sabato 26 ottobre 2013

Per comprendere meglio i Vangeli




Consegna del “Premio Ratzinger”. Papa Francesco: "L’opera di Benedetto XVI ha stimolato una nuova stagione di studi sui Vangeli tra storia e cristologia"

Alle ore 12.20 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha conferito a due personalità il “Premio Ratzinger” istituito nel 2011 dalla “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI”. I premiati di quest’anno sono il Rev.do Prof. Richard A. Burridge, biblista inglese, Decano del King’s College di Londra e ministro della Comunione Anglicana e il Prof. Christian Schaller, laico, docente di teologia dogmatica e Vicedirettore dell’Istituto Papa Benedetto XVI di Regensburg.
Cari fratelli e sorelle, 
vi ringrazio e sono contento di incontrarmi con voi, soprattutto in segno della nostra riconoscenza e del nostro grande affetto per il Papa emerito Benedetto XVI. Vorrei condividere con voi una riflessione che mi viene spontanea quando penso al dono davvero singolare che egli ha fatto alla Chiesa con i libri su Gesù di Nazaret.

Mi ricordo che quando uscì il primo volume, alcuni dicevano: ma che cos’è questo? Un Papa non scrive libri di teologia, scrive encicliche!... Certamente Papa Benedetto si era posto questo problema, ma anche in quel caso, come sempre, lui ha seguito la voce del Signore nella sua coscienza illuminata. Con quei libri lui non ha fatto magistero in senso proprio, e non ha fatto uno studio accademico. Lui ha fatto dono alla Chiesa, e a tutti gli uomini, di ciò che aveva di più prezioso: la sua conoscenza di Gesù, frutto di anni e anni di studio, di preghiera, di confronto teologico, e l’ha messa a disposizione nella forma più accessibile.
Nessuno può misurare quanto bene ha fatto con questo dono; solo il Signore lo sa! Ma tutti noi ne abbiamo una certa percezione, per aver sentito tante persone che grazie ai libri su Gesù di Nazaret hanno nutrito la loro fede, l’hanno approfondita, o addirittura si sono accostati per la prima volta a Cristo in modo adulto, coniugando le esigenze della ragione con la ricerca del volto di Dio.
Al tempo stesso, l’opera di Benedetto XVI ha stimolato una nuova stagione di studi sui Vangeli tra storia e cristologia, e in questo ambito si pone anche il vostro Simposio, di cui mi congratulo con gli organizzatori e i relatori.
Congratulazioni speciali vanno però al Reverendo Professor Richard Burridge e al Professor Christian Schaller, ai quali è stato assegnato quest’anno il Premio Ratzinger. Anche a nome del mio amato Predecessore vi esprimo vive felicitazioni: il Signore benedica sempre voi e il vostro lavoro al servizio del suo Regno.
E benedica voi tutti, cari amici, e i vostri cari. Grazie!

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Premio Joseph Ratzinger 2013. Quell’impresa che vale una vita intera

