giovedì 12 settembre 2013

Sei mesi con Papa Francesco



Sono passati sei mesi dall’elezione di Papa Francesco. Era il 13 marzo: alle 19.06 l’esplosione di gioia dei tanti fedeli in Piazza San Pietro all’apparire della fumata bianca e poi ancora all’affacciarsi del cardinale protodiacono, Jean-Louis Tauran, alle 20.12, per l’annuncio che la Chiesa universale aveva un nuovo Pontefice. Quindi, alle 20.26, il saluto di Papa Francesco dalla Loggia centrale della Basilica vaticana. Su questi primi sei mesi di Pontificato ascoltiamo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi.

D. – Padre Lombardi, per usare il metodo di Papa Francesco: quali sono le tre principali novità di questo pontificato?

R. – Io direi che la prima novità è il nome, che mi colpì fin dall’inizio: Francesco, un nome certamente nuovo; nessun Papa prima lo aveva preso. E, con il nome di Francesco, c’è la sua spiegazione, data dal Papa stesso: “poveri, pace, custodia del Creato”. E abbiamo già visto – almeno sui poveri e la pace – che veramente sono tratti fondamentali di questo Pontificato, anche di estrema attualità, come nelle ultime settimane questo impegno estremamente coraggioso per la pace nel Medio Oriente. Poi, una seconda novità mi sembra essere la fine dell’eurocentrismo della Chiesa, cioè il fatto che abbiamo un Papa latinoamericano. In realtà, questo lo si sente in un senso piuttosto positivo di allargamento degli orizzonti: lo abbiamo vissuto in particolare nel corso della Giornata mondiale della gioventù, in cui abbiamo visto il Papa nel suo continente di provenienza e abbiamo imparato che anche il suo stile è pastorale, il suo modo di rapportarsi diretto con la gente, il suo linguaggio molto semplice … Anche i temi dell’attenzione alla povertà e così via, vengono da un contesto ecclesiale molto ricco, con una sua grande tradizione che adesso viene al cuore della Chiesa con una forza e una presenza maggiore. Tutti i Papi sono stati “universali”, sono stati Papi che hanno avuto tutto il mondo nel cuore, e quindi non è che fossero “parziali”. Però, io credo che si noti il fatto che la scelta di un Papa che viene da un altro Continente effettivamente porta qualche cosa di specifico nello stile, nella prospettiva, ed è qualche cosa di desiderato dalla Chiesa universale, di voluto dai cardinali e noi lo apprezziamo, come un arricchimento ulteriore del cammino della Chiesa universale. E poi, se devo dire una terza caratteristica, mi pare quella della missionarietà. Il Papa Francesco parla molto di una Chiesa non autoreferenziale, di una Chiesa in missione, di una Chiesa che guarda al di fuori di sé e a tutto il mondo. A me è tornato in mente la bellissima Lettera di Giovanni Paolo II alla fine del Giubileo, Duc in altum, prendi il largo – rivolto alla Chiesa del terzo millennio. Ecco, mi sembra che effettivamente, con Papa Francesco, la barca della Chiesa stia viaggiando con decisione verso il largo, senza paura, anzi, con gioia di poter incontrare il mistero di Dio in orizzonti nuovi.

D. – Il Papa sta scuotendo molto i cristiani, a volte anche con parole molto forti, e sta avvicinando molto i lontani …

R. – Sì … Diciamo che lo stile, il linguaggio diretto del Papa, i suoi atteggiamenti, anche le novità del suo stile di vita toccano in profondità e suscitano un grande interesse, un grande entusiasmo. Io, però, credo e spero che il motivo fondamentale di questo interesse sia profondo, sia il fatto che il Papa insiste moltissimo su un Dio che ama, un Dio di misericordia, un Dio sempre pronto a perdonare, che si rivolge a lui con umiltà. E con questo, mi pare che tocchi l’uomo in profondità – l’uomo, le donne del nostro tempo – che lui sa quanto spesso siano feriti: sono feriti da tante esperienze difficili, da tante frustrazioni, da tante ingiustizie, da tante povertà ed emarginazioni nel mondo di oggi. Ecco, allora questo parlare con tanta efficacia e questo saper comunicare anche attraverso le parole e i gesti in un modo così diretto l’amore di Dio per tutti, e la vicinanza, l’interesse umano, la tenerezza – è un’altra delle parole che piacciono a questo Papa e che sono espressive del suo modo di essere – sia qualche cosa che tocca e smuove in profondità le persone umane, tutte: credenti e cosiddetti non credenti. Perché tutte le persone umane sono amate da Dio, sono veramente le persone a cui è diretto questo grande messaggio dell’amore di Dio e dell’amore di Cristo. Quindi, per tutti parla quando è detto nella sua verità, nella sua concretezza e nella sua vicinanza al cuore dell’uomo.

