domenica 23 novembre 2014

Il dialogo della Chiesa col Giudaismo. (Waldemar Chrostowski)

Waldemar Chrostowski


Pubblichiamo di seguito il testo integrale del discorso di monsignor Waldemar Chrostowski, polacco, docente di Esegesi del Vecchio Testamento e di Teologia presso la Facoltà di Teologia dell’Accademia di Varsavia, durante la cerimonia di consegna della quarta edizione del Premio Ratzinger, svoltasi ieri, in Vaticano, che lo ha visto vincitore insieme alla francese Anne-Marie Pelletier.
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Eminenze,
Eccellenze,
Illustrissimi Premiati del Premio Ratzinger,
Illustri Professori e Docenti,
Cari Amici e Amiche,
Le più grandi gioie le incontriamo quando meno ce le aspettiamo. Immagino che Monsignor Giuseppe Scotti possa confermare la verità di questo detto. Penso adesso al nostro incontro di alcuni mesi fa a Toruń, in casa del Vescovo Andrzej Suski, quando per la prima volta ricevetti la notizia della possibilità che mi sia conferito il Premio Ratzinger.
Il lavoro che ho realizzato si fonda su tre livelli principali. Il primo livello è quello scientifico. Prima di tutto, la dettagliata ricerca sull’affascinante Libro di Ezechiele e sulla diaspora degli Israeliti in Assiria, che ebbe luogo dalla fine dell'ottavo all'inizio del sesto secolo prima di Cristo, la Bibbia dei Settanta, con la sua genesi e il suo significato, la letteratura targumica ma anche sugli inizi e primi confronti del cristianesimo con il giudaismo rabbinico. Questa ricerca scientifica mi ha condotto alla persona e l’opera di San Paolo.
Il secondo livello è quello didattico. Sono professore ordinario della Sacra Scrittura all’Università Cardinale Stefan Wyszyński di Varsavia e per 9 anni lo sono stato all’Università Mikołaj Kopernik di Toruń. Ho pure insegnato a Kiev (Ucraina) e a Riga (Lettonia).
Il terzo è il livello divulgativo. Basterebbe citare che sono caporedattore di più di 120 libri, fra cui alcune importanti collane bibliche molto conosciute, apprezzate non soltanto in Polonia ma anche in altri paesi dove la lingua polacca è conosciuta e utilizzata.
A questo punto desidero menzionare anche una problematica particolarmente impegnativa che mi coinvolge da più di un quarto di secolo: il dialogo della Chiesa col Giudaismo. La specificità di questa tematica è evidente dappertutto, anche in Polonia. Devo dire che ho fatto tutto il possibile per essere fedele all’insegnamento conciliare e post-conciliare, sviluppato in modo così straordinario sia dal Santo Giovanni Paolo II che da Benedetto XVI. Ritengo, che se vogliamo essere attivi nel dialogo interreligioso, le indicazioni fondamentali da prendere in considerazione sono, innanzi tutto, quelle che riguardano il nostro obbligo a dare una costante testimonianza di Cristo. Vorrei citare, a questo proposito, la domanda e la risposta del Santo Padre Benedetto XVI ai sacerdoti in occasione dell’incontro con il clero di Roma del 13 maggio 2005.
Una domanda e una risposta che mi sembrano cruciali: “Se noi abbiamo trovato il Signore e se per noi Egli è la luce e la gioia della vita, siamo sicuri che ad un altro che non ha trovato Cristo non manchi una cosa essenziale e non sia un dovere nostro offrigli questa realtà essenziale? Poi lasciamo alla guida dello Spirito Santo e alla libertà di ognuno quello che succederà. Ma se siamo convinti e abbiamo l’esperienza del fatto che senza Cristo la vita è incompleta, manca una realtà, la realtà fondamentale, dobbiamo anche essere convinti che non facciamo torto a nessuno se gli mostriamo Cristo e gli offriamo la possibilità di trovare così anche la sua vera autenticità, la gioia di aver trovato la vita”. Sono sacerdote da più di 38 anni e divento sempre più consapevole del fatto che questa chiamata e questa sfida hanno non solo un significato di particolare importanza, ma sono, anche nei nostri rapporti col Giudaismo, una vera e propria esigenza.
Tutto il mio lavoro accademico, divulgativo e pastorale, sia nel campo della Bibbia e della scienza biblica come nel campo del dialogo cattolico-giudaico, è stato raccolto, sistematizzato ed elencato in un libro preparato per questa eccezionale occasione dalla Dottoressa Barbara Strzałkowska. Grazie, Barbara!
