lunedì 9 settembre 2013

Il Papa e il suo potente alleato




Papa Francesco, veglia e digiuno per la Siria. Il suo alleato è la Madonna di Fatima


di Andrea Morigi
Prima che le guerre scoppino, per allontanarne gli esiti apocalittici, i Papi si rivolgono alla Madonna di Fatima. Se farà in tempo – cioè se con le armi della preghiera, del digiuno e della diplomazia otterrà un rinvio dell’intervento militare in Siria – anche Francesco seguirà l’esempio dei suoi predecessori. Altrimenti, tenterà di limitarne i danni, con l’intercessione di Maria.
Manca poco più di un mese alla Giornata mariana che si terrà in Vaticano il 12 e 13 ottobre prossimi. “Beata perché hai creduto” è il tema dell’evento, organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione nell’ambito delle celebrazioni dell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI per commemorare i cinquant’anni del Concilio Vaticano II. Tuttavia, la data coincide con l’anniversario dell’ultima apparizione della Beata Vergine a Fatima: era infatti il 13 ottobre 1917 quando a Cova da Iria, in Portogallo, la Madonna apparve per la sesta e ultima volta ai tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta. Perciò la statua originale della Madonna di Fatima verrà portata in Piazza San Pietro ed esposta alla venerazione dei fedeli.
Ricorre spesso, ultimamente, il messaggio della Regina del Rosario. Il 13 maggio scorso l’attuale Pontificato era stato consacrato alla Madonna proprio presso la cappellina delle apparizioni di Fatima, per un’esplicita richiesta di Papa Bergoglio al vescovo di Leiria. E ora «è desiderio vivo del Santo Padre – ha spiegato monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione – che questa Giornata mariana possa avere come simbolo speciale una delle icone della Beata Vergine più significative per i cristiani di tutto il mondo». Oltre al fatto significativo che nella corona di quella statua è stato incastonato uno dei proiettili sparati contro Giovanni Paolo II nell’attentato del 13 maggio 1981, vi sono anche altre meditazioni che affiorano alla mente dei fedeli in attesa. Il 13 ottobre, davanti alla statua della Madonna, Papa Francesco consacrerà il mondo al Cuore Immacolato di Maria.
Il primo a chiedere la grazia, per fermare «l’orrenda carneficina» della Seconda Guerra Mondiale, era stato Pio XII, il 31 ottobre 1942, quando parlando alla Radio Vaticana aveva consacrato la Chiesa e il genere umano alla Regina della pace. In seguito, mentre era in corso la crisi degli euromissili fra Usa e Urss, Papa Giovanni Paolo II aveva compiuto lo stesso atto, in piazza San Pietro, il 25 marzo 1984, ripetendo il proprio atto di affidamento, avvenuto sempre a Fatima il 13 maggio 1982. Quella volta l’orologio della terza guerra mondiale si era fermato. Poi l’8 ottobre 2000, insieme a 1.500 vescovi, aveva affidato il nuovo millennio alla Madonna. Solo l’11 settembre 2001, dopo gli attacchi all’America, ci si ricordò dell’avvertimento di Papa Wojtyla, secondo il quale l’umanità era a un bivio e che poteva trasformare il mondo in un giardino fiorito oppure in un cumulo di macerie.
Insomma, se il comunismo ateo -principale argomento dell’avvertimento della Madonna – ha esaurito la propria spinta propulsiva, l’apparizione e il messaggio dato ai tre pastorelli portoghesi rimangono attuali, a detta di Papa Benedetto XVI che, a Fatima, il 13 maggio 2010, aveva annunciato: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa», esprimendo poi una speranza: «Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni (2017) affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità».
E ora tocca al Papa argentino, consapevole del rischio di un allargamento del conflitto siriano a tutto il Medio Oriente, ma soprattutto convinto che i segni dei tempi indichino un bivio. Nel 1997 lo aveva ricordato anche il suo predecessore, Joseph Ratzinger, prima di salire al soglio pontificio, che «davanti a noi stanno la distruzione del mondo, l’apocalisse e il tramonto definitivo», esortando a «tenerne conto», sebbene avvertendo che «la diagnosi apocalittica non può essere esclusa, ma, anche in quel caso, resta comunque il fatto che Dio protegge gli uomini che lo cercano; l’amore, alla fine, è più potente dell’odio».
Fonte: liberoquotidiano.it

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Quando il silenzio è il linguaggio della pace