Il Premio Ratzinger, giunto alla sua terza edizione, è stato consegnato da Papa Francesco al reverendo Richard A. Burridge e a Christian Schaller il 26 ottobre nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato scientifico della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger Benedetto XVI ha, nell’occasione, disegnato un breve profilo dei premiati.«Il primo di essi è il biblista inglese professor Richard Burridge, decano del King’s College di Londra e ministro della comunione anglicana, il primo cristiano non cattolico a cui viene conferito il Premio Ratzinger», ha ricordato. Nato nel 1955, «Burridge ha studiato a Oxford e ha conseguito il dottorato in teologia all’università di Nottingham. È stato ordinato nel 1986 e ha lavorato come curato in una parrocchia del Kent. Dal 1994 è decano del King’s College dove nel 2007 è stato nominato direttore degli Studi del Nuovo Testamento e l’anno seguente ha ottenuto una cattedra personale di Esegesi biblica. Dal 1994 rappresenta l’università di Londra al sinodo generale della Chiesa di Inghilterra». La sua tesi di dottorato, pubblicata nel 1992 con il titolo Cosa sono i Vangeli? Un confronto con le biografie greco-romane «ha esercitato un forte influsso nell’ambito degli studi sul genere letterario dei Vangeli», ha rilevato Ruini, precisando che «Richard Burridge è oggi una figura eminente nel campo degli studi biblici, non solo di lingua inglese. Ha dato in particolare un grande contributo al riconoscimento, storico e teologico, del legame inscindibile dei Vangeli a Gesù di Nazaret». 
Il secondo premiato è il teologo tedesco Christian Schaller, laico, docente di teologia dogmatica e vicedirettore dell’Istituto Papa Benedetto XVI di Regensburg. Nato a Monaco di Baviera nel 1967, Schaller, ha ricordato Ruini, ha ottenuto il premio «non solo per il suo contributo agli studi teologici ma anche come riconoscimento del ruolo che sta svolgendo nella pubblicazione dell’opera omnia di Joseph Ratzinger. Questa pubblicazione ha infatti un’importanza primaria per il futuro degli studi ispirati al pensiero di Joseph Ratzinger Benedetto XVI, che è lo scopo centrale della Fondazione».
Da parte sua monsignor Giuseppe Antonio Scotti, presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione, nel suo saluto a Papa Francesco ha definito i premiati «due uomini innamorati di Gesù, oltre che illustri studiosi». La consegna del premio a Burridge e a Schaller — ha aggiunto — «vuole sottolineare che in loro, il primato della ricerca che si fa testimonianza, arricchisce e ha reso particolarmente eloquente anche tutta l’attività scientifica». Concludendo, monsignor Scotti si è rivolto a Papa Francesco sottolineando che «il Suo assegnare ora il premio Ratzinger a questi due studiosi avvalora, garantisce e rende luminoso e chiaro davanti a tutti che cercare Gesù e testimoniarlo è un’impresa per la quale vale la pena spendere tutta la propria vita».
L'Osservatore Romano

