Parys, già abate di Chevetogne e membro del comitato scientifico, che si è soffermato sulla “scala dell’umiltà” della Regola di Benedetto; padre Metodije Marković, igumeno del Monastero San Nicola di Vranje, ha proposto alcuni pensieri sull’inizio della vita monastica, risposta al comandamento di amare Dio “con tutto il cuore” in un quotidiano impegno di conversione.
Nella seconda parte del convegno, i relatori hanno cercato di mettere in relazione la sapienza dei padri con gli interrogativi del tempo presente.
Possono aiutare le crisi nella crescita spirituale?” è il titolo dell’intervento di p. Vassilios Thermos, presbitero greco, psicologo, professore di teologia sociale all’Università di Atene ed esperto del rapporto tra teologia e psicanalisi. Ogni crisi può essere allo stesso tempo un rischio dagli esiti mortiferi e un’occasione propizia di progresso e maturazione spirituale; in particolare la chiesa come spazio comunitario dovrebbe essere un «laboratorio in cui le crisi possono essere trasformate in vie di salvezza».
Esiste un’arte di invecchiare nella vita cristiana?, si è chiesto Andrei Pleşu, noto filosofo e saggista romeno, che ha ricoperto anche la carica di ministro della cultura e degli affari esteri del suo paese. Ciò che la tradizione cristiana ha definito «anzianità» in senso positivo, quale fonte di autorità e di magistero spirituale, non è il frutto di un accumulo puramente quantitativo di esperienze dovute all’età avanzata, ma è unaqualità che può manifestarsi in ogni età della vita nella misura in cui si vive il tempo come «occasione» (kairós), situandosi al di là del mero flusso cronologico, e mantenendo un contatto con le «origini» e la «trascendenza» del mondo e della vita.
L’invisibilità della morte nel mondo contemporaneo cancella anche la presenza di Dio: la paradossalità del cristianesimo sta nel fatto che Cristo ha svelato il volto di Dio morendo come uomo. È una delle tesi di John Behr, decano del St Vladimir’s Theological Seminary, che parlando del“Vivere la morte cristiana”, ha mostrato come per il cristiano la vita nasce dalla decisione di morire a se stesso, in forza del battesimo, non vivendo più per se stesso ma per gli altri. Questa donazione di sé trasforma il proprio concreto morire in una manifestazione del mistero pasquale.
Quali indicazioni ha da offrire la tradizione monastica ortodossa fra le successive tappe della vita umana e le età della vita spirituale? Quale rapporto fra l’età giovanile e lo slancio del fervore spirituale, fra l’età di mezzo e il servizio del prossimo, fra la vecchiaia e la speranza cristiana nella malattia e nella morte? Ecco alcune delle domande che sono state affrontate nella tavola rotonda dedicata alla “Speranza cristiana nelle età della vita”, moderata da KonstantinSigov, professore di filosofia all’Accademia Moghiliana di Kiev, in cui sono intervenuti Vassilios (Karayiannis), metropolita di Constantia-Ammochostos (Cipro), dal 2006 moderatore della commissione di Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese di Ginevra; AthanasiosPapathanassiou, teologo ateniese, direttore della rivista teologica SynaxisAntoine Arjakovsky, filosofo e teologo ortodosso, dal 2011 co-direttore del dipartimento « Società, Libertà, Pace » del Collège des Bernardins di Parigi.
Imparare a discernere l’azione dello Spirito in ogni età della vita significa anche aprire cammini di speranza per gli uomini e le donne che affrontano l’esperienza della sofferenza e della solitudine. Padre Porphyrios Giorgi, docente a Balamand, ha mostrato come nell’insegnamento di Gregorio Palamas la dottrina della divinizzazione sia il compimento dell’umano nella sua autenticità. La chiesa, luogo della celebrazione eucaristica e spazio di comunione tra gli uomini e Dio, è anche l’occasione di vivere un tempo pieno di senso, come ha spiegato nella sua relazione conclusiva, Il tempo nella vita della chiesa, il vescovo Maxim dell’America Occidentale della Chiesa ortodossa serba (Los Angeles).
Le conclusione del convegno sono state lette da fratelAdalberto Mainardi, monaco di Bose, a nome del comitato scientifico.
Nei ringraziamenti finali (v. infra), Enzo Bianchi ha ricordato come il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e altri capi delle Chiese ortodosse hanno raccolto l’appello del “fratello in Cristo Francesco”, vescovo di Roma, a pregare e digiunare per la pace in Medio Oriente. E proprio la pace, nella sua valenza cristologica e nella sua dimensione spirituale, è stato proposto come uno dei temi per il XXII Convegno ecumenico di spiritualità ortodossa, che si terrà nella prima settimana di settembre del 2014.