Tante volte piazza san Pietro è scomparsa, nascosta da una folla debordante anche oltre il colonnato berniniano; migliaia di persone accorse per un incontro col Papa. Ma sabato sera anche visivamente è stato qualcosa di diverso. Nessuno striscione, nessuna bandiera, solo l’alternarsi di preghiere, canti, invocazioni, e un silenzio più eloquente delle parole.
Un silenzio che ha unito le oltre centomila persone di razze, lingue e fedi diverse, che hanno risposto, anche fisicamente, all’invito di Papa Francesco per una giornata di digiuno e una veglia di preghiera per impetrare la pace in Siria, in Medio Oriente e ovunque nel mondo si combatte una guerra.
Si sono ritrovati, l’uno accanto all’altro, per esprimere solidarietà con le vittime dei conflitti e per manifestare la loro avversità alla guerra: cattolici, ortodossi, musulmani, indù, buddisti e persino non credenti. Famiglie intere, pellegrini, turisti, religiosi, religiose, malati. Tutti hanno voluto testimoniare che la pace è ancora possibile grazie all’aiuto di Dio.
La veglia è iniziata verso le 19 con l’arrivo del Papa. Un clima di intensa preghiera ha caratterizzato tutta la serata. Dopo il saluto liturgico, il Pontefice ha intonato il Veni Creator Spiritus. Nel frattempo, dall’obelisco al centro della piazza quattro alabardieri della Guardia Svizzera Pontificia hanno portato processionalmente verso il sagrato l’icona della Salus populi Romani. Li seguivano due gendarmi in alta uniforme e due ragazze che portavano due fasci di fiori. L’immagine è stata intronizzata davanti a Papa Francesco, il quale le ha reso un devoto omaggio.
È iniziata quindi la recita del rosario. Per aiutare a riflettere sui misteri gaudiosi, sono stati scelti dei brani di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Alla fine di ogni mistero è stata aggiunta l’invocazione «Regina della pace, prega per noi».
Dopo il canto delle litanie lauretane, il Papa ha tenuto la sua meditazione, al termine della quale, dopo un minuto di silenzio, due suore africane hanno portato mazzi di fiori all’altare, dove è stato esposto il Santissimo Sacramento per l’adorazione eucaristica. Questa parte della liturgia è stata divisa in cinque tempi: prima una lettura biblica sul tema della pace, poi una preghiera composta dagli ultimi Pontefici — Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI — sullo stesso tema. Quindi a seguire un’invocazione in forma responsoriale per implorare da Dio il dono della pace, un canto, e l’offerta dell’incenso da ardere nel bracere. Significativamente, i primi due a offrire l’incenso sono stati George Jamal e Al Bdeiwi Raji, provenienti dalla Siria. È stata poi la volta di due frati minori della Custodia di Terra Santa, Jad Sara e Antonio D’Aniello, degli statunitensi John e Ashley Noronha, di due russe, Natalia Entaltseva e Olga Tkachenko e, infine, di due egiziani, Maikel W. Hanna e Gozif A. Hanna.
Terminata l’adorazione eucaristica, dopo circa tre minuti di silenzio, è iniziato l’Ufficio delle letture. Significativamente la prima lettura è stata tratta dal libro di Geremia: in essa il profeta, in carcere, esorta il re Sedecia alla pace. La seconda lettura era invece un passo del Discorso sulle beatitudini di san Leone Magno. Il brano evangelico scelto è stato quello di Giovanni 20, 19-29, nel quale si narra che Gesù dopo la risurrezione si manifesta ai suoi discepoli e dice loro: «Pace a voi!». Dopo il canto del Te Deum in italiano è seguito un periodo di silenzio prolungato, interrotto solo dall’esecuzione di alcuni brani musicali. Il Papa ha quindi intonato il Tantum Ergo e ha impartito la benedizione eucaristica.
Al termine, poco dopo le 23, il Pontefice ha rivolto un breve saluto ai presenti e ha concluso la veglia. «Carissimi fratelli e sorelle, vi ringrazio — ha detto — di questa veglia di preghiera. Abbiamo pregato tutti insieme. Grazie tante per la compagnia. Continuiamo a pregare per la pace in tutti questi giorni. Buona notte e buon riposo, e buona domenica domani».
I canti sono stati eseguiti dalla Cappella Sistina diretta dal maestro Massimo Palombella e dal coro guida Mater Ecclesiae, guidato dal maestro Marcos Pavan. I ministranti che hanno prestato servizio liturgico sono stati dieci studenti del Pontificio Collegio Americano del Nord. Una cinquantina di sacerdoti erano a disposizione per le confessioni all’interno del braccio di Costantino e sotto i colonnati di destra e di sinistra della piazza.
Tra i numerosi presenti, 33 cardinali, tra i quali Tarcisio Bertone, segretario di Stato; gli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, con i monsignori Peter Bryan Wells, assessore della Segreteria di Stato, e Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati. Numerosi i presuli e i prelati della Curia romana, fra i quali l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e i monsignori Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura, Alfred Xuereb e Fabián Pedacchio Leaniz.
Tra le personalità presenti, il presidente della Camera dei deputati della Repubblica italiana, Laura Boldrini, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, e il direttore del nostro giornale.
L'Osservatore Romano