venerdì 13 maggio 2016

Un "pasticciaccio" senza coerenza

Il tabellone della Camera con il risultato della votazione finale della proposta di legge sulle unioni civili  - ANSA


La legge sulle unioni civili approvata dal Parlamento italiano continua a far parlare di sé. Mentre le opposizioni si muovono per organizzare un referendum abrogativo e alcuni sindaci dichiarano la propria obiezione in merito, emergono dubbi di legittimità costituzionale sull’iter che ha portato a questa approvazione. Radio Vaticana ne ha parlato con il giurista Carlo Cardia:   
R. – Se ne è parlato già nel corso dell’elaborazione della legge, anche perché le vicende politiche che hanno influito pesantemente sulla legge - compreso l’ultimo fatto, ossia l’aver voluto stringere tutto con un voto di fiducia - hanno portato ad inserire nella legge logiche diverse. Anche sul principio di uguaglianza ci sono contraddizioni molto singolari, che hanno accresciuto il “pasticciaccio”. Non c’è una linea coerente: certe volte le unioni delle coppie omosessuali sono addirittura privilegiate rispetto a quelle eterosessuali. Le faccio solo un esempio: la questione dell’adozione - un grande buco nero - e perché? È vero che non c’è, ma c’è un substrato di logica giuridica che porta a un fac-simile del matrimonio delle persone dello stesso sesso, che potrebbe portare all’adozione decisa da un magistrato.
D. – Parlando di contenuti, tra gli aspetti più controversi c’è un’eccessiva assimilazione all’istituto della famiglia…
R. – Assolutamente sì, all’istituto del matrimonio che porta poi a quello della famiglia. Non lo si è voluto dire in modo esplicito e diretto, ma sono state messe tante e tali cose per cui la conclusione è questa.
D. – Anche se è stata stralciata, questa legge di fatto apre alla cosiddetta “stepchild adoption”; il presidente Renzi ha chiaramente detto che l’esclusione è stata solo una questione di numeri che mancavano e che si vedrà se si riuscirà a fare entro il 2018…
R. – Questo indica un po’ di malanimo da parte di qualche forza politica. “Non la metto solo perché in questo momento non ho i numeri”: è una motivazione ben grave! Se io sono convinto che è giusto, allora insisto, faccio un compromesso, ecc., ma siccome non ho i numeri, adesso non lo metto e poi si vedrà, sapendo che il silenzio non è sufficiente per la questione dell’adozione; poi basta una sentenza della Cassazione per introdurla. Quello che conta non si è discusso: non lo si è fatto, seriamente, sulla questione dell’adozione. Secondo me è terribile l’ipotesi di un bambino che non sentirà mai il calore del corpo della mamma perché avrà due padri; oltretutto sarà sottratto in un modo anche illegittimo alla madre – perché una madre ci deve essere!  - per me questo è qualcosa che ferisce l’animo, ferisce una civiltà e una tradizione che non è il passato, ma è la cosa più bella che ci viene dalla tradizione: la maternità, che tutte le Carte dei diritti umani tutelano.
D. – Ora c’è attesa sulla promulgazione da parte del presidente della Repubblica…
R. – Se si facesse un esame di stretta costituzionalità i dubbi sono forti. Poi ci sono gli equilibri istituzionali, quindi anche il presidente della Repubblica giustamente valuterà molte cose…
D. – Molti sindaci hanno già aderito alla disobbedienza civile: secondo lei è una via praticabile di opposizione o lo è piuttosto il referendum abrogativo che da più parti è già stato palesato?
R. – Personalmente credo che i referendum portino "sfortuna" ... perché si perdono sempre! Invece c’è un’altra cosa molto delicata: perché - attenzione! - nella legge non è prevista la celebrazione, perché non c’è la parola “matrimonio”. Allora, se ci fosse una celebrazione di matrimonio, penso che l’obiezione di coscienza sarebbe una cosa molto giusta e bella che l’ordinamento dovrebbe prevedere. Qui noi parliamo di registrazione di unioni civili, quindi non è il sindaco, non è il singolo: è l’ufficiale di stato civile che deve registrare. Può sembrare una formalità, ma non lo è: io avrei dei dubbi sull’obiezione di coscienza rispetto alla semplice registrazione di un’unione civile. La differenza è questa: il matrimonio diventa un atto pubblico solenne. In questo caso, invece, si tratta di obbedire a una legge che prevede un rapporto di unione civile in sottordine al matrimonio, non prevede celebrazione né atti pubblici. RV
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L'istinto dei cattolici in difesa dei valori della Costituzione
 La Repubblica 
(Alberto Melloni) Chi conosce l' Italia sa che nell' esito del referendum di ottobre la posizione della chiesa cattolica sarà specifico e decisivo. E con tempismo perfetto - prima delle amministrative, prima della assemblea della Cei - un articolo di "Civiltà Cattolica" in uscita domani la preannuncia con lucidità e senso della misura: ed è un "sì, ma". Un sì che farà storcere il naso a chi dimentica che Dossetti stesso, battendosi da vecchio monaco contro la riforma berlusconiana, parlava di "difesa e sviluppo" della Costituzione. 
