giovedì 5 settembre 2013

LA FORZA DELLA PREGHIERA UNIVERSALE

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Astenersi dal cibo, un modello universale Distacco dalle cose, quindi
dalla violenza
di Gian Guido Vecchi
in “Corriere della sera” del 5 settembre 2013
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«Guardi, c’è un’immagine suggestiva anche nella Grecia classica. Socrate frequentava l’agorà di
Atene, passeggiava per il mercato, ascoltava le chiacchiere in piazza e osservava le merci, i beni
materiali. Ai discepoli che gli chiedevano perché lo facesse rispose: “Perché così scopro tutte le
cose di cui non ho bisogno”». Il cardinale Gianfranco Ravasi sorride, «non che c’entri direttamente
col digiuno, però...», però il senso alla fine è lo stesso, almeno a un primo livello. Non è strano che
papa Francesco abbia indetto per sabato una giornata «di digiuno e preghiera» per la pace, invitando
ad «unirsi, nel modo che riterranno più opportuno» anche i cristiani non cattolici, i fedeli di altre
religioni e pure «quei fratelli e sorelle» che non credono. «Il digiuno, anzitutto, è uno dei grandi
archetipi universali. Non si tratta solo di astenersi dal cibo, non è una dieta. Il digiunare esprime un
elemento simbolico attraverso la componente fondamentale con la quale comunichiamo, il corpo. Il
nostro corpo è il grande segnale attraverso il quale mandiamo messaggi, esprimiamo sentimenti,
mostriamo anche capacità di trascendenza e mistero...».
Lo stesso Gesù, nel Discorso della montagna, parla con sarcasmo degli «ipocriti» che assumono
«un’aria malinconica» e «si sfigurano la faccia» per mostrare che digiunano. «Il digiuno significa
entrare nell’essenzialità, spogliandoci di tutte le sovrastrutture. Per questo nella tradizione è spesso
accompagnato dal silenzio, da pratiche simboliche esteriori come ritirarsi nel deserto che a sua volta
è una metafora del digiuno: le necessità ridotte all’essenziale, alla sopravvivenza». In questo senso
ha un valore «squisitamente antropologico e come tale universale».
Un primo segno di distacco dalle cose concrete, quindi anche dalla violenza del mondo. «Far cadere
le spoglie inutili», soprattutto oggi: «L’ingordigia consumistica che sa di morte, come ne “La
grande abbuffata” di Marco Ferreri», considera il «ministro» della Cultura vaticano. Ma questo è
solo l’inizio. Il digiuno «apre a dimensioni di tipo religioso o più generalmente spirituale». La
prima, «che troviamo anche nel Ramadan islamico», collega il digiuno a una dimensione sociale,
alla generosità e alla carità: «Nel libro di Isaia, al capitolo 58, il profeta elenca ciò che il Signore
vuole, il digiuno a lui gradito: “Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare
liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i
senza tetto, vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne”». Un
elemento «che diventerà fondamentale nel cristianesimo, anche se poi la pratica si perderà un po’,
fino ad essere considerata autoafflittiva ».
La seconda dimensione «diverrà fondamentale nell’ascetica cristiana ma già la vediamo
nell’immagine di Gesù nel deserto: il digiuno della mente, l’astensione da ogni forma di
superficialità, dai rumori, dalle distrazioni. Una catarsi interiore, spirituale, culturale». Di qui si
arriva al terzo elemento del digiuno: «È la trascendenza. Dopo aver operato la carità e cancellato le
cose inutili e la chiacchiera, sei solo con la tua coscienza. Attraverso l’essenzialità del digiuno si
cerca tutto ciò che è divino, mistero, trascendenza. È ciò che dice Gesù: “Non preoccupatevi per la
vostra vita, di quello che mangerete o berrete...”. Il digiuno dell’anima crea il vuoto: per fare entrare
il divino». E per i non credenti? «Si fa spazio alle grandi domande: come essere uomini di pace, di
giustizia».
Ma il digiuno è rivolto agli uomini o a Dio? «Certo il punto di partenza è antropologico, ha a che
fare con la libertà e la coscienza dell’uomo. Ma l’ultima dimensione che dicevo è quella in cui uno
incontra Dio e la Sua volontà. Fai il vuoto per lasciare entrare Dio. Qui il digiuno si connette alla
preghiera. Nella tradizione biblica c’è un altro elemento importante, che vediamo nel Kippur
ebraico ma non solo: l’espiazione del peccato. Il digiuno come modo di implorare la liberazione dal
male. Ed è qui che deve intervenire Dio: tu prepari il terreno all’irruzione del divino. Nel non
credente, alla tensione verso l’oltre».
C’è chi dice: non fermerà la guerra, non è utile. Il grande biblista scuote il capo: «Il digiuno corale di milioni di persone ha un significato anche politico, nel senso alto del termine. Magari i politici
decideranno altrimenti, ma non potranno ignorare il desiderio corale di pace che si esprime nel
mondo. Per un cristiano, in particolare, si tratta anche di vivere la storia in maniera più autentica, di
incidere nella tua coscienza e nell’azione del mondo». In che senso, eminenza? «Nel Vangelo Gesù
dice quello è un momento di gioia, ma “verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora
digiuneranno”. Il lungo peregrinare nella storia esige questa sobrietà, questa vigilanza. Essere
attenti ai segni dei tempi, specie in momenti come questi, nei quali sembra che Dio sia assente e che
gli uomini impazziscano. Non una dieta, ma come un colpo di staffile. È il tempo della storia. Il
momento della prova».

