domenica 30 novembre 2014

Divina Liturgia nella Chiesa di S. Giorgio del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Discorso del Bartolomeo I



Divina Liturgia nella Chiesa di S. Giorgio del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Discorso del  Bartolomeo I. Il Patriarca al Papa: "Il Vostro ancora breve cammino alla guida della Vostra Chiesa, Vi ha consacrato nella coscienza dei nostri contemporanei, araldo dell’amore, della pace e della riconciliazione"
(Sala stampa della Santa Sede
[Text: Italiano, English, Español]
Santissimo ed amatissimo Fratello in Cristo, vescovo della Antica Roma, Signor Francesco. Rendiamo gloria e lode al nostro Dio Trino, che ci ha resi degni della ineffabile gioia dell’appropriato onore della presenza di persona di Vostra Santità quest’anno per la festività della santa memoria del fondatore della nostra Chiesa, grazie alla sua predicazione, San Andrea Apostolo, il Primo Chiamato. Ringraziamo dal cuore Vostra Santità per l’onoratissimo dono della Vostra benedetta presenza in mezzo a noi, con il Vostro venerabile Seguito. Con profondo amore e grande onore Vi abbracciamo, rivolgendo a Voi il bacio di pace e di amore: “Grazia a Voi e pace da Dio, nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” (Ro. 1,7). “Infatti l’amore di Cristo ci spinge”. (2 Cor. 14-15).

Conserviamo ancora fresco nel nostro cuore il ricordo del nostro incontro con Vostra Santità in Terra Santa, in devota comune adorazione del luogo ove è nato, ha vissuto, ha insegnato, ha patito, è risorto ed è asceso dove era in precedenza, il Maestro della nostra fede, ma anche in memoria riconoscente dello storico evento, che lì si sono incontrati i nostri predecessori di beata memoria Papa Paolo VI ed il Patriarca Ecumenico Atenagora. Grazie al loro incontro in Terra Santa, cinquanta anni orsono, il corso della storia ha cambiato direzione, i cammini paralleli e talvolta contrastanti delle nostre Chiese si sono incontrati nel comune sogno del ritrovamento della loro unità perduta, l’amore raffreddato sì è riacceso e si è ritemprata la nostra volontà di fare tutto ciò che possiamo, affinché spunti di nuovo la nostra comunione, nella stessa fede e nel Calice comune. Da allora si è aperta la via verso Emmaus, una via magari lunga e talvolta ardua, senza ritorno, mentre il Signore ci accompagna in modo invisibile fino a che Egli si riveli a noi: “nello spezzare del pane” (Lc. 24,35).
Tutti i successori di quelle guide ispirate hanno percorso da allora e percorrono tale via, istituendo, benedicendo e sostenendo il dialogo di amore e di verità tra le nostre Chiese per la rimozione degli ostacoli che per un intero millennio si sono accumulati nelle relazioni tra di esse, dialogo tra fratelli e non come un tempo tra rivali, con sincerità, dispensando rettamente la parola di verità, ma anche rispettandosi a vicenda come fratelli. In questo clima caratterizzato da un comune cammino, nel ricordo dei nostri predecessori, accogliamo oggi anche Voi, Santissimo Fratello, quale latore dell’amore dell’Apostolo Pietro, verso il suo proprio fratello, l’Apostolo Andrea, il Primo Chiamato, del quale oggi celebriamo festosamente la sacra memoria.
