sabato 8 febbraio 2014

Tre anniversari per un Pontefice



Achille Ratti dagli anni della Biblioteca vaticana ai Patti lateranensi. 

A Desio. Anticipiamo stralci dell’intervento che il cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura pronuncerà l’8 febbraio durante il convegno su Pio XI e il suo tempo in corso a Desio e giunto quest’anno alla sua ottava edizione.

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(Gianfranco Ravasi) Il 2014 vede aggregarsi una sorta di piccolo grappolo di commemorazioni attorno alla figura di Pio XI, scandendo tappe diverse della sua esistenza. Ne evocheremo una trilogia in modo molto essenziale e quasi impressionistico partendo dall’evento terminale, quello che poneva il suggello a un’esistenza iniziata proprio nella città di Desio il 31 maggio 1857, con la sua nascita da Francesco Ratti e da Teresa Galli come quarto figlio.
Intendiamo, quindi, riferirci al primo elemento biografico più vicino a noi, il settantacinquesimo della morte di Pio XI avvenuta il 10 febbraio 1939. Ora riposa nelle Grotte Vaticane sotto un monumento funebre dello scultore Francesco Nagni (1897-1977) che lo rappresenta deposto nella ieratica fissità della salma avvolta nei paramenti pontificali e del candore del marmo. In quel momento finale, così come oggi a distanza di tre quarti di secolo, il giudizio sul suo papato risultava molto complesso perché quei 17 anni erano stati particolarmente densi e gravi. 
Ma proprio attorno a quella morte si è raggrumato l’interesse storiografico per gli ultimi suoi atti espliciti e incompiuti. Facile è evocare la reazione di Papa Ratti nei mesi precedenti all’ondata di paganesimo nazista e di antisemitismo che stava fluendo dalla Germania hitleriana sull’Europa. Il discorso del 6 settembre 1938 ai pellegrini della radio cattolica belga, all’indomani dei primi provvedimenti razziali fascisti, fu emblematico sia per la passione sia per il messaggio espresso in quelle parole che sono diventate simboliche: «Noi siamo della discendenza spirituale di Abramo..., noi siamo spiritualmente dei semiti». Un pronunciamento di incompatibilità netta del razzismo e dell’antisemitismo con la tradizione cristiana che è radicata nella Bibbia. 
A questo poi si dovrebbe aggiungere la complessa vicenda della progettazione di un’enciclica contro il razzismo e l’antisemitismo, che è stata oggetto di varie analisi storiografiche riguardo al suo tormentato processo di elaborazione. Tutto, comunque, ebbe inizio a fine giugno 1938 e quindi alle soglie della data finale che stiamo ora considerando. Infatti fu allora che Pio XI affidò al gesuita americano John La Farge (1880-1963) il compito di abbozzare un’enciclica su quell’argomento, esponendogli però già «il tema nelle sue grandi linee, il metodo da seguire, i principi da osservare».
Al di là dell’esito finale e delle relative discussioni, rimane indubbia la consapevolezza di Papa Ratti nei confronti di un veleno che stava diffondendosi e che egli aveva già per certi versi denunciato nella precedente e ben nota enciclica Mit brennender Sorge del 14 marzo 1937. La seconda data che commemoriamo è l’85° anniversario dei Patti Lateranensi siglato l’11 febbraio 1929, un evento che è stato oggetto di un’imponente analisi e che ha ricevuto i più disparati giudizi ma che continua — sia pure con la revisione del 1984 — ad essere uno strumento valido nella relazione tra Chiesa e Stato. Pio XI fu un vero artefice nell’azione concordataria e la lista degli accordi è per molti versi impressionante. È, tuttavia noto che non sono mancate critiche anche in ambito teologico. Certo è che questo istituto si colloca all’interno di un discorso molto più ampio e delicato, quello del rapporto tra fede e politica e tra religione e laicità. 
Giungiamo ora all’ultima commemorazione. Nel 1997 all’inaugurazione della rinnovata Biblioteca Ambrosiana, dopo sette anni di imponenti lavori di restauro, fu collocata nell’atrio la solenne statua bronzea di questo Papa che settant’anni prima, nel 1927, era stata approntata dallo scultore Enrico Quattrini. 
Ora essa è stata trasferita altrove, ma la presenza di Achille Ratti domina ancora nell’istituzione voluta quattro secoli fa dal cardinale Federico Borromeo e destinata ad avere una straordinaria “scheda” descrittiva nel ventiduesimo capitolo dei Promessi sposi. Come è noto, a capo di questa gloriosa Biblioteca fu eletto l’8 marzo 1907 come diciottesimo prefetto proprio il futuro Pio XI, anche se la sua presenza sotto quelle volte era iniziata vent’anni prima, l’8 novembre 1898 con la sua cooptazione nel Collegio dei Dottori. La sua, però, fu una breve prefettura perché fin dalle origini da Roma venne la segnalazione di una sua auspicata candidatura alla guida dell’ancor più prestigiosa Biblioteca Apostolica Vaticana.