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Sintesi di tutte le relazioni del Convegno
ENZO BIANCHI
Introduzione al Convegno

Il priore del Monastero di Bose e presidente del Comitato scientifico del convegno introduce i lavori rivolgendo saluti alle delegazioni delle chiese presenti in sala. Di seguito si dà lettura di alcuni dei messaggi augurali rivolti dai capi delle chiese ai partecipanti al convegno.
+ IOSIF DI PATARA
Vita spirituale e unità dei cristiani
Partendo dalla premessa che il cristianesimo è manifestazione di Dio che è amore, e che la vita spirituale cristiana, in quanto “vita in Dio”, è guarigione dell’umana capacità di amare, si può arrivare a comprendere che l’unione  visibile dei cristiani è un processo che attiene necessariamente alla loro maturazione spirituale, come a quella delle istituzioni di cui fanno parte: «L'amore ci rende uno: uno con Dio, uno in noi stessi, uno con gli altri. L'unità dei cristiani è fatta dall’amore, nell’amore e per amore. Senza amore vero non ci sarà mai l'unità. Con l’amore di Cristo, però, sarà possibile, sarà realtà!».
MICHAIL ŽELTOV
Il battesimo, fonte della vita in Cristo

Il sacramento del battesimo, impartito in nome della Trinità attraverso una triplice immersione, realizza la morte al peccato e la nuova nascita del credente, integrandolo nel “corpo di Cristo”, la Chiesa. Il dono dello Spirito, all’opera nel battesimo, è sigillato attraverso il santo crisma, impartito subito dopo il battesimo e ad esso inscindibilmente legato. Nella Chiesa solo coloro che sono stati immersi nel battesimo e unti con il crisma sono in grado di accedere alla mensa dell’eucaristia, il principale sacramento, e a tutti gli altri sacramenti. Costoro costituiscono un “sacerdozio regale” e sono “tempio dello Spirito santo” perché la loro intera vita deve divenire un’offerta santa elevata a Dio. Nella prospettiva cristiana solo questa vita auto-sacrificale si riempie di profondità e di senso.
ANDREJ DESNICKIJ
Un’interpretazione biblico-patristica
della vita di Mosé come cammino spirituale 

La Vita di Mosé di Gregorio di Nissa è un ottimo esempio dell’esegesi biblica attualizzante praticata dai padri della chiesa: più che informazioni sul passato, il lettore è invitato a trovarvi indicazioni pratiche per il suo agire. La vita del profeta Mosè diventa un cammino esemplare di purificazione: l’uomo deve rifiutare le concezioni fallaci, le percezioni sensoriali e perfino le sue costruzioni mentali, per giungere ad accogliere con cuore puro e mente illuminata la misteriosa visione di Dio. La natura di Dio è inattingibile, ma l’uomo è chiamato a cercarlo continuamente, e quanto più tende lo sguardo, tanto più è forte in lui il desiderio di vedere di più: la “perfezione” sta in un movimento continuo e senza limite.
PETROS VASSILIADIS
“Alla misura della maturità di Cristo
” (Ef 4,13):
il sostrato biblico della spiritualità cristiana 