Secondo una sacra consuetudine, stabilitasi e osservatasi già da decenni dalle Chiese della Antica e della Nuova Roma, le loro rappresentanze ufficiali si scambiamo visite l’un l’altra durante le feste patronali, affinché anche in questo modo sia manifesta la fraternità dei due Apostoli Corifei, i quali assieme hanno conosciuto Gesù e hanno creduto in Lui come Dio e Salvatore. Gli stessi hanno trasmesso tale fede comune alle Chiese, che hanno fondato grazie alla loro predicazione e che hanno santificato con il loro martirio. Tale fede comune è stata vissuta e dogmatizzata dai comuni Padri delle nostre Chiese, riunitisi da oriente e occidente nei Concili ecumenici, dandola in eredità alle nostre Chiese, come incrollabile fondamenta della nostra unità. Questa fede, che abbiamo conservato in comune in oriente ed in occidente per un millennio, siamo chiamati di nuovo a porre come base della nostra unità, cosicché “rimanendo unanimi e concordi” (Fil. 2,2-3) passiamo più oltre con Paolo “dimenticando ciò che sta alle spalle e protesi verso ciò che sta di fronte” (Fil. 3,14).
Perché, veramente, Santissimo Fratello, il nostro dovere non si esaurisce nel passato, ma principalmente si estende, soprattutto ai nostri giorni, al futuro. Perché, a cosa serve la nostra fedeltà al passato, se questo non significa nulla per il futuro? A cosa giova il nostro vanto per quanto abbiamo ricevuto, se tutto ciò non si traduce nella vita per l’uomo e per il mondo di oggi e di domani? “Gesù Cristo è sempre lo stesso , ieri e oggi e nei secoli” (Eb. 13, 8-9). E la sua Chiesa è chiamata ad avere il suo sguardo volto non tanto all’ieri, quanto all’oggi e al domani. La Chiesa esiste per il mondo e per l’uomo e non per se stessa.
Volgendo il nostro sguardo all’oggi, non possiamo sfuggire l’ansia per il domani. “Battaglie all’esterno, timori all’interno” (2 Cor. 7,6) – Questa constatazione dell’Apostolo per la sua epoca, vale nella sua interezza per l’oggi e per noi. Perché, per tutto il tempo che noi siamo impegnati nelle nostre dispute, il mondo vive la paura della sopravvivenza e l’ansia del domani. Come sopravvivrà l’umanità dilaniata oggi da svariate divisioni, scontri ed inimicizie, molte volte addirittura nel nome di Dio? Come sarà distribuita la ricchezza della terra in modo più equo, cosicché domani la umanità non viva la schiavitù più esecrabile, che abbia mai conosciuto? Quale pianeta troveranno le prossime generazioni per abitarvi, quando l’uomo contemporaneo nella sua cupidigia lo distrugge senza pietà ed in modo irrimediabile?
Molti pongono oggi le loro speranze nella scienza. Altri nella politica, altri ancora nella tecnologia. Ma nessuno di loro è in grado di garantire il futuro, se l’uomo non accoglie il messaggio della riconciliazione, dell’amore e della giustizia, il messaggio dell’accettazione dell’altro, del diverso, persino anche del nemico. La Chiesa di Cristo, che per primo ha insegnato e vissuto questo messaggio, ha il dovere per prima cosa di applicarlo a se stessa, “affinché il mondo creda” (Gv. 17,21). Ecco perché urge più che mai il cammino verso l’unità di quanti invocano il nome del grande Operatore di pace. Ecco perché la responsabilità di noi cristiani è maggiore davanti a Dio, all’uomo e alla Storia.
Santità,
Il Vostro ancora breve cammino alla guida della Vostra Chiesa, Vi ha consacrato nella coscienza dei nostri contemporanei, araldo dell’amore, della pace e della riconciliazione. Insegnate con i Vostri discorsi, ma soprattutto e principalmente con la semplicità, la umiltà e l’amore verso tutti, per i quali esercitate il Vostro alto ufficio. Ispirate fiducia agli increduli, speranza ai disperati, attesa a quanti attendono una Chiesa amorevole verso tutti. Tra le altre cose, offrite ai Vostri fratelli Ortodossi, la speranza che durante il Vostro tempo, l’avvicinamento delle nostre due grandi antiche Chiese continuerà a edificarsi sulle solide fondamenta della nostra comune tradizione, la quale da sempre rispettava e riconosceva nel corpo della Chiesa un primato di amore, di onore e di servizio, nel quadro della sinodalità, affinché “con una sola bocca ed un sol cuore” si confessi il Dio Trino e si effonda il Suo amore nel mondo. 
Santità,
La Chiesa delle Città di Costantino, che accoglie Voi oggi innanzitutto con amore e grande onore, ma anche con profonda riconoscenza, porta sulle proprie spalle una pesante eredità, ma anche una responsabilità sia per il presente che per il futuro. In questa Chiesa, la Divina Provvidenza attraverso l’ordine costituito dai Santi Concili Ecumenici, ha assegnato la responsabilità del coordinamento e della espressione della omofonia delle Santissime Chiese Ortodosse Locali. Con questa responsabilità lavoriamo già accuratamente per la preparazione del Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa, che si è deciso di convocare qui, a Dio piacendo, entro l’anno 2016. Già le commissioni competenti lavorano alacremente alla preparazione di questo grande evento nella storia della Chiesa Ortodossa, per il cui successo, chiediamo anche le Vostre preghiere. Purtroppo, la rottura millenaria della comunione eucaristica tra le nostre Chiese non permette ancora la convocazione di un grande comune Concilio Ecumenico. Preghiamo dunque che, ristabilita la piena comunione tra di esse, non tardi a sorgere anche questo grande ed importante giorno. Fino a quel benedetto giorno, la partecipazione di entrambe le nostre Chiese alla vita sinodale dell’altra, si esprimerà attraverso l’invio di osservatori, come già succede, su Vostro cortese invito, durante i Sinodi della Vostra Chiesa e come – speriamo -, vogliamo succeda, con l’aiuto di Dio, anche durante la realizzazione del nostro Santo e Grande Sinodo.
Santità, fratello Vescovo di Roma,
I problemi, che la congiuntura storica innalza davanti alle Chiese, impongono a noi il superamento della introversione e il fatto di affrontarli per quanto possibile con più strette collaborazioni. Non abbiamo più il lusso per agire da soli. Gli odierni persecutori dei Cristiani non chiedono a quale Chiesa appartengono le loro vittime. L’unità, per la quale ci diamo molto da fare, si attua già in alcune regioni, purtroppo, attraverso il martirio. Tendiamo dunque insieme la mano all’uomo contemporaneo, la mano del solo che è in grado di salvarlo per mezzo della Croce e della Sua Resurrezione.
Con questi pensieri e sentimenti, esprimiamo di nuovo la gioia della presenza di Vostra Santità in mezzo a noi, ringraziando Voi e pregando il Signore che, per intercessione dell’Apostolo Primo Chiamato che oggi festeggiamo, e del suo fratello Pietro il Protocorifeo, protegga la Sua Chiesa e la guidi al compimento della Sua volontà. Dunque, buona permanenza in mezzo a noi, fratello prediletto!
INGLESE
Your Holiness Pope Francis, beloved brother in Christ, bishop of Senior Rome, We offer glory and praise to our God in Trinity for deeming us worthy of the ineffable joy and special honor of the personal presence here of Your Holiness on the occasion of this year’s celebration of the sacred memory of the First-called Apostle Andrew, who founded our Church through his preaching. We are profoundly grateful to Your Holiness for the precious gift of Your blessed presence among us, together with Your honorable entourage. We embrace you wholeheartedly and honorably, addressing you fervently with a greeting of peace and love: “Grace to you and peace from God our Father and the Lord Jesus Christ” (Rom. 1.7). “For the love of Christ controls us” (2 Cor. 5.14).
We still vividly preserve in our heart the recollection of our encounter with Your Holiness in the Holy Land for a joint pious pilgrimage in the place where the pioneer of our faith was once born, lived, taught, suffered, was risen and ascended as well as for a thankful remembrance of the historical event of the meeting there by our predecessors, the late Pope Paul VI and Ecumenical Patriarch Athenagoras. As a result of their meeting in the Holy City fifty years ago, the flow of history has literally changed direction: the parallel and occasionally conflicting journeys of our Churches have coincided in the common vision of restoring our lost unity; the cold love between us has been rekindled, while our desire to do everything in our capacity so that our communion in the same faith and the same chalice may once again emerge has been galvanized. Thenceforth, the road to Emmaus has opened up before us – a road that, while perhaps lengthy and sometimes even rugged, is nonetheless irreversible – with the Lord as our companion, until He is revealed to us “in the breaking of the bread” (Luke 24.35).
This way has since been followed – and is still being followed – by all of the successors of those inspired leaders, in turn establishing, dedicating and endorsing the dialogue of love and truth between our Churches in order to lift a millennium of burdens amassed in our relations. This dialogue is one that befits friends and not, as in former times, adversaries, inasmuch as sincerely seek to be rightly dividing the word of truth and respect one another as brothers. In such an atmosphere fashioned by our aforementioned predecessors with respect to our common journey, we too fraternally welcome Your Holiness as bearing the love of St. Peter to his brother, St. Andrew, whose sacred feast we celebrate today. In accordance with a holy custom established and observed for decades now by the Churches of Senior and New Rome, official delegations exchange visits on the occasion of their respective patronal feasts in order to demonstrate by this manner as well the fraternal bond between the two chief Apostles, who together came to know Jesus Christ and to believe in Him as God and Savior. These Apostles transmitted this common faith to the Churches founded by their preaching and sanctified by their martyrdom. This faith was also jointly experienced and articulated into doctrine by our Church Fathers, who assembled from East and West in ecumenical councils, bequeathing it to our Churches as an unshakable foundation of our unity. It is this same faith, which we have together preserved in both East and West for an entire millennium, that we are once again called to deposit as the basis of our unity in order that, “being in full accord and of one mind” (Phil. 2.2), we may press on with Paul “forgetting what lies behind and straining forward to what lies ahead” (Phil. 3.13).
After all, Your Holiness and dear Brother, our obligation is surely not exhausted in the past but primarily extends to the future, especially in our times. For what is the value of our fidelity to the past unless this denotes something for the future? What is the benefit of boasting for what we have received unless these translate into life for humanity and our world both today and Church is called to keep its sight fixed not so much on yesterday as on today and tomorrow. The Church exists not for itself, but for the world and for humanity.
Therefore, in directing our sight toward today, we cannot avoid being anxious also for tomorrow. “There is fighting without and fear within” (2 Cor. 7.5) – This recognition of the Apostle Paul about his age is indisputably valid also for us today. Indeed, even as we are preoccupied with our own contentions, the world experiences the fear of survival, the concern for tomorrow. How can humanity survive tomorrow when it is severed today by diverse divisions, conflicts and animosities, frequently even in the name of God? How will the earth’s wealth be distributed more equitably in order for humanity tomorrow to avoid the most heinous slavery ever known in history? What sort of planet will future generations inherit when modern man is destroying it so mercilessly and irrevocably through greed?
Nowadays many people place their hope on science; others on politics; still others in technology. Yet none of these can guarantee the future, unless humanity espouses the message of reconciliation, love and justice; the mission of embracing the other, the stranger, and even the enemy. The Church of Christ, who first proclaimed and practiced this teaching, is compelled to be the first to apply this teaching “so that the world may believe” (John 17.21). This is precisely why the path toward unity is more urgent than ever for those who invoke the name of the great Peacemaker. This is precisely why our responsibility as Christians is so great before God, humankind and history.
Your Holiness,
Your hitherto brief tenure at the helm of Your Church has already manifested You in people’s conscience today as a herald of love, peace and reconciliation. You preach with words, but above and beyond all with the simplicity, humility and love toward everyone that you exercise your high ministry. You inspire trust in those who doubt, hope in those who despair, anticipation in those who expect a Church that nurtures all people. Moreover, You offer to Your Orthodox brothers and sisters the aspiration that during Your tenure the rapprochement of our two great ancient Churches will continue to be established on the solid foundations of our common tradition, which always preserved and acknowledged in the constitution of the Church a primacy of love, honor and service within the framework of collegiality, in order that “with one mouth and one heart” we may confess the Trinitarian God and that His love may be poured out upon the world.
Your Holiness,
The Church of Constantinople, which today for the first time receives You with fervent love and honor as well as with heartfelt gratitude, bears upon its shoulders a heavy legacy, but also a responsibility for the present and the future. In this Church, through the order instituted by the holy Ecumenical Councils, divine providence has assigned the responsibility of coordinating and expressing the unanimity of the most holy local Orthodox Churches. In the context of this responsibility, we are already working very assiduously for the preparation of the Holy and Great Council of the Orthodox Church, which – as decided – will convene here, God willing, in 2016. At this time, the appropriate committees are laboring feverishly to prepare this great event in the history of the Orthodox Church, for whose success we also implore Your prayers. Unfortunately, the Eucharistic communion of our Churches that was interrupted one thousand years ago does not yet permit the convocation of a joint Great Ecumenical Council. Let us pray that, once full communion is restored, this significant and special day will also not be prolonged. However, until that blessed day, the participation in one another’s synodal life will be expressed through the involvement of observers, as we observe now, with Your gracious invitation to attend Synods of Your Church, just as we hope will also occur when, with God’s grace, our Holy and Great Council becomes reality.
Your Holiness,
The challenges presented to our Churches by today’s historical circumstances oblige us to transcend our introversion in order to meet them with the greatest degree of collaboration. We no longer have the luxury of isolated action. The modern persecutors of Christians do not ask which Church their victims belong to. The unity that concerns us is regrettably already occurring in certain regions of the world through the blood of martyrdom. Together let us extend our hand to people of our time; together let us extend the hand of Him, who alone can save humankind through His Cross and Resurrection. With these thoughts and sentiments, on
ce again we express our joy and thanks at the presence here of Your Holiness, even as we pray that the Lord – through the intercessions of the one we celebrate today, the First-called Apostle and brother of the Chief of the Apostles Peter – may protect His Church and direct it to the fulfillment of His sacred will. Welcome among us, dearly beloved brother!
SPAGNOLO
Santísimo y amado Hermano en Cristo, Francisco, Obispo de Roma, Gloria y alabanza damos a nuestro Dios Trino que nos ha concedido la alegría inexpresable y el honor particular de la presencia personal de Vuestra Santidad, durante el festejo de este año de la memoria sagrada del fundador, a través de su predicación, de nuestra Iglesia, el Apóstol Andrés el Primer Llamado. Agradecemos cordialmente a Vuestra Santidad el precioso don de su bendita presencia entre nosotros, junto con su venerable Séquito. Con amor profundo y gran honor os abrazamos dirigiéndoos el cordial abrazo de la paz y del amor: “Gracia y paz de parte de Dios nuestro Padre y del Señor Jesucristo” (Rom 1,7). “Porque nos apremia el amor de Cristo” (2 Cor 5,14).
Todavía conservamos fresco en nuestro corazón el recuerdo de nuestro encuentro con Vuestra Santidad en la Tierra Santa en común peregrinaje piadoso al lugar donde nació, vivió, enseñó, padeció, resucitó y ascendió, allí donde estuvo antes, la Cabeza de nuestra fe, así como también el agradecido recuerdo del evento histórico del encuentro allí de nuestros inolvidables predecesores el Papa Pablo VI y el Patriarca Ecuménico Athenágoras. Aquel encuentro de ellos, hace ya cincuenta años, en la Santa Ciudad, cambió la dirección del curso de la historia; los paralelos y algunas veces enfrentados caminos de nuestras Iglesias se encontraron en la visión común del descubrimiento de la perdida de su unidad, el amor congelado ha vuelto a inflamarse y fue acelerada nuestra voluntad de hacer todo lo que esté de nuestra parte para que de nuevo se edifique nuestra comunión en la misma fe y en el Cáliz común. Desde entonces se abrió la vía de Emmaús, vía probablemente larga y algunas veces escabrosa, pero sin retorno, invisiblemente caminando junto con nosotros el Señor, hasta que Él se nos revele “en el partir el pan” (Luc 24,35).
Esta vía la han seguido desde entonces y la siguen todos los sucesores de estos inspirados jefes, instituyendo, bendiciendo y apoyando el diálogo de la caridad y de la verdad entre nuestras Iglesias para la elevación de los obstáculos acumulados por un milenio completo en las relaciones entre ellas, diálogo entre hermanos y no, como antiguamente, de adversarios, precisando con toda franqueza la palabra de la verdad, pero también respetándose recíprocamente como hermanos.
Dentro de este clima del camino común trazado por nuestros mencionados predecesores, os acogemos hoy también, Santísimo Hermano, como portador del amor del Apóstol Pedro a su hermano el Apóstol Andrés, el Primer Llamado, cuya memoria sagrada solemnemente celebramos hoy. Según costumbre sagrada, instituida y observada ya desde décadas por parte de las Iglesias de la Antigua y Nueva Roma, representaciones oficiales de ambas intercambian visitas durante la fiesta patronal de cada una de ellas, para que también a través este modo sea demostrada la hermandad carnal de los dos corifeos Apóstoles, que de común han conocido a Jesús y han creído en Él como Dios y Salvador. Esta común fe la han transmitido a las Iglesias que han fundado con su predicación y han santificado con su martirio. Esta fe han vivido y han dogmatizado los Padres comunes de nuestras Iglesias, reunidos desde oriente y occidente en Concilios Ecuménicos, heredándola en nuestras Iglesias como fundamento inquebrantable de nuestra unidad. Esta fe, que hemos conservado en común en el oriente y en el occidente por un milenio, somos llamados nuevamente a ponerla como base de nuestra unidad, de modo que “manteneos unánimes y concordes” (Fil 2,2) avanzamos junto con Pablo adelante “olvidando lo que queda atrás y lanzando hacia lo que está por delante” (cfr. Fil 3,14).
Porque en verdad, Santísimo Hermano, nuestra obligación no se limita en el pasado, sino que se extiende sobre todo y, especialmente en nuestros días, en el futuro. Porque, ¿para que vale nuestra fidelidad al pasado, si esto nada significa para el futuro? ¿Qué utilidad tiene nuestro orgullo por todo que hemos recibido, si todo esto no se traduce en vida para el hombre y el mundo de hoy y del mañana? “Jesucristo es el mismo ayer y hoy y siempre” (Hebr 13,8), y su Iglesia viene llamada a tener su visión dirigida no tanto al ayer, sino al hoy y al mañana. La Iglesia existe por el mundo y por el hombre y no por si misma.
Nuestra visión dirigida al hoy no puede evitar nuestra agonía también para el mañana. “Luchas por fuera, temores por dentro” (2 Cor 7,5). Esta comprobación del Apóstol para su época, vale integra hoy también para nosotros. Porque, mientras todo el tiempo que nos ocupamos con nuestras contradicciones, el mundo vive el temor de la supervivencia, la agonía del mañana. ¿Como puede sobrevivir mañana una humanidad afligida hoy por muchas divisiones, conflictos y enemistades, muchas veces también en el nombre de Dios? ¿Cómo será repartida la riqueza de la tierra más justamente de modo que no viva mañana la humanidad una esclavitud más horrible, que jamás conoció antes? ¿Qué planeta encontrarán las próximas generaciones para habitar, si el hombre moderno con su avidez lo destruye cruel y irremediablemente?
Muchos ponen hoy sus esperanzas en la ciencia; otros en la política; otros en la tecnología. Pero ninguna de estas puede garantizar el futuro si el hombre no adopta la llamada de la reconciliación, del amor y de la justicia; la llamada de la aceptación del otro, del diferente, aún también del enemigo. La Iglesia de Cristo, que es la primera que ha enseñado y ha vivido esta predicación, debe aplicarla en primer lugar para sí misma “para que el mundo crea” (Juan 17,21). He aquí el porque urge como jamás en otro tiempo el camino hacia la unidad de los que invocan el nombre del gran Pacificador. He aquí el porque la responsabilidad de nosotros los cristianos es grande frente a Dios, a la humanidad y a la historia.
Santidad,
En el todavía breve recorrido a la cabeza de vuestra Iglesia os habéis mostrado ya en la conciencia de nuestros contemporáneos como predicador del amor, de la paz y de la reconciliación. Predicáis con vuestras palabras, pero sobre todo y principalmente con vuestra simplicidad, humanidad y amor hacia todos, con los cuales ejercitáis vuestro alto ministerio. Inspiráis confianza en los desconfiados, esperanza en los desesperados, expectación en aquellos que esperan una Iglesia afectuosa para todos. Además ofrecéis a vuestros hermanos Ortodoxos la esperanza que en vuestros días el acercamiento de nuestras dos grandes y antiguas Iglesias se continuará basándose sobre los firmes fundamentos de nuestra común tradición, la cual desde siempre observada y reconocía dentro de la estructura de la Iglesia un primado de amor, honor y servicio en el ámbito de la sinodalidad, de modo que “con una boca y un corazón” viene confesado Dios Trino y derramado Su amor por el mundo.
Santidad,
La Iglesia de la Ciudad de Constantino que por primera vez os acoge hoy con mucho amor y honor, como también con profundo reconocimiento, lleva en sus hombros una pesada herencia, como también una responsabilidad tanto para el presente como para el futuro. En esta Iglesia la Divina Providencia ha puesto, a través del orden instituido por parte de los sagrados Concilios Ecuménicos, la responsabilidad de la coordinación y de la expresión del consenso de las Santísimas Iglesias Ortodoxas locales. Dentro de esta responsabilidad trabajamos ya intensamente para la preparación del Santo y Gran Concilio de la Iglesia Ortodoxa, que se decidió fuera convocado aquí, con la benevolencia de Dios, dentro el año 2016. Las comisiones responsables trabajan ya febrilmente para la preparación de este gran evento en la historia de la Iglesia Ortodoxa, por el éxito del cual pedimos también vuestras oraciones. Desgraciadamente, la comunión eucarística entre nuestras Iglesias, rota desde hace mil años, no permite todavía la constitución de un común Gran y Ecuménico Concilio. Rezamos que una vez restablecida la plena comunión entre ellas no tarde en resurgir también este gran e ilustre día. Hasta aquel bendito día, la participación de cada una de nuestras Iglesias en la vida sinodal de la otra será mostrada con el envío de observadores, como ya sucede, por medio de vuestra gentil invitación, durante los Sínodos de vuestra Iglesia, y como, esperamos, que sucederá también durante la realización, con la ayuda de Dios, del nuestro Santo y Gran Concilio.
Santidad,
Los problemas que la coincidencia histórica levanta hoy frente a nuestras Iglesias nos imponen que superaremos el girar en torno nosotros mismos, para afrontarlos con la más estrecha colaboración posible. Los modernos perseguidores de los cristianos no preguntan a qué Iglesia pertenecen sus víctimas. La unidad, por la cual nos comprometemos, se realiza ya en algunas regiones, desgraciadamente, a través del matririo. Tendamos en común la mano al hombre moderno, la mano del único que puede salvarlo a través Su Cruz y Su Resurrección. Con estos pensamientos y sentimientos expresamos también ahora la alegría por la presencia entre nosotros de Vuestra Santidad, agradeciéndola y rezando al Señor que por las intercesiones del celebrado hoy, el Apóstol Primer Llamado y de su hermano en carne Pedro Protocorifeo, proteja Su Iglesia y la conduzca al cumplimiento de Su santa voluntad. ¡Bienvenido entre nosotros, muy querido Hermano!