San Giacomo il Maggiore: quando la conversione passa dai fatti e non dalle sole parole
di Osvaldo Rinaldi
La vita di un uomo è sempre un mistero da scoprire e una storia da ripercorrere per giungere alla conoscenza di qualche aspetto del divino. Se questo è vero per ogni uomo, anche quello che ai nostri occhi può apparire il più insignificante e tenebroso, è sicuramente valido per coloro che sono stati beatificati e canonizzati dalla madre Chiesa. Questo vale in maniera particolare per gli apostoli, uomini scelti da Gesù per rimanere con Lui ed essere inviati laddove il soffio dello Spirito Santo li avrebbe sospinti.
Giacomo il Maggiore, così chiamato per distinguerlo dall’altro apostolo, chiamato Giacomo il Minore (così chiamato perchè viene nominato meno volte nel Vangelo e non certo per definire un grado di gerarchia di importanza), rappresenta una testimonianza vivente di come la chiamata, la sequela e l’elezione di Gesù Cristo possa trasformare la vita di una persona.
Giacomo, era il fratello dell’apostolo Giovanni, era di Betsaida, aveva una impresa di pesca insieme a suo fratello, a suo padre Zebedeo ed era socio di Simone (Lc 5,10). Un giorno la sua vita ebbe un grande cambiamento, quando accolse l’invito del Signore Gesù a lasciare il suo lavoro, la sua barca, le sue reti ed il padre Zebedeo, per intraprendere la missione di apostolo.
Questo è la prima grande testimonianza che ci lascia Giacomo: egli invita ogni uomo a dedicare tutta la sua vita al servizio del Vangelo nella fedele sequela a Gesù. Alcuni sono chiamati a lasciare il proprio lavoro per seguire il Signore, come avviene per coloro che vengono chiamati da Dio all’ordinazione sacerdotale, o per i religiosi e le religiose che abbracciano la vita consacrata. Questa totalità del servizio al Vangelo è valido anche per un padre e una madre di famiglia, per un figlio, per una persana sola, che pur vivendo del proprio lavoro non dimentica e non trascura di essere apostolo della carità, dedicando il proprio tempo libero al servizio della famiglia, al servizio della catechesi, all’aiuto concreto verso i poveri e gli emarginati, e soprattutto a dedicare il proprio tempo all’apostolato dell’ascolto delle persone sole.
Giacomo, insieme a Simon Pietro e a suo fratello Giovanni, lo incontriamo nel Vangelo fra il gruppo ristretto degli apostoli chiamati da Gesù per assistere ali eventi importanti della sua vita: la risurrezione della figlia di Giairo (Lc 8,49-56) e la trasfigurazione sul Monte Tabor (Lc 9,28-36).
Questa intimità con il Signore trasforma la vita, perchè ci rende testimoni di eventi che arricchiscono la fede, accrescono la speranza e donano un senso di pienezza al nostro agire.
Incontriamo nel Vangelo un episodio che attesta la grande conversione avvenuta nel cuore di Giacomo, Lui e suo fratello Giovanni venivano chiamati con il nome diBoanèrghes, cioè figli del tuono (Mc 3,17). Questo appellativo lascia supporre un atteggiamento impulsivo, una condotta non certo umile e mite di cuore. L’espressione pronunziata da Giovanni e Giacomo verso i samaritani che si rifiutarono di accogliere Gesù – “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? (Lc 9,54)” –ricevette un rimprovero dallo stesso Gesù.
Se uniamo questo episodio alla richiesta fatta a Gesù da parte della madre di Giovanni e Giacomo di assegnare ai suoi figli un posto di onore nel suo regno (Mt 20,20-21), questo denota quanto essi siano stati attaccati ai desideri, al potere e alle ricchezze di questo mondo.
Giacomo fu martirizzato con la decapitazione a Gerusalemme verso l’anno 43-44 per ordine di Erode Agrippa. Ma cosa ha cambiato la vita di Giacomo a tal punto da essere stato il primo martire tra gli apostoli?
Tanti sono stati gli eventi esteriori che denotano un cambiamento di vita interiore. Salomè, la madre di Giacomo e Giovanni, abbandonati i sogni di gloria terrena, la troviamo tra le pie donne rimaste fedeli a Gesù ai piedi della croce sul Calvario, nutrendo la speranza del regno di Dio e non di questo mondo.
Giacomo, che invocava la discesa del fuoco dal cielo, lo vediamo accettare quel martirio, frutto di un fuoco interiore che era sceso nel suo spirito, non per distruggere, ma per testimoniare quell’amore che aveva acceso il suo cuore rendendolo mite, umile e arrendevole.
Il sacrificio di Gesù sulla croce, la discesa dello Spirito Santo nel cenacolo, il fuoco della Pentecoste sono stati gli eventi che hanno contribuito a cambiare la sua vita.
Le vacanze estive vengono spesso concepite come un tempo di assenza di lavoro, assenza di problemi, assenza di pensieri, assenza di preoccupazioni. Meditare gli eventi pasquali della vita di Gesù, il suo sacrificio salvifico e la sua risurrezione, hanno la forza di ridare speranza e valore a tutti gli eventi della nostra vita familiare, lavorativa ed ecclesiale.
Essere destinatari dell’amore di Gesù non è un privilegio per pochi ma è una grazia per molti. Il problema è spesso quello di saper riconoscere di essere stati raggiunti da quella carità che passa giornalmente dai piccoli gesti ricevuti, dalle sorprese quotidiane della vita e dal vedere come il nostro agire viene sempre accompagnato dall’opera dello Spirito Santo. Non si tratta di essere mistici ma di coltivare quell’umiltà che riconosce come Dio apra i cammini della vita, isprira e porta a compimento quelle opere che, malgrado i nostri limiti, la nostra pigrizia e la nostra incapacità ad amare, ci rendono testimoni del Vangelo, a condizione di riconoscerci piccoli e bisognosi di aiuto.
Zenit