Sono felice che il mio lavoro e i suoi frutti abbiano trovato favore del Comitato Scientifico e del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Innanzitutto, vorrei esprimere la mia più profonda gratitudine e il mio grande affetto per il nostro Papa-emerito.  L’anno scorso, durante la cerimonia di conferimento della terza edizione del Premio Joseph Ratzinger, Papa Francesco ha detto che “Benedetto XVI faceva teologia in ginocchio, e tutti lo sappiamo”. Questo è per me non soltanto un esempio, ma anche un aiuto decisivo nello sviluppo e nell’approfondimento del mio lavoro esegetico e teologico.
Contemporaneamente, desidero esprimere la mia profonda gratitudine anche a Papa Francesco e al card. Gerhard Müller, che proprio stamattina ci ha consegnato questo prestigioso premio.
Le mie più cordiali congratulazioni vanno alla Professoressa Anna-Marie Pelletier. Noi due abbiamo qualcosa in comune: Lei è la prima donna ed io sono il primo polacco che abbiano ricevuto il Premio Ratzinger.
Porgo anche le mie più vive felicitazioni e i miei cordiali auguri a tutti i precedenti Premiati del Premio Raztinger.
In modo speciale desidero ringraziare il Cardinale Camillo Ruini, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Fu lui a comunicare, durante la conferenza stampa tenuta il 17 Giugno 2014, i nomi dei candidati per l’assegnazione della quarta edizione del Premio della Fondazione e a presentare i nostri profili. Grazie, Eminenza! Ringrazio anche tutti gli Illustrissimi Membri del Comitato Scientifico e del Consiglio di Amministrazione della Fondazione. In modo particolare, il Monsignor Giuseppe Scotti, la Signora Marta Gattamelata e anche il Reverendo Dottor Mariusz Kuciński di Bydgoszcz, coi quali durante questi ultimi mesi sono rimasto in stretti contatti. Grazie per il Vostro aiuto e la fruttuosa collaborazione.
Vorrei anche dirigere i miei cordiali ringraziamenti al mio vescovo, Sua Eminenza il Cardinale Kazimierz Nycz, Arcivescovo di Varsavia.
Desidero rivolgere un ringraziamento veramente speciale e molto personale a Sua Eccellenza Andrzej Suski, Vescovo di Toruń. Ci sono tante ragioni per questa mia profonda gratitudine nei suoi confronti, e ora, trasportato dai sentimenti del mio cuore, desidero esprimere tutto quello che sento con due parole pronunciate nella nostra lingua materna: Bóg zapłać!
Ringrazio anche Sua Eccellenza Jan Tyrawa, Vescovo di Bydgoszcz, e Sua Eccellenza Zbigniew Kiernikowski, Vescovo di Legnica. Monsignor Kiernikowski è una persona che mi è molto cara. Abbiamo studiato insieme a Roma e in anni recenti abbiamo anche  lavorato insieme all’Università Mikołaj Kopernik di Toruń. In questo contesto porgo i miei cordiali saluti e ringraziamenti anche al Reverendo Professore Dariusz Kotecki, Decano della Facoltà di Teologia a Toruń.
Mi rende particolarmente felice la presenza del Reverendo Professore Henryk Witczyk dall’Università  Cattolica Giovanni Paolo II a Lublino. Undici anni fa abbiamo creato insieme l’Associazione dei Biblisti Polacchi e adesso, dopo dieci anni della mia presidenza, è lui il Preside di questo prestigioso gremio.
Sono anche riconoscente per la presenza dei rappresentati dell’Università Cardinale Stefan Wyszyński, con il Rettore e Decano e Professori della Facoltà di Teologia. Mi rallegra molto che sia presente con noi il mio parroco, Monsignor Henryk Bartuszek, parroco della Parrocchia di San Giacomo a Varsavia.
Un sentito grazie a tutti i miei Amici e Amiche, fra di loro in modo speciale al Reverendo Stefan Attard, Professore della Sacra Scrittura a Malta, e al Reverendo Franciszek Longchamps de Berier, Professore in Legge alla Facoltà di Legge all’Università Jagiellonica di Cracovia .
Vorrei concludere con parole tratte dall’insegnamento del Papa-emerito, dette in una delle catechesi su San Paolo e la sua opera: “San Paolo offre un modello per tutti i tempi sul come fare teologia e come predicare. Il teologo, il predicatore non crea nuove visioni del mondo e della vita, ma è al servizio della verità trasmessa, al servizio del fatto reale di Cristo, della Croce, della risurrezione. Il suo compito è aiutarci a comprendere oggi, dietro le antiche parole, la realtà del ‘Dio con noi’, quindi la realtà della vera vita”.
Per finire, non posso far altro che ringraziare tutti di cuore per averci offerto questo veramente bello e indimenticabile avvenimento.