mercoledì 26 novembre 2014

Quattro preti di strada...

Quattro preti di strada in tv per commentare il Vangelo. Don Albanesi: "Il vento è cambiato, speriamo che duri"

 ...in tv per commentare il Vangelo. Don Albanesi: "Il vento è cambiato, speriamo che duri" Anche in Rai il nuovo corso di Papa Francesco. Lo spazio televisivo della domenica sarà affidato a sacerdoti impegnati nel sociale: don Ciotti, don Patriciello, don Rigoldi e il fondatore della comunità di Capodarco. Che dice: "Siamo stati diprezzati per decenni, ora c'è spazio per le periferie"   

di ANDREA GUALTIERI

"UN CONTO è essere in cammino verso la perfezione, un altro è imporre la perfezione". Don Vinicio Albanesi è uno dei quattro sacerdoti che la Conferenza episcopale italiana ha scelto per commentare il Vangelo ogni settimana su Rai Uno, nella storica trasmissione "A sua immagine". È il nuovo corso che vede protagonisti quelli che erano etichettati "preti di strada" fino a poco tempo fa, fino all'avvento di papa Francesco. Insieme a don Albanesi ci saranno infatti don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e di Gruppo Abele, don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano protagonista delle denunce sulla "terra dei fuochi" e don Gino Rigoldi, il cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano. Dal 29 novembre si alterneranno nella rubrica del sabato che finora era curata da padre Ermes Ronchi, studioso di scienze religiose e antropologiche e commentatore anche per Avvenire.

"Siamo stati disprezzati per decenni, ora il vento è proprio cambiato e speriamo che duri, perché se torna il vento del deserto che brucia tutto, sarà di nuovo dura", dice a Repubblica.it con un sorriso don Albanesi, che ha 71 anni e dal 1994 è presidente della comunità di riabilitazione di Capodarco. E svela che dopo 47 anni di sacerdozio, molti dei quali spesi al servizio dei disabili e degli emarginati, per la prima volta ha ricevuto una telefonata dai vertici della Chiesa italiana. Il segretario della Cei Nunzio Galantino ha spiegato in una conferenza stampa che "si vuole tradurre in fatti e immagini ciò che Papa Francesco ci chiede senza sosta: quello di essere chiese in uscita e allora anche televisione in uscita". Una svolta testimoniata anche da don Luigi Ciotti, che racconta: "Nel passato sono stato invitato una volta in trasmissione: hanno protestato perché parlavo troppo di terra e poco di cielo e non mi hanno chiamato più". Per lui, in realtà, il segnale del cambiamento era arrivato già il 21 marzo, quando Bergoglio ha scelto di partecipare alla veglia organizzata da Libera per ricordare le vittime innocenti delle mafie. Il Papa e il sacerdote erano entrati nella chiesa di San Gregorio VII a Roma tenendosi per mano: "C'è una parte di Chiesa  che per lungo tempo è stata etichettata, isolata: non siamo preti antimafia o di strada, siamo solo preti", aveva commentato don Ciotti.

Ora anche don Albanesi rilancia: "Si nota un passaggio verso i preti che occupano spazi nel grande mondo della marginalità, un'attenzione per le frontiere". E questo, spiega, permette di dare una chiave di lettura molto diversa al messaggio evangelico. La stessa che, anticipa, metterà lui nel commentare le sacre scritture su Rai Uno: "Ho notato, rileggendo bene il Vangelo, che Cristo dava messaggi morali, ma si preoccupava anche di guarire i malati: sono 27 i miracoli nei testi sinottici. Questo Cristo, insomma, voleva il benessere sia fisico che spirituale, ma nel tempo questa dimensione è stata scissa". Secondo don Albanesi, "la Chiesa si è concentrata sul culto e sui sacramenti senza coniugare in parallelo la carità, lasciata agli addetti ai lavori". La spiritualità, insomma, "ha tralasciato la dimensione umana: il dolore, la morte, la povertà, la sofferenza". E invece il commento al Vangelo che il presidente di Capodarco presenterà in tv nasce pensando a chi gli racconta della pensione che non arriva, del lavoro che non c'è, della disabilità da affrontare. "Nulla di nuovo  -  dice  -  se si pensa che il parroco classico di una volta, quando c'era la povertà vera, era quello che si occupava della sua gente. Ora, invece, noi eravamo considerati preti speciali solo perché predichiamo che la pace interiore è anche pace materiale e questo ci porta a un approccio diverso, che non distingue regolari o irregolari, praticanti o no. Vuoi bene a tutti perché capisci le cose di cui hanno bisogno". 

Lo stesso approccio che si è suggerito durante il recente sinodo dedicato alla famiglia. Don Albanesi lo legge così: "Finora si è tenuto conto degli aspetti dottrinali: dal cielo arriva la verità e la si va ad applicare alle persone. Invece se si parte dalle persone hai delle situazioni concrete che poi confronti sempre con la verità, certo, ma è un processo molto diverso".
La Repubblica

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Dal blog di Sandro Magister

26 novembre 2014

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