mercoledì 19 febbraio 2014

Parole e segni che trasformano la vita



Messa del segretario di Stato per i partecipanti al convegno sulla «Sacrosanctum concilium».

Un’occasione per affermare che «trovano una giusta e appropriata comprensione sia le riforme sia gli adattamenti che la liturgia — anche mediante la pubblicazione dei vari testi liturgici — ha potuto sperimentare in questi ultimi 50 anni dopo la pubblicazione della Sacrosanctum concilium». Così l’arcivescovo Pietro Parolin, segretario di Stato, ha sottolineato il valore della tre giorni, organizzata dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti nel cinquantesimo anniversario della prima costituzione apostolica del Vaticano II, in corso dal 18 al 20 febbraio alla Pontificia Università Lateranense.

«Solo una Chiesa che sappia essere Chiesa in preghiera e Chiesa sposa — ha aggiunto l’arcivescovo durante l’omelia della messa celebrata con i partecipanti al simposio nella mattina di celebrata mercoledì 19, nella basilica di San Pietro — potrà essere Chiesa dell’annuncio gioioso del Vangelo e Chiesa portatrice dell’amore che guarisce e che dona unità all’umanità divisa e lacerata».
Dopo aver sottolineato la particolarità di ritrovarsi «nel luogo stesso in cui i padri la sottoscrissero, per rendere grazie a Dio di questo documento, di ciò che esso rappresenta in sé stesso e di tutto il bene che da esso è derivato per la Chiesa», il presule ha voluto ricordare che «la costituzione conciliare così descrive la liturgia: “Il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (n. 10)». Questa affermazione si comprende pienamente alla luce di quanto poco prima viene detto a riguardo della vera natura della liturgia, definita come «l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo» (n. 7).
Ogni azione della Chiesa, ha aggiunto l’arcivescovo riproponendo il contenuto del documento conciliare, è finalizzata alla glorificazione di Dio e alla salvezza delle anime. E in ogni celebrazione liturgica «per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo a essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale».
E ciò avviene «in un tempo e uno spazio nuovi, in cui il divino ci raggiunge, ci purifica, ci risana, ci trasforma e ci innalza. La liturgia è quella “dimora”, quella “tenda del convegno” in cui il divino si manifesta, si svela e si consegna continuamente nelle mani degli uomini perché lo accolgano e si lascino trasformare dalla grazia. Pochi segni ed elementi del creato, uniti alla parola di Dio, hanno ricevuto il potere di rendere attuali ed efficaci le azioni di Cristo».
È dunque mediante le parole e i segni liturgici che «viene resa presente e operante — ha spiegato il segretario di Stato — l’opera di Cristo e in tal modo i suoi gesti salvifici attraversano la storia e sono resi attuali e vitali per ogni generazione, irraggiando di luce divina e di forza risanante le anime e le vicende umane».
Dopo aver sottolineato «la sproporzione tra la semplicità dei segni e la portata sovrumana degli effetti», il presule ha ricordato che «la vita trinitaria ci è offerta nell’acqua del Battesimo; Dio ci offre se stesso in cibo nell’Eucaristia; il suo perdono ci raggiunge attraverso il gesto e le parole di un sacerdote. Si direbbe quasi che il Signore ci voglia incontrare e risanare in un contesto di disarmante normalità, che ci voglia raggiungere e trasformare nella ferialità della nostra esistenza, nello stesso modo in cui scelse i dodici, chiamandoli dalle loro occupazioni quotidiane e proiettandoli verso l’orizzonte della sequela e della missione».
La Liturgia, ha poi aggiunto, veicola «la grazia nelle modalità proprie in cui vuole essere comunicata, a imitazione dei sobri gesti di cui si è servito Gesù per operare i suoi segni di guarigione. Essa inserisce il cristiano nell’agire salvifico di Dio».
Quindi, riferendosi alle letture proclamate nella liturgia della parola, l’arcivescovo ha notato che esse «ci inseriscono nella prospettiva pasquale, dove parola (1ª lettura, Giacomo, 1, 22-23) e segni — imposizione delle mani e guarigione del cieco (Marco, 8, 22-26) — diventano, nella santa Chiesa, vivi e attuali, portando la guarigione e trasformando le nostre vite». E ha messo in rilievo come Gesù rifugga dallo spettacolare, «perché il bene compiuto possiede un suo inarrestabile dinamismo interno di crescita e di diffusione».
È questa «la logica del piccolo seme che germoglia — ha detto ancora — e diventa pianta rigogliosa», mostrando di possedere un’energia che rende possibile superare «ostacoli e difficoltà di ogni genere». Il granello di senape che si trasforma in un albero, nonostante le forti contrarietà e l’apparente debolezza, ha notato ancora il presule, dispone di un invisibile fattore di crescita. Tale dinamismo «si può percepire unicamente se l’intelligenza non teme di aprirsi al dono della fede, ed è l’azione dello Spirito Santo, il quale si serve della linfa della preghiera e del veicolo della liturgia».
«Il mistero della vita di Cristo — ha proseguito il segretario di Stato — si attualizza nella vita della Chiesa con l’azione dello Spirito, ed è la liturgia il canale principale e sempre aperto in cui scorre l’acqua pura che promana dal mistero pasquale di Cristo». La Liturgia «custodisce e apre la porta della grazia, e va dunque a sua volta coltivata e custodita nella sua verità e nella sua autentica finalità». Questa preoccupazione «è stata particolarmente a cuore al Papa Benedetto XVI — ha notato — al quale va la nostra devota riconoscenza».
Rivolgendosi direttamente ai partecipanti al simposio internazionale, Monsignor Parolin ha voluto sottolineare in conclusione il fatto che il sottotitolo del tema proposto — «gratitudine e impegno per un grande movimento di comunione ecclesiale» — fa del simposio stesso una «preziosa occasione per una matura riflessione sugli effetti della costituzione conciliare nella vita della Chiesa e nella liturgia stessa. Un’occasione quanto mai significativa, al tempo stesso, per rinnovare l’impegno a diffondere la conoscenza delle fondamentali verità sulla liturgia evidenziate dalla costituzione conciliare e da mettere continuamente in pratica con la serena fiducia di essere strumenti di Dio per il bene della Chiesa».
L'Osservatore Romano