La pericope di Ef 4,7-13 riassume gli stadi della maturità spirituale secondo una prospettiva squisitamente ecclesiologica. Per comprendere questo testo ci si riferisce al sostrato biblico complessivo della spiritualità cristiana, mostrando come essa si sia evoluta dall’impostazione “etico-comunitaria” originaria, già propria dei profeti (che richiamavano le esigenze fondamentali della Legge e dell’alleanza) e poi di Gesù e della chiesa primitiva, a quella “ecclesiologica” introdotta da s. Paolo (che costituisce una variante meno radicale della prima), fino a quella “terapeutica”, sviluppatasi solo a partire dal III sec. con Origene e la scuola alessandrina, e influenzata parzialmente dalla filosofia neoplatonica, la quale si allontana non poco dall’impostazione biblica. Quest’ultima forma di spiritualità, a tendenza individualistica, è storicamente legata alla nascita e allo sviluppo del monachesimo, che però – occorre dire – non ne è rimasto prigioniero, soprattutto grazie all’insegnamento di alcuni Padri della chiesa, che hanno permesso di comprenderlo in modo autenticamente “ecclesiale” fino a integrarlo a pieno nella vita della chiesa.
ANDREW LOUTH
“D’inizio in inizio”: il progresso spirituale infinito in San Gregorio di Nissa

 Nel quadro generale della dottrina del progresso spirituale (epéktasis) caratteristica del pensiero di Gregorio di Nissa, qual è il significato dell’espressione “Di inizio in inizio”, tratta dall’Omelia 6 sul Cantico dei Cantici? La vita spirituale, alla luce di questo testo, appare come un progresso che non ammette fine perché in essa si tratta sempre di mantenere e ritrovare un contatto con Dio, Inizio e Principio (arché) di tutto ciò che è autentico e buono: creazione, redenzione e divinizzazione. Passare “di inizio in inizio” per il cristiano significa rinnovare incessantemente il suo contatto con Dio. 

SEBASTIAN BROCK
Le tappe della vita spirituale secondo Sant’Isacco il Siro e la tradizione siriaca

Gli autori della tradizione siriaca conoscono due principali modelli di sviluppo della vita spirituale: un modello in due tappe e uno in tre tappe. Quest’ultimo è il più diffuso e si fonda sulla distinzione paolina tra uomo “carnale”, “psichico” e “pneumatico”. Anche Isacco il Siro parla di “tre gradi della conoscenza”, associati rispettivamente al corpo, all’anima e allo spirito. Ciascuno di essi ha le sue specifiche pratiche spirituali, ma il passaggio al grado successivo non determina l’abbandono delle pratiche del grado precedente, ma ne modifica piuttosto lo scopo e il modo di adempimento. Più che di una progressione temporale lineare, si può parlare di movimento ‘verticale’ che alterna alti e bassi, in base all’azione concomitante delle lotte contro le tentazioni, da una parte, e dell’assistenza divina, dall’altra. Lo stadio più alto è raggiunto di rado, sempre grazie a una profonda umiltà e mai in modo stabile: si tratta di una condizione di puro “stupore” in cui ogni iniziativa umana è sostituita dall’attività dello Spirito santo.
SYMEON PASCHALIDIS
La perfezione-maturità spirituale nel mondo secondo l’antica tradizione patristico-monastica

