domenica 27 ottobre 2013

Parrocchie con le porte aperte



Inchiesta sulla pastorale familiare nella diocesi di Roma. 

(Giampalo Mattei) Famiglie come periferie esistenziali. Separazioni, divorzi, incomunicabilità, emergenze educative, problemi sociali ed economici sono questioni sempre più all’ordine del giorno per la vita delle parrocchie romane, quasi sempre unico avamposto a cui si chiede di rispondere a sofferenze davvero grandi.I parroci — secondo le precise indicazioni del vescovo di Roma nell’incontro del 16 settembre al Laterano — stanno spalancando ancora di più le porte delle chiese per accogliere tutti, senza esclusioni: soprattutto quanti stanno vivendo situazioni personali e familiari complesse, dolorose. Nella consapevolezza che i problemi della famiglia non si possono ridurre solo al fatto se i separati e i divorziati risposati possano fare o meno la comunione.
Per questo le parrocchie romane hanno messo in campo una pastorale familiare di largo respiro, senza schemi fissi. E non si stanno certo tirando indietro davanti a una missione particolarmente «delicata e decisiva», davvero di «frontiera».
Così, oltre a sostenere i gruppi che si dedicano espressamente alla famiglia, si punta essenzialmente su due strade: la catechesi dei bambini e degli adolescenti e i corsi di preparazione al matrimonio.
A conferma di questa pastorale organica la notizia che nella parrocchia della Natività a via Gallia aprirà presto un nuovo e attrezzato centro di ascolto per le famiglie. Unirà «forze, esperienze e competenze» della Caritas diocesana e dei consultori cattolici «Al Quadraro» di via Tuscolana e «Centro La Famiglia» di via della Pigna.
Lo annuncia il parroco don Paolo Mancini che vede nella nuova struttura «un punto di riferimento e raccordo per indirizzare concretamente le famiglie sulle strade giuste», in base alle esigenze particolari delle persone, anche attraverso gli organismi diocesani. È «uno stile di accoglienza e di ascolto — dice don Mancini — può essere adottato in ogni parrocchia». Una «rete solidale» che vede protagonista un laicato preparato e responsabile accanto ai sacerdoti.
«Il tempo della preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana dei bambini e degli adolescenti — aggiunge il sacerdote — è un’occasione di dialogo che la comunità cristiana può intavolare con i genitori e la famiglia nel suo insieme». Un impegno che si aggiunge «a incontri, ritiri e a quella vera e propria “scuola di famiglia” che abbiamo avviato in parrocchia».
Secondo don Mancini «a Roma sono tante le realtà che si occupano di pastorale familiare. In campo ci sono passione, competenza e bisogna riconoscere il grande merito di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco che hanno saputo suscitare attenzione e interesse dentro e fuori la Chiesa sui temi centrali per la vita di tutti».
E c’è anche un equivoco da chiarire. «Le famiglie non sono solamente sinonimo di problemi ma anche fonte di ricchezze. Per questo — afferma il parroco della Natività — è opportuno puntare sulla relazione tra i genitori e sul loro rapporto con i figli, tenendo conto che oggi si avverte il desiderio di un cammino spirituale. Contrariamente alle apparenze».
Per don Luigi D’Errico, parroco dei Santi Martiri dell’Uganda all’Ardeatino, le parole d’ordine sono «accogliere e accompagnare». Chiaro il suo indirizzo pastorale: «Togliamo una volta per tutte di mezzo burocrazie e questioni di orario perché non siamo un ufficio. E non facciamo guerre inutili con la gente solo per puntiglio: andiamo invece incontro alle esigenze vere delle persone, senza caricarle di ulteriori problemi».
Del resto, dice il parroco, «è già un buon inizio se le persone riconoscono nella comunità cristiana un luogo umano dove si sentono accolte. Persino dalla richiesta di un certificato può nascere un incontro, un’amicizia, un dialogo. Le piccole cose concrete contano più di grandi discorsi».
La pastorale familiare ai Santi Martiri dell’Uganda, come in gran parte delle parrocchie romane, «parte dai più piccoli per arrivare ai genitori. Diamo spazio ai bambini nella messa, anche se non stanno proprio fermi al loro posto. Ma i genitori — racconta don D’Errico — sono molto più coinvolti quando i loro figli sono piccoli: li accompagnano a messa, in oratorio. Sono momenti di contatto importanti. Il nostro non è opportunismo, è comprensione e condivisione della sensibilità familiare. In fondo si tratta di creare occasioni di piazza per stare insieme, un’esigenza negata nelle grande città». E «la parrocchia non può venire meno alla sua missione di essere anche luogo di incontro tra persone e famiglie che si sentono accolte e hanno modo di condividere preoccupazioni e momenti di festa».
«Per annunciare il Vangelo — prosegue il sacerdote — non ci si chiude in schemi preordinati. Ci si adatta alla realtà, si parte dal concreto della famiglia per fare un cammino insieme. La gente ha un bisogno enorme di essere ascoltata. Le diffidenze si superano piano piano, insieme, e poi si percepisce subito se una comunità è davvero aperta».
Don D’Errico sottolinea anche «l’importanza delle piccole cose, ad esempio fare insieme il pane con i bambini per capire cos’è l’Eucaristia e coinvolgere così anche i genitori. E poi è decisivo che alcune coppie sposate affianchino il sacerdote nel preparare i fidanzati al matrimonio».
A Roma un punto di riferimento sicuro per la pastorale familiare, e più specificatamente per separati e divorziati, è la parrocchia di Sant’Andrea Avellino ad Ottavia. Il parroco don Claudio Occhipinti propone, anche attraverso internet, un incontro in canonica ogni terzo mercoledì del mese «per i coniugi separati, divorziati e... regolari!». E infatti, spiega, accogliamo «tutte le famiglie, i singoli separati e divorziati o risposati in un cammino di condivisione del Vangelo della sofferenza familiare. Il percorso si chiama Domus Misericordiae per esprimere che nella casa di Dio Misericordia sono i benvenuti e possono entrare tutti quelli che lo vogliono, e proprio a motivo della loro debolezza e fragilità».
Per don Occhipinti «i separati e i divorziati sono i poveri di oggi e possono insegnarci la misericordia». Insiste in particolare sull’importanza della «formazione dei fidanzati, per evitare legami superficiali, con un’affettività poco strutturata».
Ma è tutta la comunità, non solo il prete, che deve sentirsi coinvolta nell’accoglienza, superando diffidenze e pregiudizi facendo prevalere sempre un atteggiamento evangelico di misericordia.
Don Occhipinti è anche in prima linea nel sostenere l’associazione nazionale famiglie separate cristiane, molto attiva a Roma, che ha nel gesuita Paolo Bachelet l’assistente spirituale nazionale.
L’appuntamento romano, spiega il vice presidente dell’associazione Paola Menaglia, «è il terzo sabato del mese alle ore 19 per la messa prefestiva nella basilica di Santa Maria dei Miracoli a Piazza del Popolo». A celebrarla sono i sacerdoti della Società del Sacro Cuore di Gesù di Bétharram a cui è affidata questa chiesa del centro.
«Nelle preghiere dei fedeli — spiega la donna — si aggiungono due intenzioni specifiche per le famiglie cristiane che vivono un tempo di difficoltà e soprattutto per i figli». Inoltre «il sacerdote invita tutti ad accostarsi all’altare al momento della comunione e chi non può riceverla si mette comunque in fila per una benedizione. Lo scopo di questo gesto? Non rimanere seduti al banco e sentirsi tutti in comunione, anche se in modo diverso, di fronte a Dio».
L'Osservatore Romano