Infatti il prefetto Franz Ehrle nel 1910, ricevuto il “congedo” da parte di Pio X aveva già allora suggerito come suo successore proprio Ratti, tant’è vero che il 18 ottobre di quell’anno lo stesso Pio X aveva scritto una lettera all’arcivescovo di Milano Carlo Andrea Ferrari chiedendogli se fosse stato possibile «privare la sua Archidiocesi di codesto buon e bravo Prelato», dopo essersi naturalmente accertato della sua disponibilità ad «assumere volentieri questo ufficio». Ai primi di novembre del 1910 in una lettera all’amico Giovanni Mercati, futuro cardinale e allora scrittore alla Vaticana, Ratti esprimeva le riserve e le «difficoltà che gli pareva di non poter tacere senza venir meno al dovere e alla coscienza», pur dichiarandosi pronto all’obbedienza.
La proposta di Ehrle nei confronti della figura di Ratti era originata da una conoscenza e stima sbocciata anni prima, in occasione della Conferenza internazionale sulla conservazione e sul restauro dei manoscritti tenutasi a San Gallo nel 1898: in quell’occasione l’allora Dottore dell’Ambrosiana aveva accolto la richiesta del prefetto della Vaticana per l’elaborazione di un tipo di mussola sottilissima da usare nei restauri codicologici, commissionandone l’esecuzione al fratello setaiolo Fermo. Frattanto il tempo passava fra incertezze varie e con dichiarazioni come quella del 10 marzo 1911 emessa dalla Congregazione dei Conservatori dell’Ambrosiana che ipotizzava «di rivolgersi con lettera collettiva al S. Padre per vedere di scongiurare, se è ancor possibile, tale iattura per la Biblioteca Ambrosiana». O come accadde con l’intervento pubblico del «Corriere della Sera» che in un articolo del 6 aprile 1911 intitolato Dall’Ambrosiana al Vaticano? ventilava questo trasferimento.
Le difficoltà nascevano anche dall’assenza di un candidato forte nella successione alla prefettura dell’Ambrosiana. Questa situazione di stallo continuò pure dopo che il 9 novembre 1911 Pio X decideva la nomina di Achille Ratti a viceprefetto della Vaticana, tant’è vero che la comunicazione ufficiale fu inviata solo il 20 febbraio 1912 e lo stesso Ratti si trovò a cumulare le due cariche di prefetto dell’Ambrosiana e di viceprefetto della Vaticana, costretto a una spola tra Roma (una settimana al mese) e Milano. 
Ormai, però, si stava preparando la svolta definitiva, tant’è vero che il 2 dicembre 1913 veniva assegnata a Ratti una medaglia d’oro per i suoi 25 anni di permanenza all’Ambrosiana, con un gesto che fu interpretato come una sorta di congedo.
Eppure la transizione non era ancora giunta a pieno compimento, proprio a causa delle difficoltà della successione all’Ambrosiana, tant’è vero che Ratti fu sul punto di dimettersi da viceprefetto della Vaticana suggerendo nella carica i nomi del gesuita Pietro Tacchi Venturi, studioso di storia delle religioni, o del benedettino Henri Quentin. Ma a questo punto entrò in scena lo stesso Pio X che il 17 giugno 1914 accettò le dimissioni di Ehrle invitandolo in «piena libertà» a stabilire un’intesa diretta con Ratti per subentrargli nella prefettura. Non mancò, però, un altro colpo di scena: il 20 agosto 1914 si spegneva Papa Sarto. Fu, però, il suo successore Benedetto XV a confermare subito la nomina di Achille Ratti il quale riusciva il 26 settembre 1914 a far eleggere Luigi Gramatica come suo successore all’Ambrosiana. In quello stesso giorno egli partiva per Roma, ove era già stato nominato il precedente 14 settembre canonico del Capitolo vaticano: il successivo 1° ottobre entrava in carica alla Vaticana e il 28 ottobre era insignito del titolo di protonotario apostolico soprannumerario.
Celebriamo, perciò, anche questo centenario che segna una sorta di suggello alla figura di Ratti come bibliotecario, un profilo che gli fu sempre caro come egli stesso ebbe occasione di attestare a più riprese. Un suggello, però, non definitivo per la sua biografia perché tre anni e mezzo dopo, il 25 aprile 1918 era nominato visitatore apostolico per la Polonia e Lituania e il 6 giugno successivo nunzio apostolico in Polonia, lasciando definitivamente alle spalle la Biblioteca vaticana. Come suo successore nella prefettura all’Ambrosiana, ventiquattresimo prefetto dell’istituzione federiciana, posso testimoniare che la sua presenza in quella sede ebbe un’incidenza assolutamente unica che sarebbe perdurata negli anni successivi, come è documentato ormai da un’accurata analisi storiografica.

L'Osservatore Romano