Nei testi del Nuovo Testamento il termine “perfetto” (téleios) indica l’uomo “rinnovato”, maturo e ben fondato in Cristo, distinto da chi è ancora spiritualmente “bambino” e instabile nella fede. Per i padri dei primi secoli questa “perfezione” cristiana si fonda su tre componenti: amore verso Dio e il prossimo, libertà dal peccato e raggiungimento della condizione di “somiglianza con Dio” (to kath’omoiosin). Nel definire tale perfezione per i padri dei primi quattro secoli non è discriminante la scelta di celibato: essi sono convinti che anche nella vita coniugale sia possibile vivere in obbedienza ai comandamenti di Dio. La comparsa del monachesimo, nel IV-V secolo, benché sia determinante nel definire una particolare via di perfezione cristiana, non elimina la possibilità di conseguire le stesse virtù dei monaci vivendo nel “mondo”. Significative in questo senso sono soprattutto le testimonianze della letteratura ascetica del V-VI secolo (e oltre), dove più volte si afferma il principio che a partire da ogni stato di vita è possibile raggiungere la pienezza della vocazione cristiana, perché fondamentale è l’impegno della volontà in sinergia con la grazia divina, più che le condizioni esterne di vita. Anche un semplice ciabattino di Alessandria può uguagliare o perfino superare la virtù del grande Antonio.
NORMAN RUSSELL
Ascensione spirituale
e forme della vita monastica in San Giovanni Climaco

La Scala di Giovanni il Sinaita (o Giovanni Climaco), una delle opere fondamentali della tradizione monastica orientale, è suddivisa in 30 discorsi o “gradini” (come i 30 anni della maturità di Cristo) e traccia un itinerario che, partendo dalle virtù fondamentali (rinuncia, distacco, estraneità), giunge a quelle più alte (preghiera, impassibilità, carità): la carità è presentata come lo scopo dell’intera vita monastica e realizza l’assimilazione a Cristo. L’opera è rivolta ai monaci cenobiti – per aiutarli nel discernimento del momento opportuno in cui passare alla vita eremitica, ma anche ai monaci eremiti – per esortarli a perseverare nella vita già intrapresa, o in alcuni casi a valutare la necessità di un ritorno alla vita comune. Infatti, afferma l’autore, “la preghiera solitaria è solo per pochi”.
MICHEL VAN PARYS
La scala dell’umiltà
e la comunione fraterna secondo San Benedetto

La Regola di Benedetto, uno dei testi fondatori della tradizione monastica occidentale, nel cap. 7 contiene la descrizione della cosiddetta «scala dell’umiltà», un itinerario spirituale suddiviso in dodici gradini nel quale l’acquisizione di un’umiltà sempre più profonda si accompagna a un grado sempre più autentico di comunione con Dio e con i fratelli: “saliti tutti questi gradini di umiltà subito il monaco giungerà a quella carità di Dio che scaccia ogni timore” (RB 7,67).
MEFODIJ MARKOVIĆ,
L’inizio del cammino monastico

La vita monastica è una risposta al comandamento di amare Dio «con tutto il cuore»: il suo fondamento consiste nel prendere le distanze dal «mondo». Ma affinché sia autentico è necessario valutare il significato e le motivazioni di tale passo: la forza trainante dovrebbe essere il pentimento-conversione.  La vita monastica è vita di conversione quotidiana. I monaci provengono da questo mondo per ri-unirsi con esso nell’amore di Cristo, un amore non ipocrita e umile: essi sono chiamati a testimoniare così con la loro vita che la morte è stata sconfitta da Cristo.
VASSILIOS THERMOS
Possono aiutare le crisi nella crescita spirituale?

In ogni forma di crisi la persona diventa maggiormente vulnerabile. Grazie al “potenziale di cambiamento” che in essa si sviluppa, ogni crisi può essere allo stesso tempo un rischio dagli esiti mortiferi e un’occasione propizia di progresso spirituale. La crisi obbliga sempre a trovare nuovi equilibri psichici, allarga l’orizzonte conoscitivo e attraverso il dolore che sempre porta con sé può essereuno stimolo di maturazione. I cristiani dovrebbero imparare a pensare le crisi in modo meno individualistico valorizzandole a vantaggio dell’intero corpo ecclesiale: la chiesa è precisamente quel «laboratorio dove le crisi possono essere trasformate in vie di salvezza».