D. – Questo pontificato sta suscitando grandi aspettative. Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi?

R. – Ma … io non sono un profeta … Sappiamo, per dire delle cose molto semplici, che il Papa in questi prossimi mesi affronta anche temi che riguardano il governo della Chiesa, consultandosi insieme con i suoi collaboratori: sia con i collaboratori della Curia Romana, come ha fatto già nei giorni passati, sia con i cardinali, come farà anche nel mese di ottobre, con i cardinali che egli ha scelto e che vengono dalle diverse parti del mondo. Però, onestamente, io non vorrei che si sopravvalutasse l’aspetto delle cosiddette riforme di struttura, che riguardano un po’ l’istituzione. Quello che conta è il cuore della riforma perenne della vita della Chiesa, e in questo senso Papa Francesco, certamente, con l’esempio, con la sua spiritualità, con il suo atteggiamento di umiltà e di prossimità, vuole renderci vicini a Gesù, vuole renderci una Chiesa che cammina, vicina all’umanità di oggi, in particolare all’umanità che soffre e che più ha bisogno della manifestazione dell’amore di Dio. Quindi, questa Chiesa in cammino, capace di essere solidale, compagna dell’umanità che cammina. Questo, io credo, noi possiamo e dobbiamo aspettarci attraverso tanti segni, tante decisioni. In queste ultime settimane abbiamo avuto la grande tematica della pace, per chi soffre delle tensioni e delle guerre, ma possiamo averne tante altre: abbiamo la tematica della vicinanza ai rifugiati, della vicinanza alle diverse forme di emarginazione, del carcere e così via. Ecco: lasciamo che il Signore ci conduca. Il Papa non è uno che pensa di avere in mano la progettazione organizzativa della Storia. Il Papa è una persona che ascolta lo Spirito del Signore e cerca di seguirlo con docilità, e in questo senso ci porta su un cammino che è sempre nuovo e che noi siamo convinti che sia bello e che sia di speranza.

D. – Come procede la coesistenza in Vaticano di Papa Francesco con il Papa emerito Benedetto XVI?

R. – Ah, procede benissimo, procede perfettamente! Io direi che siamo tutti contenti – a cominciare da Papa Francesco – della presenza del Papa emerito in Vaticano, con la sua discrezione, con la sua spiritualità, con la sua preghiera, con la sua attenzione. E’ esattamente quello che egli ci aveva promesso, ci aveva annunciato in occasione della sua rinuncia: avrebbe continuato ad essere in cammino con la Chiesa, ma più nella forma dell’orazione, dell’offerta della propria vita, della vicinanza spirituale piuttosto che con quella della presenza – diciamo così – operativa. Allo stesso tempo, sappiamo che c’è anche proprio un rapporto personale, estremamente cordiale tra il Papa Francesco e il suo predecessore; ha avuto alcuni momenti simbolici in cui lo abbiamo visto: quando Papa Francesco lo ha invitato ad una bellissima cerimonia nei Giardini Vaticani per inaugurare un nuovo monumento, ma più significativamente ancora quando è andato a trovarlo prima della partenza per il viaggio in Brasile per chiedere la sua preghiera, la sua vicinanza, il suo sostegno durante quel momento così importante; e poi, quando è tornato ad incontrarlo dopo il ritorno per raccontargli le belle esperienze di questo viaggio, ringraziarlo della sua vicinanza nella preghiera. Anch’io ho avuto una volta la gioia di potere essere vicino al Papa Benedetto e vedere la sua serenità, la sua fede, la sua spiritualità, la sua affabilità straordinaria che ci ha testimoniato tanto durante il tempo del suo pontificato e che continua, anche se adesso in questa forma nuova e più discreta, a caratterizzarlo. Io credo che noi sentiamo, anche se non vediamo spesso, sentiamo sempre la presenza del suo affetto, della sua preghiera e della sua saggezza e del suo consiglio, che certamente è sempre a disposizione anche del suo successore, qualora lo chieda.

