di Leone Grotti
È dal primo attentato dell’Isis in Francia contro la redazione di Charlie Hebdo e il supermercato ebraico Hyper Cacher, compiuto non da stranieri ma da francesi nati e cresciuti all’ombra della Tour Eiffel, che il paese si interroga su come mai ci siano così tanti francesi che odiano il proprio paese.
LAICISMO. Chiunque abbia parlato di un problema interno all’islam è stato messo a tacere e accusato di islamofobia. Chiunque abbia parlato di una perdita di identità della Francia, sostituita da un vuoto laicismo e da un feroce nichilismo, è stato denunciato e deriso come estremista nostalgico delle crociate. Uno dei commenti più lucidi sul male che affligge l’Europa è arrivato proprio da una musulmana, Hind Fraihi, che prima di tutti denunciò l’islam radicale che serpeggiava nel quartiere di Bruxelles Molenbeek.
«EUROPA NON SA COSA OFFRIRE». A Tempi dichiarò all’indomani degli attentati nella capitale belga: «L’Europa dovrebbe offrire a questi giovani [che diventano terroristi] un’alternativa. Il problema è che non ce l’ha. Non ha più un’ideologia dominante, non ha più un’identità precisa: c’è solo l’individualismo, ma questo separa le persone, non le unisce. L’Europa deve cambiare. Finché ci saranno solo materialismo, capitalismo e individualismo difficilmente la situazione migliorerà. Così, infatti, non si aiutano i giovani, li si divide, al massimo si creano tra di loro connessioni economiche, ma nessun rapporto umano».
MESSO IN CROCE. Ancora oggi, all’indomani dell’ennesimo attentato, nel quale un sacerdote è stato sgozzato in Normandia di fianco all’altare in chiesa mentre diceva la messa, è vietato denunciare questo grande male della Francia. Ci ha provato, con un’omelia coraggiosa pronunciata durante la funzione in suffragio di padre Jacques Hamel, il cardinale arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois. Ed è stato per questo messo in croce e insultato.
L’OMELIA. Mercoledì il cardinale ha detto dal pulpito: «La crisi che attraversa oggi la nostra società ci spinge in modo inesorabile a riconsiderare quali sono per noi i beni più preziosi. Si invocano spesso i valori, come una sorta di talismano, per i quali dovremmo resistere costi quel che costi. Ma siamo meno prolissi sul loro contenuto, e questo è il problema. (…) Per quali valori siamo pronti a vendere tutto ciò che possediamo per acquistarli e proteggerli? Forse che, finalmente, i nostri aggressori ci hanno resi attenti a identificare l’oggetto della nostra resistenza?».
«LEGALIZZAZIONE DELLE DEVIANZE». Mai, continua il cardinale, «abbiamo conosciuto più prosperità, comodità di vita e sicurezza come oggi in Francia. Tanti beni prodotti e condivisi, per quanto in modo ineguale, non ci impediscono di essere avvinghiati dall’angoscia. È perché abbiamo così tanto da perdere che abbiamo così paura?». A questo punto, monsignor Vingt-Trois, denuncia il vuoto, il «silenzio» nel quale si inserisce la minaccia jihadista che paralizza il paese: «Silenzio dei genitori davanti ai loro figli e fallimento della trasmissione di valori comuni. Silenzio delle élite davanti alle devianze dei costumi e legalizzazione di queste devianze. Silenzio del voto attraverso l’astensione. Silenzio al lavoro, silenzio a casa, silenzio in città. A quale scopo parlare? Le tante paure costruiscono la paura collettiva e la paura ci blocca. La paura ci spinge a nascondere e a nasconderci. (…) Dove troveremo la forza di affrontare questi pericoli? Per noi che crediamo in Gesù Cristo, la speranza è confidare nella sua parola».
«OMOFOBO E VIOLENTO». Il riferimento alle «devianze dei costumi» e alla «legalizzazione delle devianze» non è passato inosservato. Esther Benbassa, senatrice dei Verdi, ha subito accusato il cardinale di aver pronunciato «frasi indegne». Corinne Narassiguin, portavoce del partito socialista, si è detta «indignata» dal modo in cui il prelato ha «denunciato il matrimonio gay in un’omelia sulla speranza davanti al terrorismo». L’ex ministro di centrodestra Roselyne Bachelot ha infine denunciato la «violenza inaudita» delle parole del monsignore promettendo di «continuare la battaglia contro tutte le discriminazioni».
COME VOLEVASI DIMOSTRARE. L’entourage di Vingt-Trois ha fatto notare che il cardinale non si riferiva tanto al matrimonio gay in particolare, quanto a «una serie di misure relative alla bioetica, all’inizio e alla fine della vita, alla famiglia». In particolare i socialisti guidati dal presidente François Hollande, in pochi anni, hanno legalizzato il matrimonio e l’adozione gay, la fecondazione eterologa per coppie di lesbiche, l’utero in affitto (chiedendo ai giudici di non condannare chi lo pratica all’estero), la sedazione terminale (versione neanche tanto light dell’eutanasia), hanno aperto le stanze del buco dove drogarsi in modo legale, hanno reso l’aborto un diritto universale (nel 2015 sono state 218.100 le interruzioni di gravidanza) e hanno reso obbligatorio l’insegnamento della teoria gender in tutte le scuole. L’arcivescovo di Parigi ha denunciato questa offensiva laicista ed è stato additato come «violento» e «omofobo». Vincent Neymon, portavoce della Conferenza episcopale francese, ha commentato l’accaduto con le parole giuste: «Vingt-Trois ha avuto il coraggio di affermare ciò in cui crede. Questa polemica è la perfetta illustrazione di ciò che ha voluto dire il cardinale»
Tempi