ANDREI PLEŞU
L’arte di invecchiare nella vita cristiana

In una prospettiva cristiana la vecchiaia non è né il paradiso né l’inferno. La Scrittura mostra come la vecchiaia in sé non sia migliore né meno ambigua di altre età: dipende dal modo in cui è vissuta. In fondo, ciò che la tradizione cristiana ha definito «anzianità» in senso positivo, come fonte di autorità e di magistero spirituale, non è il frutto di un accumulo puramente quantitativo di esperienze dovute all’età avanzata, ma è una qualità che può manifestarsi in ogni età della vita nella misura in cui si vive il tempo come «occasione» (kairós), situandosi al di là del mero flusso cronologico, e mantenendo un contatto con le «origini» e la «trascendenza» del mondo e della vita. In definitiva la sfida della vecchiaia per un cristiano è quella espressa nel dialogo tra Gesù e Nicodemo : «Come può nascere un uomo quando è vecchio?» «Bisogna nascere dall’alto» (Gv 3,4.7).
JOHN BEHR
Vivere la morte cristiana

Cristo ci ha mostrato che cosa vuol dire essere Dio attraverso il modo in cui è morto come essere umano. Se non vediamo più la morte, se la escludiamo dal nostro orizzonte di vita (come la società contemporanea tende a fare) non vedremo neppure il “volto” di Dio. Per un cristiano la vita viene attraverso la morte. Un’autentica ars moriendi dal punto di vista cristiano prende avvio dalla decisione di morire a se stessi, in forza del battesimo, prendendo su di sé la “croce” e non vivendo più per se stessi ma per gli altri, e culmina nell’atto di trasformare il proprio concreto morire in una manifestazione del mistero pasquale (come mostra il luminoso esempio dei martiri).
Tavola rotonda:
“La speranza cristiana nelle età della vita”
Modera: KONSTANTIN SIGOV
ANTOINE ARJAKOVSKY
ATHANASIOS PAPATHANASIOU
+ VASSILIOS di Constantia-Ammochostos
Quali indicazioni ha da offrire la tradizione monastica ortodossa fra le successive tappe della vita umana e le età della vita spirituale? Quale rapporto fra l’età giovanile e lo slancio del fervore spirituale, fra l’età di mezzo e il servizio del prossimo, fra la vecchiaia e la speranza cristiana nella malattia e nella morte? Ecco alcune delle domande che saranno affrontate in questa  tavola rotonda che vede la partecipazione straordinaria del Metropolita Vassilios (Karayiannis) di Constantia e Ammochostos, delegato dell’Arcivescovo di Cipro Chrysostomos II, moderatore della commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

La divinizzazione, compimento dell’umano
PORPHYRIOS GIORGI, Balamand                       
Il tempo nella vita della chiesa
+ MAXIM OF WESTERN AMERICA
Nell’esperienza ecclesiale il tempo cronologico, in quanto parte della creazione di Dio, è “cosa buona”. Allo stesso tempo esso reclama una un superamento e una redenzione dalla realtà della “morte” che toglie ogni senso al fluire cronologico rendendo continuamente “passato” il “presente” dell’esistenza. La chiesa sperimenta tale redenzione del tempo nell’eucarestia, che è una storia condensata di futuro. Ma il futuro proposto nell’eucarestia non scaturisce dal passato; penetra nel presente di propria iniziativa, “come un ladro nella notte” (2Pt 3,10): è la venuta del Regno che non avviene “in modo osservabile” (Lc 17,10), ma è libero dono da parte di Dio. Ciò non significa che l’uomo debba restare inattivo di fronte alla prospettiva del futuro escatologico, ma che tutto ciò che egli fa resta penultimo: c’è sempre uno spazio per il giudizio ultimo e indeducibile da parte di Dio.
Conclusioni del convegno
ADALBERTO MAINARDI, Bose