D. – Com’è cambiato il lavoro del portavoce del Papa in questi sei mesi?

R. – Ma … io ho sempre detto che io non sono tanto il portavoce del Papa, quanto il direttore della Sala Stampa che fa un umile servizio di mettere a disposizione le informazioni, i testi e le risposte per comprendere bene ciò che il Papa dice e fa. Onestamente, mi sembra che in questi sei mesi di pontificato di Papa Francesco il Papa abbia fatto e parlato in un modo talmente intenso, che io effettivamente – per fortuna – ho potuto essere del tutto in ombra, rispetto a quello che è il protagonista, la voce principale che i fedeli vogliono ascoltare, che è appunto quella del Papa. Quindi, il servizio continua ad essere lo stesso: quello di aiutare il ministero del Papa per il servizio del popolo di Dio, e questo però è un tempo in cui la parola del Papa è molto chiara, concreta, ben accolta, i suoi gesti sono molto intensi, molto frequenti … Quindi, diciamo così: c’è molto da fare per seguirlo, ma parla di per se stesso.


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Sono passati sei mesi dall’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio alla Cattedra di Pietro, avvenuta il 13 marzo scorso. Un periodo breve eppure intensissimo tanto che, per sentire comune, sembra che Papa Francesco sia con noi da un tempo molto più lungo e sia ormai una figura familiare. E’ questa un’opinione condivisa anche da Gianni Valente, collega dell’agenzia “Fides” legato a Jorge Mario Bergoglio da una lunga amicizia. 
R. - La cosa che balza agli occhi è che in questi sei mesi sentiamo Papa Francesco quasi come uno di casa; è diventato familiare per tanti di noi, per milioni di persone in questo breve periodo. Io penso che, al di là dei momenti eclatanti, importanti - anche pubblici - che scandiscono giorno per giorno questo Pontificato, l’asse di tutto, la sorgente di tutto siano le omelie di Santa Marta. Il punto di incontro tra questo Pastore e la moltitudine dei fedeli, anche di chi non crede, è proprio l’orizzonte della quotidianità, questo flusso continuo di vita e di stupore che, in qualche modo, ha la sua immagine più nitida nell’avere la possibilità giorno per giorno di ascoltare la sua parola, quella di un pastore che legge il Vangelo e lo commenta per tutti.

D. - Tu hai utilizzato anche una formula particolare riguardo a questo, un Magistero day by day, proprio per descrivere questa dimensione del "flusso continuo" della Parola di Dio che viene spezzata ogni giorno dal vescovo di Roma per tutto il mondo …

R. - Sì, è proprio questa sua immanenza ai doni che il Signore gli fa, la percezione dell’essere sostenuto dalla Misericordia di Dio, che - secondo me - rende lucidi, lungimiranti e realisti nel guardare le cose che accadono, agli avvenimenti; pensiamo a quello che è successo con i suoi interventi sulla guerra in Siria, all’evento - secondo me incredibile - della Veglia di sabato scorso, una giornata così intensa di preghiera in cui era evidente che l’azione più realista che può fare l’uomo davanti ad una situazione simile è quella di pregare.

D. - C’è un’immagine, tra le tante, che vuoi ricordare che ti ha particolarmente colpito in questi mesi e che ti sembra racchiudere, in qualche modo, anche il significato più profondo del suo servizio come Vescovo di Roma, il modo in cui lo sta sviluppando ogni giorno ...

R. - Mi ricordo una delle prime udienze, dove abbracciava i genitori dei ragazzi disabili. Era una giornata in cui pioveva. C’era proprio l’immagine di una madre che, guardando il Papa che guardava il figlio, piangeva. Questa immagine mi ha toccato perché ho avuto presente in quel momento la percezione che chiunque abbia in famiglia situazioni di difficoltà, vedendo quell’immagine, si sia sentito confortato. Il Papa, abbracciando e baciando quel bambino, ha abbracciato tutti i bambini che hanno difficoltà e tutte le famiglie che vivono queste situazioni.

D. - Tu conosci il pastore Jorge Mario Bergoglio da molti anni. Cosa ti colpisce nell’uomo in questo passaggio tra prima e dopo il 13 marzo scorso?

R. - Sicuramente lo sguardo che ha sulle cose è rimasto lo stesso. Però, come ha detto anche il mio amico "padre Pepe", l’ho trovato ringiovanito. Questo sicuramente è evidente, c’è in lui un’energia, una forza che è proprio quella che fa parte dello stupore che provoca in tutti noi. Ed è evidente soprattutto che questa energia non è frutto di uno sforzo o di un entusiasmo per il ruolo che ha ricevuto, ma è quasi il frutto che sgorga da una pace, dalla pace del cuore. Questa è la cosa che comunica subito. È proprio evidente che il suo cuore è abbracciato ed è portato in braccio dalla tenerezza di Gesù, e lui al mondo non vuole dire altro che questo.
Radio Vaticana