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Che al premio Ratzinger non ci sia Ratzinger è sembrato strano, ma oggi poco dopo mezzogiorno nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, è stato Papa Francesco a consegnare  il “Premio Ratzinger” istituito nel 2011 dalla “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”. La consegna è arrivata al termine del convegno dedicato proprio al “Gesù” secondo la lettura di Joseph Ratzinger. Un dono singolare quello che il Papa Emerito Benedetto XVI ha lasciato alla Chiesa. Parola di Papa Francesco che con un breve discorso ha consegnato il Premio. E a proposito del libro su Gesù di Papa Benedetto, Papa Francesco ha detto: “Mi ricordo che quando uscì il primo volume, alcuni dicevano: ma che cos’è questo? Un Papa non scrive libri di teologia, scrive encicliche!… Certamente Papa Benedetto si era posto questo problema, ma anche in quel caso, come sempre, lui ha seguito la voce del Signore nella sua coscienza illuminata.” Un dono alla Chiesa, il dono della “sua conoscenza di Gesù, frutto di anni e anni di studio, di preghiera, di confronto teologico, e l’ha messa a disposizione nella forma più accessibile.” Solo il Signore sa quanto bene ha fatto questo dono, dice Papa Francesco “tante persone che grazie ai libri su Gesù di Nazaret hanno nutrito la loro fede, l’hanno approfondita, o addirittura si sono accostati per la prima volta a Cristo in modo adulto, coniugando le esigenze della ragione con la ricerca del volto di Dio.” E, conclude il Papa: “l’opera di Benedetto XVI ha stimolato una nuova stagione di studi sui Vangeli tra storia e cristologia.” Papa Francesco, riferendosi di fatto alla famosa affermazione di Von Balthasar, ha detto che Ratzinger faceva una “teologia in ginoccio”, cioè da credente , e ha rivelato di averlo incontrato pochi giorni fa. In effetti è ormai noto che Francesco è spesso ospite al Monastero Mater Ecclesiae.
Dopp il discorso è avvenuta la premiazione di Richard Burridge e Christian Schaller.
Il Rev. Professor Richard A. Burridge (nato l’11 giugno 1955) è Decano del King’s College London, dove è anche Professore di Interpretazione Biblica. Richard Burridge ha conseguito gli studi e un Master all’University College di Oxford e un Dottorato di ricerca all’Università di Nottingham. La sua tesi dottorale sul genere dei Vangeli è stata pubblicata nel 1992 con il titolo “What are the Gospels? A Comparison with Graeco-Roman Biography” (“Cosa sono I Vangeli? Un Paragone con la Biografia Greco-Romana”) ed è molto influente. Prima di entrare al King’s College London, Richard Burridge è stato Cappellano dell’Università di Exter (1987-1994), dove ha anche insegnato Teologia e Classici. Ha iniziato la carriera come classicista e maestro alla Sevenoaks School (1978-1982) ed ha proseguito gli studi per il sacerdozio anglicano al St. John’s College di Nottingham. E’ stato ordinato diacono nel 1985 e sacerdote nel 1986 ed è stato Curate al St Peter and St Paul, Bromley, nel Kent (1985-1987). Richard Burridge è stato Decano del King’s College London dal 1994 ed è stato eletto Membro dell’Istituto nel 2002. Nel 2007 è stato nominato Direttore degli Studi sul Nuovo Testamento e nel 2008 gli è stata assegnata una Cattedra in Interpretazione Biblica. Richard Burridge è membro del Sinodo Generale della Chiesa di Inghilterra e della commissione per la convalida dei corsi per l’ordinazione e l’istruzione teologica (1996-2004); attualmente presta servizio come rappresentante dei Commissionari di Chiesa ed è inoltre Vice-presidente dell’Ethical Investment Advisory Group (gruppo di consulenza sugli investimenti etici). Richard Burridge è stato socio membro della Cumberland Lodge dal 1998 al 2008.
Christian Schaller, nato a Monaco di Baviera nel 1967, ha studiato alla facoltà di teologia della “Ludwig-Maximilians-Universität” della sua città natale. Già nella sua “Diplomarbeit” (tesina di licenza)  si è occupato di un aspetto della  teologia di  Joseph Ratzinger / Benedetto XVI: “L´Ecclesiologia eucaristica nel contesto della Sacramentralità della Chiesa” è stato il titolo della tesina (dell´elaborato) presentata al Prof. Dr. Gerhard Ludwig Müller. Negli anni 1997-2000  è stato collaboratore scientifico della cattedra di Teölogia sistematica per futuri professori di liceo alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco e del Progetto di Ricerca “Religio. La storia di un concetto fondamentale  moderno dal Cristianesimo antico fino al  Novecento.” Durante  il periodo come collaboratore scientifico della Cattedra di  Dogmatica (2000-2003) all´Università di Monaco  è nata la tesi di dottorato  che dimostra, rispetto all´Ottocento, gli sviluppi ecclesiologici  che conducevano a  una  autotematizzazione intensa della Chiesa  nel Concilio Vaticano Secondo e sono confluiti nella Costituzione sulla Chiesa  Lumen gentium.  In primo piano  si  è trattato dell´analisi del concetto “Sacramentalità della Chiesa” nelle sue coordinate neotestamentarie e della storia della teologia nonché  dell´esposizione sistematica nell´Ottocento e nel Novecento. Dal 2003 al 2012 Christian Schaller è stato il collaboratore teologico del Vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller e al contempo, dal 2008,  Direttore sostituto (vicario) dell´Institut Papst Benedikt XVI.  a cui è affidatta  l´edizione della pubblicazione  ”Joseph Ratzinger – Gesammelte Schriften”  (öpera omnia), l´istituzione di una biblioteca specializzata e di un archivio per la ricerca scientifica  dell´opera teologica del Papa emerito. Tra le pubblicazioni di Schaller  si trovano i contributi “La ‘cattolicità  non perduta’ Joseph Ratzinger e le Chiese Ortodosse” nonché – come co-editore –  i “Ratzinger-Studien” (dal 2008) e le comunicazioni “Mitteilingen. Institut Papst Benedikt XVI.” (dal 2008).  Argomenti principali del lavoro di Schaller sono la Cristologia e l´Eccesiologia.
Peccato davvero che di questo momento non ci siano state immagini in diretta ne per il giornalisti ne per i fedeli che seguono l’attività del Papa via internet sui siti ufficiali del Vaticano. Abbiamo dovuto attendere che tv e siti commerciali trasmettessero qualche misero spezzone.
Ambrogetti
*  Alla luce delle antiche biografie    

(Richard A. Burridge, Premio Ratzinger 2013) Uno dei due vincitori — insieme a Christian Schaller — del Premio Joseph Ratzinger 2013 ha sintetizzato per il nostro giornale la relazione tenuta il 24 ottobre alla Pontificia Università Lateranense in occasione del simposio della Fondazione Joseph Ratzinger che si è concluso sabato mattina nell’Aula vecchia del Sinodo in Vaticano.