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Ringraziamenti finali di Enzo Bianchi
Per concludere questo XXI Convegno voglio semplicemente esprimere un grande ringraziamento al Signore nostro. È il Signore che ci accompagna sempre in questi convegni; è il Signore che sta in mezzo a noi con la sua misericordia e il suo amore; è il Signore che ci permette di incontrarci, di ascoltarci a vicenda, di scambiarci doni, i doni che le nostre chiese hanno e che devono essere condivisi tra quanti si dicono cristiani. Il ringraziamento al Signore lo esprimeremo certamente nella preghiera, ma è anche un sentimento convinto, profondo che sta nei nostri cuori e quindi dobbiamo riconoscerlo al termine di questi nostri incontri. E quest’anno questo ringraziamento si lega con forza a una invocazione per la pace, una preghiera per la pace che faremo ora a mezzodì e ancora questa sera a vespro. Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e altri capi delle Chiese ortodosse hanno raccolto l’appello del “fratello in Cristo Francesco”, vescovo di Roma, a pregare e digiunare per la pace in Medio Oriente. Il patriarca Bartolomeo ha scritto: “preghiamo perché prevalga la pace. Solo la pace consentirà anche ai cristiani del Medio Oriente di continuare a vivere senza alcun impedimento in quelle terre in cui sono nati e che sono anche le loro terre”. È in questo appello per la pace che ricorderemo i due vescovi di Aleppo, Paul e Yuhanna, sequestrati e non ancora rilasciati. Faremo anche un ricordo dell’Egitto, soprattutto della Chiesa copta in questo momento di grande trepidazione. 
Ascoltando le relazioni di grande qualità che si sono succedute in questi giorni sul tema delle età della vita spirituale, sentivo sottostare costantemente alcune parole di Doroteo di Gaza (Insegnamenti, 10, 106-107), parole che sempre ci accompagnano e che troviamo sempre attuali: “Noi siamo dei pellegrini che hanno come meta del loro viaggio la città della pace”. 
Spesso nei diversi contributi ascoltati è stata sottolineata anche la necessità dell’umiltà nell’attraversare le tappe della vita spirituale, quando ci sono richiesti anche molta attenzione e molto discernimento. Ricordo le parole di Alexander Schmemann: “Cristiano, fratello sii sempre semplice, gioioso, radioso. Non dare lezioni, evita, come se fosse la peste, tutti gli atteggiamenti esteriori, non autentici, non veri”.
Questi nostri convegni, che fin dall’inizio hanno avuto la benedizione del Patriarcato ecumenico e del Patriarcato di Mosca, che ci hanno sempre sostenuto e incoraggiato, e da qualche anno anche quello delle altre Chiese ortodosse, vorrebbero essere proprio in questo senso un’occasione di amicizia sincera, leale, umane in cui trovare anche vie di umiltà, vie di riconciliazione, vie di discernimento.