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ENZO BIANCHI: LA FORZA DELLA PREGHIERA UNIVERSALE

Il più grande atto profetico che papa Francesco ha compiuto fino a oggi. Così, Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, interpreta la decisione del Pontefice di indire una giornata universale di preghiera e di digiuno per la Siria, sabato 7 settembre.

Enzo Bianchi, quali sono il significato e la forza del richiamo del Papa alla preghiera?
La preghiera per noi cristiani è una forza politica nella storia. Rappresenta il nostro grido a Dio affinché intervenga sulle azioni degli uomini. Ma allo stesso tempo è anche un'assunzione di responsabilità da parte degli uomini. Noi, infatti, definiamo la preghiera intercessione: quando preghiamo intercediamo, ovvero facciamo un passo avanti, un gesto concreto e attivo laddove c'è la guerra, la sofferenza, la divisione, l'odio. 

E il richiamo al digiuno?
La pratica del digiuno rappresenta la presa di coscienza che il nostro corpo non ha bisogno solo di cibo. Significa imprimere nella nostra carne in modo chiaro che l'uomo non vive solo di pane, ma anche di pace, amore, fratellanza, bene comune. Il pane e il benessere non sono sufficienti. Il digiuno ci fortifica e ci disciplina attraverso il dominio della fame. Vissuto come un gesto collettivo, diventa un atto di responsabilità di tutta la comunità. Il digiuno, come la preghiera, è presente in tutte le religioni, dall'islam all'ebraismo. Nel richiamo del Pontefice acquista un valore universale: papa Francesco ha infatti invitato alla giornata di preghiera e digiuno tutti gli uomini di tutte le fedi, anche i non credenti. Ha reso un servizio all'umanità intera. E anche i non credenti hanno risposto al suo invito.   
G. Cerqueti
Famiglia Cristiana

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Siria/ Pizzaballa: la preghiera di Francesco è la prima "arma" della pace
Il Sussidiario
 
(Pietro Vernizzi) “Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace”. Sono le parole di Papa Francesco in piazza San Pietro, dove il Santo Padre ha sottolineato come la fede è una “forza potente capace di rendere il mondo più giusto e più bello”. Ricordando l’appuntamento (...)

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Radio Vaticana
Mentre ci si prepara a pregare tutti insieme per la pace in Siria e nel mondo intero, i capi delle Chiese mediorientali sono riuniti ieri e oggi ad Amman, su invito del Re di Giordania, per riflettere sulle sfide dei cristiani in quella tormentata regione. "Siamo grati di non sentirci abbandonati", dichiara il Patriarca (...)
Radio Vaticana - Giornata di digiuno e di preghiera
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