di RICHARD A. BURRIDGE

La Dei Verbum afferma molto chiaramente che la Rivelazione avviene per Christum, Verbum carnem factum, ovvero «per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne» (n. 2). Pertanto, la cristologia è fondamentale per comprendere come Dio agisce nella storia e per interpretare i Vangeli quale testimonianza primaria delle parole e delle azioni di Gesù Cristo. Per comprendere le intenzioni degli evangelisti, è necessario comprendere il genere letterario dei Vangeli. Il giovane Joseph Ratzinger è stato un peritus (consulente teologico) del cardinale di Colonia Frings durante il concilio Vaticano II e nel 1968 ha scritto un commento alla Dei Verbum.
Dopo essere diventato Papa Benedetto, ha convocato un Sinodo dei vescovi nell’ottobre 2008 e ha pubblicato l’esortazione apostolica post-sinodale sulla Parola di Dio Verbum Domini (2010), nella quale ribadiva che il concilio Vaticano II vede nello studio dei generi letterari e del contesto storico elementi fondamentali per cogliere il significato inteso dall’agiografo (n. 34). Lo si può vedere nei tre volumi della sua biografia di Gesù di Nazaret, pubblicati nel 2007, 2011 e 2012. Nell’introduzione sottolinea nuovamente l’importanza della cristologia e della storia, concludendo che «la dimensione cristologica (...) è presente in tutti i discorsi e in tutte le azioni di Gesù» (p. 28). Questo ci fa chiedere a quale genere letterario appartengano i Vangeli, e come possono essere utilizzati per scrivere una biografia di Gesù.
Alcuni studiosi tedeschi come Karl Ludwig Schmidt e Rudolf Bulmann sostenevano che i Vangeli fossero sui generis, unici. Lo sviluppo di un approccio critico strutturalista si concentrò invece sulla forma di singoli passi evangelici, e il dibattito sulla domanda se questi racconti fossero più mitici che storici. Su tale sfondo, il modo migliore per capire Papa Benedetto è considerare i suoi scritti come reazione a questo ambiente scientifico tedesco, specialmente nella tradizione liberale protestante. Negli anni Sessanta dello scorso secolo, però, lo sviluppo della critica “redazionale” portò di nuovo a considerare gli evangelisti come teologi e scrittori e ci si tornò a chiedere a quale genere appartenessero i Vangeli, in particolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, da parte di studiosi come Graham Stanton, Charles Talbert e David Aune.
La ricerca che ho svolto per il mio dottorato analizzava le teorie antiche e moderne relative al genere, sottolineandone l’importanza sia per la composizione sia per l’interpretazione dei testi. Servendomi dell’idea di Wittgenstein di una serie di caratteristiche che rivelano “somiglianze familiari”, ho fatto un confronto dettagliato delle caratteristiche del genere dei quattro Vangeli con quelle riscontrate in un’ampia serie di biografie greco-romane di un periodo compreso tra un paio di secoli prima e un paio di secoli dopo la scrittura dei Vangeli. Come la maggior parte delle vite antiche, i Vangeli sono una narrazione in prosa continua di lunghezza media (10 mila - 20 mila parole, circa la lunghezza che entrava in un singolo rotolo), con una linea cronologica essenziale che va dall’esordio pubblico alla morte della persona di cui si parla, con inserti di altro materiale, organizzato per argomenti. Ho scoperto che anche la grande quantità di spazio che i Vangeli dedicano al racconto della morte di Gesù e degli eventi successivi (15-20 per cento) è molto simile a quanto riscontrato nelle biografie antiche, poiché si riteneva che il modo in cui una persona moriva, con le sue ultime parole e azioni, sintetizzasse la sua vita. Infine, ho esaminato con attenzione la distribuzione dei soggetti ai quali sono riferiti i verbi nella letteratura antica, ed è risultato che solitamente le biografie dedicavano quasi metà del loro contenuto alle parole e alle azioni della persona descritta. In modo analogo, Gesù è il soggetto del 25 per cento in Marco, più un 20 per cento che corrisponde a ciò che dice nei suoi insegnamenti e nelle parabole. Matteo e Luca parlano di Gesù per il 18 per cento del testo, mentre circa per il 40 per cento parla in prima persona. Circa la metà dei verbi utilizzati da Giovanni o ha Gesù come soggetto, o proviene dalle sue labbra.
Pertanto, il modo migliore per comprendere i Vangeli è capire che fanno parte del genere della biografia greco-romana, che sottolinea la centralità delle azioni e delle parole di Gesù, la sua vita e il suo ministero, la sua morte e la sua risurrezione; e quindi devono essere interpretati in senso cristologico. Quando il mio lavoro venne pubblicato per la prima volta nel 1992, si scontrò con l’opinione generale degli studiosi secondo cui i Vangeli erano unici; nel corso del decennio successivo, però, questa ipotesi “biografica” venne accettata dalla maggior parte degli esperti del Nuovo Testamento. Questo mi ha portato a pubblicare una seconda edizione di What are the Gospels? A Comparison with Graeco-Roman Biography (Eerdmans 2004), tradotta in italiano con il titolo Che cosa sono i vangeli? (Paideia Editrice Francesco De Nicola, 2008).
Nel mio intervento al simposio della Fondazione Joseph Ratzinger ho, tra l’altro, esaminato le implicazioni e le conseguenze di questo genere biografico in altri ambiti della ricerca. I vangeli non canonici guardano o all’inizio o alla fine della vita di Gesù (vangeli dell’infanzia o vangeli della Passione), mentre altri tendono a concentrarsi su quanto detto da Gesù (per esempio il Vangelo di Tommaso) o sui discorsi gnostici sul Cristo risorto. Pertanto non fanno parte del genere biografico. Inoltre, mentre i singoli racconti del Vangelo spesso sono affiancati da aneddoti nella tradizione ebraica, colpisce la totale assenza di qualunque biografia di rabbini antichi. Questo succede perché l’elemento centrale dei racconti rabbinici è sempre la loro interpretazione della Torah; la scelta di riunire tutti i racconti come biografia nei Vangeli pone Gesù al centro, avanzando quindi una pretesa cristologica. Allo stesso modo, oggi l’uso dei Vangeli nel dibattito etico si concentra spesso sugli insegnamenti biblici piuttosto che sulla narrazione; così, l’etica rigorosa nelle parole di Gesù deve essere controbilanciata dal suo atteggiamento inclusivo verso coloro che hanno difficoltà morali e gli emarginati attraverso i suoi gesti. Il nostro approccio biografico ai Vangeli tiene unite le sue parole e le sue azioni: «Tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio» (Atti, 1, 1).
La cosa straordinaria è che gli antichi padri della Chiesa, guidati dallo Spirito Santo, erano determinati a mantenere i quattro Vangeli con i loro vari ritratti di Gesù. Ho scoperto che le immagini tradizionali delle quattro creature viventi — leone, bue, aquila e volto umano — trovate in Ezechiele, 1, Apocalisse, 4, e applicate ai Vangeli da Ireneo, Adversus Haereses, III 11,8-90, possono esser molto utili per descrivere i quattro ritratti di Gesù nei Vangeli.
Così, l’immagine del leone di Marco corrisponde al suo racconto di Gesù che corre qua e là per la Galilea dinanzi al crescente contrasto con le guide religiose, che alla fine porterà alla sua Passione e morte a Gerusalemme, «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Marco, 15, 34). Il volto umano di Matteo, invece, descrive Gesù come maestro d’Israele, che insegna dalle montagne come Mosè, ma che viene respinto, giungendo alla costituzione della Chiesa. L’immagine tradizionale di Luca del bue quale animale da lavoro rispecchia la sua descrizione di Gesù nella sua preoccupazione per i poveri e gli emarginati, le donne e i non ebrei, giungendo ancora al racconto della croce, dove Gesù consola le donne di Gerusalemme, perdona i suoi aguzzini e affida il proprio spirito al Padre celeste (Luca, 23, 37-31, 34, 43, 46). Infine, l’aquila di san Giovanni, che vola alta e tutto vede, abbraccia in maniera splendida il suo ritratto del Verbo divino che si fa carne in mezzo a noi in Gesù di Nazaret. Dunque trattare separatamente i quattro ritratti evangelici di Gesù consente di far entrare la diversità e la pluralità nell’ambito del canone, cosa che non accadrebbe con un unico, singolo racconto. Per concludere, il mio approccio biografico ai Vangeli ben si accorda con la preoccupazione espressa nella costituzione dogmatica del concilio Vaticano II Dei Verbum, riguardo sia la cristologia, sia la storia, di comprendere le azioni e le parole di Gesù, il quale ci rivela Dio in forma umana. Il Papa emerito Benedetto certamente ha ragione quando afferma che è necessaria un’ermeneutica cristologica per comprendere correttamente i Vangeli. Interpretarli alla luce delle antiche biografie ribadisce per noi la centralità della persona di Gesù di Nazaret.
L'Osservatore Romano