Le conclusioni sono state date da fratel Adalberto e io non voglio assolutamente ripetere. Voglio semplicemente alla fine di nuovo  ringraziare il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, il vescovo delegato Iossif di Patara, senza dimenticare l’archimandrita del trono ecumenico Atenagora, che ringraziamo anche per la celebrazione del vespro da lui curata ieri sera; il patriarca di Mosca Kirill I e il metropolita Ilarione di Volokolamsk; l'arcivescovo di Zosima di Vladikavkaz, che è tornato con grande bontà in mezzo a noi; il vescovo Konstantin di Zarajsk, capo delegazione con padre Dimitrij Sizonenko; i  monaci della Lavra delle grotte inviati dal metropolita di Kiev Volodimir, che è sempre nelle nostre preghiere; il vescovo Stefan di Gomel e Zlobin, dell’esarcato di Bielorussia, ritornato di nuovo in mezzo a noi in rappresentanza del metropolita Filaret, cui siamo legati da antica stima e amicizia. 
Un ringraziamento per le Chiese che hanno inviato i loro rappresentanti o messaggi di fraterna partecipazione; i vescovi che ci hanno frequentato in questi giorni, ma poi soprattutto alcuni: il metropolita della Chiesa ortodossa Bulgara Dometian di Vidin, cui siamo molto affezionati, che ci ha fatto l’onore di tornare fra di noi. Non dimentichiamo che è venuto qui nel ’71, quanto la nostra comunità era un pugno ed era semplicemente una cosa non solo piccola ma minima, eppure ci fece visita allora, e noi siamo grati che sia tornato, l’abbiamo mai dimenticato in questi anni, perché in quel momento fu di grande grazia per noi avere la visita sua, la visita di Antoine Bloom, la visita di Emilianos Timiadis, la visita di altri vescovi ortodossi che venivano qui a trovarci anche se qui c’era quasi niente, eravamo 6, 7 fratelli 2 sorelle, 3 non di più, ma insomma ci han dato grande speranza e hanno fatto crescere in noi l’amore per le Chiese ortodosse. Voglio ringraziare il vescovo Boris di Agatonitsa della chiesa ortodossa bulgara, con padre Polikarp e il carissimo Vasilij Grolimund; il vescovo della Chiesa ortodossa Serba Maxim dell’America occidentale che abbiamo appena ascoltato stamattina; il vescovo Ignatie di Mures in rappresentanza del patriarcato di Romania; il metropolita di Kostantia Vassilios, in rappresentanza dell’arcivescovo di Cipro Chrisostomos II, una Chiesa che ci è molto cara; il prof. Kontoyannis, puntualmente presente ai nostri convegni con vari colleghi, rappresentante dell’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Ieronymos;  Melkisedek vescovo di Pittsburgh della Orthodox Church of America, presente anche attraverso padre John Behr decano dell’istituto teologico saint Vladimir a New York, che ha presieduto questa sessione finale; grazie a padre ZaKaria, rappresentante della Chiesa apostolica armena; al canonico Hugh Wybrew rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury e a Michel Nseir, delegato del Consiglio ecumenico delle Chiese. 
Ringrazio i relatori che ci hanno offerto interventi di grande qualità spirituale e di passione intellettuale e che hanno tenuta viva la nostra assemblea e non era facile perché siamo stati sempre tra i 200 e i 250. Ringrazio i membri del comitato scientifico; i monaci e le monache dei monasteri di Oriente e di Occidente, con cui viviamo una comunione sincera nell’unica perseveranza dietro al Signore, presenza  a cui teniamo particolarmente e che desideriamo accrescere ancora di più. Ringrazio gli interpreti; il tecnico di sala signor Panzica e i suoi collaboratori; gli amici tra di voi che fedelmente ritornano ci sostengono e ci accompagnano con la loro preghiera e tutti i partecipanti. 
Vorremmo dirvi arrivederci al prossimo anno, se il Signore ce lo concede.
Infine, vorrei dirvi che riusciamo per ora a far uscire puntualmente gli Atti del convegno e sono usciti gli atti del convegno dello scorso anno  l’uomo custode del creato. Per il tema del prossimo convegno ci stiamo interrogando: preghiera e bellezza? la pace? Il comitato scientifico si riunirà nei prossimi giorni, 5-6 ottobre, però i vostri suggerimenti e le vostre suggestioni sono davvero per noi preziose. Fateci sapere che cosa voi desiderereste cosa sarebbe opportuno che insieme potessimo meditare e affrontare per la vita delle vostre Chiese.  Le date: manterremo questo periodo di inizio settembre, che si è rivelato negli ultimi anni metereologicamente favorevole: non abbiamo avuto come alcuni anni già i primi rigori e i primi freddi autunnali. 
Grazie a tutti voi. Voi siete nella preghiera mia, della comunità, voi e tutte le vostre Chiese. Credo che veramente, ve lo possiamo dire, vi amiamo con sincerità, sentiamo un’appartenenza anche alle vostre Chiese, non ci sentiamo assolutamente estranei e non ci sentiamo neppure in una condizione che non vi porti costantemente nella nostra preghiera come se voi foste la nostra Chiesa, la chiesa che il Signore riconosce. Il nostro affetto e la nostra preghiera vi accompagnino.
Grazie a tutti.