venerdì 25 ottobre 2013

Still mine


di Alberto Medici
Abbiamo visto di recente il bellissimo “Still mine“, storia di un vecchio agricoltore canadese insofferente alla burocrazia (motivo in più per guardarlo!), appassionato al suo lavoro e ai suoi progetti nonostante i 90 anni suonati, sullo sfondo una bellissima storia d’amore con la moglie, ormai un po’ rimbambita e smemorata ma sempre, anche lei, innamoratissima del suo uomo.
Bello vedere sulla locandina del film il “claim” (motto?): “Love is the strongest foundation” (Le fondamenta più forti sono l’Amore, gioco di parole per ricordare come la sua avventura contro la burocrazia riguardasse proprio i permessi di costruzione di un nuovo cottage sul suo terreno). Bella storia, oltretutto vera, o quantomeno ispirata ad una storia vera, che ci commuove nel mostrare un amore inossidabile e inattaccabile nonostante i lunghi anni trascorsi insieme.
Forse tutti quanti siamo venuti a sapere, prima o poi, di coppie di amici che si sono separati. E molte volte la situazione descritta è sempre stata la stessa: nulla ci avrebbe fatto pensare che avrebbero preso questa decisione; nessun tradimento, nessun litigio, nessun grillo per la testa: quella che si definirebbe una separazione molto civile, consensuale, senza strascichi, di comune accordo, dove magari ti vengono anche a dire: “Adesso andiamo ancora più d’accordo di prima”. La prima reazione, se ci ripensate, era stata quasi sempre di soddisfazione: con le coppie che si lasciano con odio, con rabbia, c’è quasi da essere contenti che tutto si risolva in maniera così civile.
couple apart
Quasi.
Ma c’è un quasi. Perchè un po’ di amaro in bocca, a me, rimaneva sempre. Perchè nella descrizione di come sono andate le cose, c’era una sorta di fatalità che non mi piaceva. “Avevamo preso strade diverse…” “Non c’era più la fiamma di un tempo….” “Abbiamo pensato che avevamo fatto un pezzo del cammino insieme, era stato bello, e adesso era giusto che ognuno continuasse per la propria strada“. Sapete com’è, ero a fare shopping, incontro questa persona, per un tratto ci siamo fermati di fronte alle stesse vetrine, abbiamo percorso quel pezzo insieme, e poi ognuno per la sua strada. Ma la vita non è una passeggiata a vetrine. Non è, come dice John Lennon, “quella cosa che ti capita mentre sei indaffarato a fare tutt’altro” (Watching the wheels). La vita è una, e dobbiamo spenderla bene, da protagonisti, non da spettatori, così come viene. E se si decide di farlo insieme, non si lascia il compagno di percorso in mezzo al guado.
Immaginate una squadra impegnata in qualche impresa, un team di vela, una cordata su una parete estrema battuta da un vento gelido, e ad un tratto uno dice: “Sapete, non mi diverto più, andate senza di me” ? Ora, so bene che quando si è giovani e spensierati si fanno anche tante cose perchè vengono naturali, spontanee, mica tutto viene progettato prima a tavolino, ci mancherebbe; si fa, un po’ seguendo l’istinto, senza pensarci troppo, e poi ci si ritrova in partite più grandi di noi. Io mica lo sapevo come fare il papà, quando mi è nato il primo figlio (e forse non lo so fare neanche oggi). Mica sapevo fare il marito, quando mi sono sposato (idem come sopra). Mica sapevo come si gestisce una casa, un bilancio, un mutuo, prima di farlo (e queste sono molto più facili). Ti ci trovi in mezzo, sei in ballo e devi ballare, ti rimbocchi le maniche, e fai del tuo meglio. E con l’aiuto di Dio, man mano che vai avanti, ti fai guidare, ti affidi, e scopri che Dio c’è sempre, specie nei momenti difficili, quando più hai bisogno di Lui. Ma devi anche metterci del tuo: un progetto,  un disegno, una mappa, un punto di arrivo, una mèta. Perchè se non hai quella, chiara in mente, condivisa col tuo compagno/a di viaggio, facile che ad un certo punto ti domandi: “Ma che ci faccio io con questa?” E da lì comincia la fine: ognuno per la sua strada.
Finché noia non vi separi.divorce-photo-couple-apart-story-top





fonte: ingannati.it