GMG: non si va a Cracovia a caccia di emozioni, ma per un grande momento di evangelizzazione
Molti gruppi italiani sono già partiti o stanno partendo alla volta di Cracovia, in Polonia, dove dal 27 al 31 luglio si svolgerà la Giornata Mondiale della Gioventù, alla presenza di papa Francesco. In questi giorni preparatori, incontri si svolgono in diverse diocesi polacche che si “gemellano” con altrettante diocesi italiane. Abbiamo chiesto a uno dei vescovi italiani che saranno presenti a Cracovia di introdurci a queste giornate.
In partenza per la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di Cracovia ho una serie di sentimenti che vorrei ordinare per poter essere un attore attivo per i giovani, almeno per quelli con cui verrò a contatto attraverso le catechesi.
Per l’esperienza che ho fatto io – oltre che a Roma, sono stato negli Stati Uniti, nelle Filippine, a Parigi, e l’ultima a cui ho partecipato è stata quella di Colonia – la GMG è sempre stata una grande occasione di dialogo: tra un’autorevolezza indiscussa, come è quella del Santo Padre, e i giovani. E posso dire che fra alti e bassi – negli ultimi anni si avvertiva un certo logoramento dell’immagine – è sempre stato e possa ancora essere un fatto estremamente positivo. A una condizione: che sia un dialogo reale in cui ciascuno di coloro che sono lì presenti si gioca per la integralità della propria posizione e cercando di arrivare al cuore del proprio interlocutore.
Da questo punto di vista la parola più importante è cultura. Che sia un incontro al livello della cultura, cioè del senso della vita, del desiderio della vita, del desiderio di un significato permanente, stabile, di un orizzonte di prospettiva significativo.
I giovani vivono quella età straordinaria in cui è possibile desiderare la totalità della vita. La vecchiaia comincia quando invece della totalità della vita si accettano dei particolari che poi di norma sono esaltati indebitamente. Io credo ci sia una grande attesa. C’è attesa di comunicare cultura, e qui penso alla imponente presenza dei vescovi italiani, più di un centinaio; e poi c’è un desiderio molto reale che attraversa i giovani, e questo l’ho visto incontrando quelli con cui vivrò questa esperienza.
Proprio per questo bisogna essere molto chiari. C’è un modo quasi inconsapevole di abbassare il tono, di “abbassare la guardia” si potrebbe dire in termine sportivo. Noi non dobbiamo pensare che l’evento riesca perché ci saranno tanti momenti di grande emozione. Non è difficile provocare l’emozione nei giovani, ma non ha consistenza, non ha durata. Perché l’emozione è l’esaltazione di un particolare, soggettivo o oggettivo non importa, della propria condizione di vita, della situazione in cui ci si trova. Ma l’emozione non guida a un cammino di giudizio sulla vita; l’emozione dà una percezione di pienezza, di novità a cui però non corrisponde poi una esperienza reale.
Dovremo essere tutti attenti - soprattutto gli adulti e innanzitutto i vescovi - a tenere il bandolo del dialogo in alto, in modo positivo, propositivo, senza riduzioni della proposta a ciò che è già confezionato o precostituito dalla mentalità comune. Sarà dunque una grande sfida, una bella sfida aperta in cui ciascuno dovrà fare la sua parte.
I giovani sono intrisi della mentalità dominante: permissiva, edonista, soggettivistica, minacciati dal nichilismo o dallo scetticismo, come spesso ricordava papa Benedetto XVI. Una cultura di questo tipo, o una in-cultura di questo tipo, o – come spesso giustamente afferma papa Francesco – questo pensiero unico dominante, non si vince cambiando i particolari. Non sono particolari impegni di carattere moralistico, di carattere pietistico, particolari impegni a modificare i propri sentimenti immediati, che possono trovare la strada del cuore del giovane. La strada del cuore del giovane può essere percorsa soltanto dalla certezza di avere incontrato il senso ultimo della vita o dal desiderio di incontrarlo.
Per questo io non faccio fatica a dire che mi aspetto un grande momento di evangelizzazione. Mi sembra che dobbiamo uscire dal circuito di tanti facili trionfalismi. Saranno tanti i giovani ma rendiamoci conto di cosa sta dietro i numeri. La mia diocesi, con 350mila persone, manda a Cracovia 120 giovani e dopo un lavoro intenso con i giovani. Vuol dire che raggiungiamo normalmente una piccola minoranza. La GMG sarà una raccolta – per quanto impressionante – di tante piccole minoranze, che tornate nei loro ambienti dovranno svolgere la loro missione. Quella di Cracovia sarà una festa se introdurrà alla missione, sarà soltanto un’emozione se poi scomparirà con l’inesorabile passare del tempo.
*Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa