martedì 25 novembre 2014

La vita non è una chat



Il patriarca di Mosca alla gioventù ortodossa. 

(Giovanni Zavatta) Una stanza con tanti giovani seduti, ognuno con la faccia immersa nel proprio tablet o smartphone. Nessuno comunica con chi gli sta accanto, realmente, ma con qualcuno dall’altra parte della rete, virtualmente. Le parole sono solo lettere digitate su una tastiera, fredde, preimpostate dal T9. Se uno fa una domanda al vicino, viene quasi respinto con una scrollata di spalle. Quella stanza potrebbe essere una qualsiasi sala d’attesa, l’interno di un autobus o il vagone di una metropolitana, in un qualunque posto del mondo. È la scena proposta giorni fa a Mosca dal patriarca Cirillo ai partecipanti al congresso internazionale della gioventù ortodossa. Nel suo intervento ha messo in guardia dalla fine dei rapporti sociali veri, concreti, dai pericoli nascosti nell’immersione totale nel web, senza avvertimenti e precauzioni: «Cosa succede se sostituiamo la comunicazione reale con quella virtuale? Cancelliamo dalla nostra vita un aspetto incredibilmente importante, il contatto umano con la gente, l’esperienza personale, dal vivo, la premessa di una relazione, emotiva, spirituale».
Si condivide, ci si crede “amici”, in realtà si resta tremendamente soli. Non ci si può affidare solo a una foto postata su internet, a un testo scritto, a volte confezionato ad arte: «In questo modo non siamo in grado di vedere negli occhi degli uomini, di distinguere se in quello sguardo c’è una mente pacifica o si cela il fuoco del demonio. Dietro chi appare bello, parla da anima pura», potrebbe nascondersi infatti un malintenzionato.
Il primate della Chiesa ortodossa russa non chiede certo ai giovani di rinunciare ai social network (troppe le comodità, enormi le potenzialità) ma di non confondere le email, la chat, con la vita reale, di non dimenticare di curare, approfondire il dialogo personale, lo scambio reciproco, questo sì vero arricchimento. Cirillo fa l’esempio della parrocchia, «non solo persone che pregano Dio ma che sono in comunicazione spirituale tra loro». Poi un ricordo personale, di quando era bambino: dopoguerra a Leningrado (l’odierna San Pietroburgo), la città dove è nato, una chiesa affollata da migliaia di persone per la divina liturgia ma troppo piccolo per vedere qualcosa, solo la percezione «del calore di corpi umani e di un’atmosfera speciale» quando i fedeli hanno cominciato a recitare tutti insieme il Credo. «Quella scena ha lasciato una particolare impronta su di me», spiega, osservando come la gente a quel tempo comunicasse di più, anche in chiesa, e come accanto alla dimensione verticale della preghiera, «da me a Dio», non vada dimenticata la sua dimensione orizzontale, «io e chi sta accanto a me».
Per controbilanciare l’influenza del mondo virtuale, per garantire che le parrocchie continuino a essere comunità reali, il patriarca di Mosca invita sacerdoti e laici a non limitarsi al mero servizio ma a interpretare una vera funzione sociale. In una società dei consumi dominata dall’impatto dell’informazione, dalla necessità di piacere, dal bisogno di comfort, la strada della Chiesa deve essere quella di insegnare solidarietà, in particolare ai giovani. «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Matteo, 10, 38): Cirillo cita il discorso di Gesù sulla missione per sottolineare come Cristo, attraverso il tormento della croce, «ci abbia dato la libertà, ci spinga a un’altra vita, ci strappi a questa terra mortale, ci alzi verso il cielo». Non ci può essere perfezione senza la croce. L’ozio così come la ricerca del piacere a tutti i costi rappresentano «una degradazione non solo del singolo individuo ma dell’intera civiltà umana».
A Mosca il 18 e 19 novembre erano presenti più di diecimila giovani provenienti da tutti i distretti della Russia e da Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Moldova, Paesi baltici, Asia centrale, Austria, Francia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti. Fra i temi in discussione, missione apologetica della gioventù, sostegno informativo al suo contributo, reazione al terrorismo, organizzazione delle associazioni, collaborazione ecclesiastico-secolare nel campo dell’educazione spirituale e morale, rappresentanza dei giovani nella Chiesa. A guidare i lavori è stato il vescovo di Vyborg e Priozersk, Ignazio, presidente del Dipartimento sinodale per le politiche giovanili del patriarcato di Mosca. Fra i relatori, leader di movimenti ed esperti di questioni religiose e sociali. «Oggi nella nostra Chiesa — ha detto Ignazio — ci sono oltre seicento organizzazioni giovanili ortodosse e il loro numero è in aumento. Si tratta di un potenziale enorme per il nostro lavoro futuro e il confronto con esse è straordinariamente utile per determinare la natura e la qualità della missione».
Il patriarca Cirillo ha parlato anche della stretta connessione fra moralità e felicità e della piaga dei divorzi in Russia: «Ma è l’intera società, in crisi di valori, a trovarsi in uno stato di divorzio», ha concluso.
L'Osservatore Romano,