Un "ma" che spiacerà a chi considera quella congiunzione il verso dei gufi o una forma di turpiloquio intellettualistico. Frutto certo dell' equilibrio dell' autore, padre Francesco Occhetta, l' articolo della "Civiltà Cattolica" è però espressione della Segreteria di Stato vaticana: che, come sempre, rilegge e corregge le bozze della rivista dei gesuiti, dandole un carattere di semiufficialità intelligente. E tocca un nodo del passato e del futuro. Nel referendum costituzionale infatti, il cattolicesimo si comporta in modo diverso rispetto a ciò che accade nelle elezioni politiche. Nonostante miraggi e leggende demoscopiche, dal 1948 in qua al voto politico le mille voci della chiesa esprimono il Paese e i suoi laceranti integrismi, molto più di quanto non li guidino. Quando si parla della Costituzione, invece il cattolicesimo italiano e le sue mille facce convergono in una specie di "istinto materno": quello che faceva di Arrigo Miglio un eretico e dei grandi giuristi cattolici che si sono succeduti alla Corte Costituzionale una specie di dinastia. Ciò è tanto vero che il disegno politico del cardinale Ruini, per dar coesione ad un centro- destra che aveva già in sé tutte le frammentazioni che l' hanno ora polverizzato, usava i famosi temi etici "non negoziabili": ma sulla costituzione si limitava ad offrire un assordante e assurdo silenzio. Niente più. Il silenzio nel quale s' è consumato lo scempio del Titolo V° e la tentata Riforma Berlusconi, naufragata sul referendum del giugno 2006 perché costituiva una demolizione della Carta contro la quale non un episcopato afono, ma l' istinto cattolico, giocò un ruolo decisivo. La Riforma Boschi non tocca i capisaldi della Costituzione e non ridesta l'"istinto". Però, nel momento in cui Matteo Renzi intesta il referendum ad un governo che ha fatto dei corpi intermedi - che sono un caposaldo - qualcosa da abbattere, che "l' istinto materno" per la Costituzione possa scattare c' è, eccome. E lo dimostra una serie di importanti aggregazioni per il "no" con una componente cattolica rilevante. "Civiltà Cattolica" e tramite essa la Santa Sede, intervengono mostrando i rischi. Usano e quasi suggeriscono uno stile argomentativo ("mai negherà la ragionevalezza della tesi opposta") che ricorda quella di Dossetti ai tempi del referendum istituzionale del 2 giugno 1946: non disconoscere le buone ragioni della monarchia, ma mostrare l' eccedenza relativa di quelle della Repubblica, con la coscienza di aver comunque destino comune. Così padre Occhetta spiega infatti le ragioni della riforma: e quando riconosce in esse un intento di "sviluppo" (la parola chiave del dossettismo anni Novanta non è usata a caso) fa una grande apertura di credito. Ciò non toglie l' elencazione flemmatica dei legami intellettuali delle riforma coi referendum Segni, le pecche del testo, le lacune e le omissioni che rendono la riforma "reformanda". Ma quando suggerisce di entrare nel "merito" (la stessa cosa che aveva fatto mons. Galantino per il referendum di maggio, guarda caso...) apre una porta. Ai vescovi offre di varcarla per trovare un punto di unità. Negli anni scorsi i presuli italiani hanno vissuto il travaglio politico del paese divisi: i meno lucidi sul piano intellettuale e spirituale rimpiangevano Ruini; i più santi e i più scaltri avevano trovato una soluzione - mimare Napolitano - che si era rivelata infallibile. La proposta fatta loro dalle colonne della rivista gesuita nella decisiva partita referendaria è la "imitatio Mattarellae": allinearsi al Capo dello Stato e concedere tutto ciò che lui concede. Al governo offre una soluzione o forse un patto: togliere di mezzo l' idea del plebiscito. "Non si tratta di un voto favorevole o contrario al Governo" dice Occhetta: e chiede di fare dell' appuntamento referendario una "occasione per rifondare intorno alla Costituzione la cultura politica del Paese". Attenzione: non "alla riforma", elevata a spartiacque di una cosmogonia, ma attorno "alla Costituzione". Da qui si deciderà non il "gioco"; le istituzioni non sono come il calcetto, dove anche un brocco può trovare un tiro imparabile. Sono un gioco deciso dalla "qualità dei giocatori" "Su questo versante non è data alcuna garanzia" scrive sul finale la "Civiltà Cattolica". E ha ragione. La delicatezza della situazione internazionale ed europea espone molto un paese piccolo e fragile come il nostro: in passato chi voleva ricondurlo all' ordine tramite il disordine usava uno di questi tre pulsanti: la violenza, la finanza, la magistratura. I pulsanti sono ancora lì, ottobre è lontano.